Inserita in Cronaca il 23/12/2018
da Direttore
Lettere a Tito n. 232.
Caro Tito, non so lì da te, a Messina, se la tua città appare sottotono in prossimità del Natale, con molto meno luminarie ed addobbi (per le vie, davanti alle case, dentro e fuori le vetrine, ecc.) rispetto agli anni precedenti. Qui da me, in Alto Molise (e in particolare ad Agnone che ne è capoluogo comprensoriale), la diminuzione è stata almeno del 50%. Forse stiamo riscoprendo, piano piano, un Natale più sobrio e più autentico! Pensa che una delle strade più lunghe del centro storico, Via Cavour, sembra essere al buio, abituati come eravamo a vederla riccamente addobbata ed illuminata (come nessun’altra), a cura di un apposito e sempre attivo Comitato di quartiere!
IL PRIMO NATALE DI LEONARDO Pur se in giro sembra essere o effettivamente è sottotono, in casa tua il Natale 2018 è sicuramente uno dei più belli tra quelli che hai fin qui vissuto nei tuoi 60 e passa anni: lo scorso luglio ti è giunto Leonardo, il primo nipotino che già dalla santa Vigilia del 24 dicembre ti rappresenterà il “Gesù Bambino” vivente! E tu, nonno esuberante di felicità, avrai un Natale ricco di una molteplicità di emozioni intense e vere, assieme a tutta la tua famiglia! SaperVi tutti così tanto gioiosi, in queste Festività, illumina maggiormente pure il nostro di Natale!
IL NATALE DEL POETA DOMENICO BARBARO Caro Tito, tu già sai di Domenico Barbaro, per avertene scritto parecchie volte. Diciamo, per chi non lo sa ancora, che il dottore Barbaro (Mimmo per familiari ed amici) è nativo di Platì (RC), ma per motivi di studio si è dovuto staccare presto dalle amatissime montagne dell’Aspromonte. Personalmente lo conosco, compagno di classe al Liceo Classico di Locri, fin dal gennaio 1969 (ormai quasi 50 anni), passando poi per l’Università di Roma (abitavamo sulla medesima Via dei Campani, a San Lorenzo, da studenti), per giungere, quindi, ad abitare a 40 km di distanza nella stessa provincia, in Isernia (lui) e in Agnone (io) e sposati con ragazze di due paesi vicinissimi (appena appena 3 km). Che coincidenze ha, a volte, la vita!
Nel 1999 abbiamo fondato insieme l’associazione culturale “Amici della Calabria in Molise” di cui Mimmo mantiene il ruolo di Vice-Presidente. Ha pubblicato tre libri, derivati dalla sua esperienza di Direttore del Servizio Tossicodipendenze (SERT Isernia-Venafro) e di Psichiatra-Psicoterapeuta. Attivissimo nel sociale, è stato Presidente dell’Associazione Volontari Ospedalieri (AVO), di cui resta Vice-Presidente. In tale veste è stato per molti anni tra i più impegnati animatori della bella e interessante rivista trimestrale “Umanizziamo…ci!” che (coordinata dalla dottoressa Rita Viscovo, responsabile URP – Azienda Sanitaria di Isernia) è stata distribuita gratuitamente, nei 19 anni di pubblicazione, in tutti gli ambienti delle strutture socio-sanitarie del Molise.
UMANIZZIAMO…CI Purtroppo l’attuale lunga crisi economica (dell’ASREM e di alcuni sponsors) ha imposto la chiusura del trimestrale, il cui successo aveva superato persino i confini regionali. Dal 2010, “Umanizziamo…ci” (ogni anno, nel numero di dicembre) ha sempre evidenziato nella quarta pagina di copertina, una poesia natalizia scritta appositamente da Domenico Barbaro, che si era così fatto autentici fans. Infatti, queste sue poesie erano così gradite che le ho viste alle pareti di parecchi uffici amministrativi e sanitari (attaccate agli armadietti o alle pareti con un semplice nastro adesivo oppure bene incorniciate in appositi quadretti). Finora erano state pubblicate 8 poesie.
Giorni fa, l’amico Mimmo mi ha inviato la sua nona poesia natalizia che rischiava di rimanere nel cassetto oppure limitatamente partecipata a familiari ed amici. Allora gli ho proposto di affidarle al gradimento dei nostri lettori, proprio adesso, nell’imminenza del Natale 2018. Ecco cosa mi ha risposto, via mail.
“”Caro Mimmo aderisco alla tua richiesta anche se come tu sai per mio carattere sono piuttosto incline alla riservatezza. Ma mi rendo conto che partecipare agli altri le proprie emozioni positive può anche rappresentare un atto di amore sociale. Volevo spiegarti che quando si avvicina il Natale non mi impongo di scrivere necessariamente una poesia, anzi a volte penso che talvolta potrebbe saltare l’anno. Semplicemente cerco di raccogliermi in solitudine e mi sembra di mettermi in ascolto di una voce che sento venire da dentro. E’ una cosa che non ti so spiegare. Come se non fossi io a scriverle. La cosa risale al 2010. Forse tra qualche anno potrò raccogliere queste poesie natalizie in un piccolo libro. Sempre se proseguirà ad assistermi l’ispirazione misteriosa che mi ha accompagnato fino ad ora. Un abbraccio, Mimmo Barbaro””.
LE 9 POESIE IN ESCLUSIVA PER NOI Caro Tito, in attesa che il poeta Domenico Barbaro voglia pubblicare (in cartaceo e/o in e-book) queste sue poesie natalizie (assieme alle altre che si aggiungeranno in futuro), e così diffonderle a più vasto raggio, noi ci godiamo le 9 disponibili che riporto qui di séguito.
Mi viene in mente che nel contesto della “Lettera n. 163 del 21 dicembre 2016 – Buon Natale a tutti ricordando Aleppo” abbiamo pubblicato su www.costajonicaweb.it la poesia del Natale 2016 (appena due anni fa) dedicata dal dottore Barbaro al massacro di quasi mezzo milione di abitanti (specialmente di bambini) della antica ed evocativa città di Aleppo, in Siria, semidistrutta da una guerra che dura da oltre 6 anni senza ancora poter intravedere la fine di tale atroce e buio tunnel! Questa poesia del Natale 2016 è stata poi ripresa da numerosi siti web italiani, destando grande emozione.
1 – NATALE 2010 Natale. E’ il momento degli auguri. Ma è anche il momento in cui sembra generarsi automaticamente negli animi di tutti una particolare atmosfera.
E’ come se ci si ritrovasse più vicini, più disponibili, più carichi di emozioni. Non vorrei che la frenesia degli impegni, l’ansia dello shopping, la distrazione per le cose futili, diradasse questa sensazione indefinita e dolce.
Laico o spirituale che sia, il Natale ha l’irriducibile capacità di ispirare speranza e solidarietà, di spingere a guardare a chi ha freddo, non quello meteorologico, ma a quello intimo degli affetti.
Ogni anno siamo qui a dirci che vorremmo un Natale di pace, di giustizia, di equità, di serenità.
Ogni anno che passa questi desideri sembrano accrescersi non si sa se perché cresce la nostra povertà o si dilatano le nostre aspettative. Ma il Natale è soprattutto speranza.
Noi vogliamo sostenerla questa speranza. Per questo ci scambiamo gli auguri con un semplice “Buon Natale” Questo piccolo, abusatissimo aggettivo “buono” evoca bontà e attenzione proprio verso chi ha freddo, il freddo della malattia, il freddo della povertà, il freddo dell’umiliazione e dell’emarginazione, il freddo della sopraffazione.
Accendiamo il fuoco delle nostre emozioni e riscaldiamoci. E’ Natale!
2 – Natale 2011
Tra il candido bagliore della neve che ha colorato di nuova luce ogni cosa con il suo lento, incerto dondolio ho visto spuntare inaspettato un tenero sentimento di fratellanza, d’amore come una primula irrorata dalla provvida rugiada del mattino
D’incanto si è rivestito di speranza il cielo e le stelle finora silenziose mi hanno parlato di un Bambino povero nato nella terra dei pastori, umili, cari pastori, su cui soffiava il vento di un tempo nuovo guidandoli alla grotta di Betlemme mentre il vecchio mondo disfatto da guerre, da fame, da ingiustizie continuava ostinato a sognare la pace
Nell’ineffabile respiro dell’eternità avvolto dal suggestivo silenzio della notte santa questo sogno mi è sembrato diventare finalmente realtà.
3 – NATALE 2012 Sulla strada per Betlemme ho visto sangue di bambini rutilante come la coscienza sporca del mondo spandersi in un’orrenda trama e mescolarsi al sangue antico della strage degli innocenti – crudele ricorso storico – e ho sognato la grotta vuota, irraggiungibile, di un Bambino che non voleva più nascere.
Il cielo era rimasto senza stelle I pastori avvolti nel denso fumo dei razzi impazziti avevano smarrito la loro strada Il suono delle sirene aveva coperto il canto degli Angeli E il silenzio sinistro della notte non parlava più della pace nel mondo. Si udiva soltanto il pianto delle mamme Che si levava al cielo Inseguendo il volo delle loro creature
Nel mio presepe continuano ancora a brillare le stelle la pace si diffonde sulle strade della mia Betlemme innevate da polvere bianca I Magi sono sempre in marcia Gli Angeli corteggiano un Bambino che nasce come ogni anno con l’ostinazione di sempre risvegliando con forza la speranza che fa ripetere anche oggi al mondo:
E’ Natale
4 – Natale 2013 Fa più freddo stasera sul marciapiede che costeggia la stazione. Gli ultimi frettolosi passanti lasciano le loro labili orme. Sul velo di brina che ha assunto d’un tratto il biancore del gelo notturno. E piano tutto intorno sembra spegnersi la città con le sue inutili, odiose luminarie.
Antonio è là, il corpo lurido disteso su un cartone riscaldato dal provvido tepore del sotterraneo. Lui quei passi sconosciuti li può misurare da vicino con gli occhi e sente che impietosi lo calpestano nell’anima. Ha lo sguardo perso nel vuoto Antonio, e la stanchezza sul volto, ferito mortalmente dalla fame e dalla solitudine.
Non sarà la notte di sempre Sarà una notte più lunga questa, più dolorosa delle altre, più amara, più intensa, avvolta nel suo silenzio irreale.
Natale è la casa dove lucciole intermittenti brillano su un finto abete Natale è la chiesa dove senti il canto degli angeli. Non è Natale alla mensa dei poveri né sul freddo grigiore del marciapiede Non è Natale sulla strada deserta dove la vita si misura con il gelido rito dell’indifferenza.
Antonio scopre nella sua notte più fonda accanto a sé un Bambino che nasce adagiato come lui sulla terra. Ne avverte il vagito, il calore, il corpo spoglio come il suo, la fragile, indifesa umanità, come la sua, E sente così di non essere più solo, di non essere più calpestato. Ora anche il volto della morte sembra cambiato E non ha più paura.
Poi vinto chiude per sempre gli occhi Nell’improvviso stupore di questo suo ultimo Natale.
5 – Natale 2014 Questo non è il presepe di sempre, la neve non scende più, copiosa, a colorare la terra di immenso, e il silenzio della notte resta solo a svelare il pianto di un uomo che cerca l’amore perduto.
L’ansia dei poveri ha assunto il volto della resa. L’acqua pura di un tempo ora è inferno fangoso che dilaga sulle strade a travolgere l’umanità in fuga.
Questo non è il presepe di sempre. I pastori non contano passi di gioia. L’insidia delle onde ha negato un tetto agli esuli. Nel nome della jihad anche i bambini muoiono ostaggi immolati alla violenza. Smarriti nel deserto dei sentimenti gli uomini ad inseguire le ombre del male.
Questo non è il presepe di sempre, a capanna scomposta, la mangiatoia senza fieno. Langue la cometa che dal suo bagliore spandeva la pace. Muti gli angeli e senza respiro.
Ma questo Dio che vuole nascere ancora nel disperato rifugio dell’uomo nella sua nuda e rabbiosa storia è qui. Nella fitta oscurità divenuta mistero riappare il prodigio dell’improvviso palpitare di un Bambino che l’uomo sbalzato dalla sua lunga notte riscattato dal suo irriducibile sogno riprende a chiamare il Salvatore.
Così questa terra ferita potrà finalmente apparirmi il presepe di sempre.
6 – Natale 2015 Il cuore mi richiama a un Natale senza voce. Non voglio più ascoltare l’ipocrita “Buon Natale” del mondo, ma un frastuono rovinoso sì, che scuota la coscienza di questo insolito presepe dove aleggiano angoscia e terrore. Voglio che nessuno soffochi il canto libero della generazione Bataclan, che nessuno frantumi i sogni dei perseguitati alla insidiosa ricerca di una terra promessa, che nessuno spezzi le ali di chi anela volare, così come abbiamo spezzato, sulla spiaggia di Bodrum, le ali di Aylan Kurdi. Voglio che la cometa dei Magi rischiari gli insanguinati percorsi dell’uomo, e che magicamente spenga le sue paure, le sue rischiose avventure, la sua presuntuosa emulazione. Lasciatemi accogliere questa notte, in solitudine, da un lontano Natale l’amorevole sussurro di mia madre: “Il silenzio è preghiera”.
7 – Natale 2016 L’Angelo del Signore avvisò Giuseppe e Lui mise in salvo il suo Bambino, primo migrante in terra d’Egitto. L’Angelo del Signore non fece in tempo ad Aleppo ad avvisare i padri, erano tanti, impauriti e stanchi, così i loro figli rimasero schiacciati dalla violenza bieca del mondo. Quelli che l’Angelo del Signore avvisò fecero per portare in salvo i loro bambini ma la furia, questa volta del mare, li ingoiò per sempre.
L’Angelo del Signore sembrò non provare dolore perché il suo volo proseguì imperterrito oltre, verso altri bambini che chiedevano pane, e non c’era per loro né conforto né manna che potesse sottrarli alla morte.
L’Angelo del Signore perse allora anche la voglia di volare. Poi si fermò ad ascoltare il lamento di una madre che cercava inutilmente suo figlio tra i resti impietosi del suo povero rifugio distrutto dalla furia della natura. Distillava dal cuore rabbia e sgomento e si chiedeva allibita: – Dov’è Dio? – Dov’è Dio?
All’Angelo del Signore mancò questa volta il coraggio di dare al mondo un nuovo annuncio di pace. Mentre accarezzava teneramente quel viso materno la sua mente andava ad un’altra madre di nome Maria con il suo figlio straziato in grembo, e in un sussulto improvviso decise di annunciare a quella madre senza più speranza:
“Oggi Betlemme è qui.”
8 – Natale 2017 Mi sommerge il cuore la voglia di inseguire la cometa di Betlemme per giungere nel punto dove grazia e mistero si congiungono, e la storia dell’uomo diventa anche la storia di Dio.
Voglio ritrovarmi dove dolore e speranza si confondono e il vento impetuoso del male indulge a una brezza notturna che soffia pace nella coscienza dei poveri.
Potrò allora spogliarmi di tutto e battere la nuova via in solitudine nell’incanto di un’altra luce. Mi ha consumato fin qua la fatica di un tempo oscuro e violento. Non voglio più abitare questo mondo distratto, questo smemorato presepe di comete esauste che vagano tra strade tortuose e insensate dove nessuno, proprio nessun bambino sembra essere nato, molti invece ne sono morti per mano dell’uomo.
Ma questa è una notte di stelle, notte di antichi ricordi di albe lontane svelate da un canto religioso, di strade di paese investite dal suono sacro della zampogna. Sento ora elevarsi le timide preghiere delle voci che non hanno voce perché l’uomo riscopra sul suo cammino la cometa di oriente, oltre la densa coltre di un angusto e disperato orizzonte.
9 – Natale 2018 Il mondo costruisce presepi sui laici sentieri di un consumismo divagato e inquieto. Io costruirò il mio presepe tra le macerie di un ponte crollato dove pure speranza e vita sono crollate e schiere di angeli in fuga non potranno più annunciare la buona novella.
Impigliata tra ferrami e cemento si è fermata per sempre la vita di Emanuele e nessuno ha potuto ascoltare il gemito dei suoi otto anni. Là potrò io ascoltare il profondo silenzio che mi racconta l’ineffabile mistero della vita e della morte e il lamento straziato di un uomo: “O Dio! O Dio!…” Come vorrei che questo stesso silenzio esplodesse rovinosamente nel cuore di questa umanità insana, senza pace.
Troppi sono i ponti crollati sulle nostre incomprensibili storie rendendoci eterni sfollati senza più un sicuro rifugio. Pesano sulle nostre teste quei ruderi tanto da non vedere alcuna luce, tanto da non udire alcun annuncio. Appare perfino provocatorio quel nome che si specchia nella polvere, Emanuele, che vorrebbe confermare “Dio è con noi”. Ma la grotta di Betlemme è troppo lontana da qui e la voce di Dio sembra essersi spenta dietro quel sinistro fragore.
Eppure anche questo Natale riuscirà ad accendere una luce di speranza. Mi parla di un Bambino povero e indifeso, diventato il ponte inossidabile, eterno, che Dio in una notte senza stelle ha costruito per raggiungere l’uomo assopito nel suo solitario e angosciato cammino e rapirlo d’un tratto nel suo avvincente bagliore.
LE POESIE NATALIZIE DI SERGIO LABANCA Caro Tito, è assai frequente che i medici siano poeti, per indole propria ma anche per il lavoro-missione che fanno per tanti decenni (sempre vicini alla sofferenza, alla nascita e alla conclusione della vita, alla gioia e al dolore delle persone, delle famiglie, delle comunità). Domenico Barbaro è medico come lo era Sergio Emanuele Labanca (1925-1996) padre di Ada, scrittrice, di Federico, medico di base e odontoiatra come il nonno omonimo, di Vittorio, giornalista). Oltre a scrivere testi teatrali di successo, “don Sergio” si dilettava a scrivere una poesia per ogni Natale che recitava lui stesso durante la prima “Pastorale (“Pasturella” o Piccolo Natale per gli ultimi pastori, artigiani e contadini in transumanza o in partenza verso le Puglie). La Pastorale è un piccolo e soave concerto d’atmosfera natalizia che ha ancora luogo da secoli nella chiesa di San Pietro o di San Marco alle ore 6 di mattina ogni 21 novembre. Puoi ascoltarlo a questo indirizzo web: https://www.youtube.com/watch?v=Vq_45goEwn0 (un video sonoro di poco più di 4 minuti immesso in rete dall’amico Gaetano Amicarelli).
L’ALBERO DI NATALE ALL’UNCINETTO CONTRO LO SPOPOLAMENTO Così informa una nota dell’ANSA (l’agenzia-stampa più importante d’Italia) lanciata lunedì 10 dicembre 2018 alle ore 13,18 – CAMPOBASSO, 10 DIC. – “”Unico nel suo genere l’albero di Natale inaugurato nella piazza centrale di Trivento (Campobasso), centro molisano al confine con l’Abruzzo.
L’albero, alto sei metri e con un diametro di quasi tre metri e mezzo, è stato realizzato con 1.300 ‘granny square’, piccole mattonelle di lana fatte all’uncinetto. Appena inaugurato, l’albero ha subito riscosso enorme successo, diventando protagonista di foto e selfie, e ha destato curiosità soprattutto sul web dove le immagini hanno ricevuto migliaia di like e condivisioni. L’iniziativa è stata realizzata da un gruppo di donne del paese, guidato da Lucia Santorelli, che la scorsa estate aveva fatto diventare Trivento una sorta di ‘capitale’ dell’uncinetto. Ad agosto era stato infatti realizzato un tappeto da record, lungo 640 metri, esposto lungo le vie del centro storico e poi venduto ai visitatori per un’iniziativa di beneficenza. L’albero all’uncinetto si potrà ammirare per tutto il periodo delle feste, fino al 6 gennaio””.
Agnone fa parte della Diocesi di Trivento, dalla cui città dista 36 km d’automobile e quasi certamente, prima dell’Epifania, cercherò di fare un salto per ammirare tale capolavoro creato dai tanti volenterosi artisti dell’uncinetto. Evidenziando alcune foto, faccio cenno a questa iniziativa, lodevole e magnifica (pure per i risvolti e i significati sociali che continua ad avere), poiché (a detta degli organizzatori) tenta di porre all’attenzione delle Istituzioni e dell’opinione pubblica i sempre più gravi problemi dello spopolamento dei borghi appenninici, cui non è esente nemmeno la bella cittadina medievale di Trivento, sede vescovile da ben 17 secoli ma adesso a rischio chiusura. Come vedi, caro Tito, il Natale 2018 è pure questo.
IL NATALE DI CHI SOFFRE Purtroppo, ogni Natale diventa una litania per evidenziare chi soffre, pensando ad un mondo che in larga parte è ridotto proprio male, a causa dell’egoismo di pochissimi predatori internazionale mai sazi. E che dire, poi, anche del nostro pianeta?… La recentissima Conferenza mondiale sul clima di Katowice, in Polonia (Cop 24 dal 03 al 16 dicembre 2018) non ha dato, purtroppo, indicazioni incoraggianti sulla salvezza del nostro habitat globale. E il tempo stringe!
IL NATALE DI CHI AIUTA Meno male che c’è chi aiuta coloro che soffrono in una infinità di modi e in ogni angolo della Terra. Però, per gran parte dei poveri e dei sofferenti non c’è aiuto o conforto. Per costoro sono in “lutto” fin da quando avevo 18 anni. Nel mio piccolissimo, ho sempre fatto la mia parte e, a volte, oltre le mie concrete possibilità. E ho cercato di proporre iniziative che purtroppo non hanno attecchito. Una di queste (lanciata il 20 dicembre 1997) era la “Urgenza di una Banca Umanitaria” che raccogliesse e coordinasse aiuti di volontariato personalizzato e di risorse socio-economiche, in una rete operativa, specialmente per chi sta più male.
IL MIO ALBERO E’ LISTATO A LUTTO DAL 1968 Il mio albero di Natale continua, dal 1968, ad essere listato a lutto. Ed anche il mio presepe. Non potrò mai gioire finché ci sarà gran parte dell’Umanità in sofferenze assai gravi ma evitabilissime. E’ come se metà della nostra famiglia stesse male! Non si può gioire, senza una guarigione collettiva! Gli “uomini di buona volontà” scarseggiano, mentre i predatori aumentano.
IL NATALE DI PADRE ZANOTELLI Il noto sacerdote padre Alex Zanotelli è nato il 26 agosto 1938 nel piccolo comune di Livo (in provincia di Trento) e fa parte dell’Ordine missionario dei Comboniani di Verona. Dopo decenni e decenni di attività missionaria e di lotte per la pace e la giustizia sociale in varie parti del mondo, specialmente in Africa, dal 2002 opera stabilmente nel difficile Rione Sanità, nel cuore storico di Napoli, dove continua la sua battaglia sempre dalla parte dei poveri e dei discriminati.
““L’Europa ha perso la coscienza, la memoria, l’umanità. Ci preoccupiamo di difendere i nostri “valori cristiani” di fronte ad altre religioni, ma quei valori li stiamo tradendo da soli””. Lo scrive padre Alex Zanotelli nel suo recente libro dall’emblematico ed eloquente titolo “PRIMA CHE GRIDINO LE PIETRE” (editrice Chiarelettere – Milano, 2018) che si propone come un “Manifesto contro il nuovo razzismo”. In questo libro c’è pure un riferimento a Riace (RC), da 20 anni paese dell’accoglienza dei migranti per merito di Mimmo Lucano.
PLACARE IL GRANDE DOLORE DEL MONDO L’Umanità è tutta un grande grido di dolore! E rischiamo di sentire gridare persino le pietre (come ci avvisa padre Zanotelli). Tutti gli altri “esseri viventi” sono un immenso grido di dolore!… Tutti, chi più chi meno, soffriamo (magari per motivi diversi e più o meno gravi, ma soffriamo). Converrebbe, quindi, a tutti essere uniti nel combattere il dolore! Infatti, pure i ricchi (benché meglio cautelati) soffrono di malattie (più o meno gravi) che uccidono principalmente i poveri. Pure i ricchi (nonostante tutti gli accorgimenti) respirano l’aria inquinata delle metropoli e delle città. Pure i ricchi (nonostante possano permettersi cibi più costosi e più sicuri) mangiano pasti e bevande inquinate.
I ricchi non vivono in un altro pianeta. Conviene pure a loro avere un mondo veramente più pulito ed una vita sociale più sicura e tranquilla. I ricchi, tra tanto altro, potrebbero stupire il Mondo e la Storia nel contribuire in modo determinante e più immediato ad azzerare le povertà di ogni tipo, anche quelle interiori che colpiscono pure loro e i loro familiari. Insomma, PLACARE IL GRANDE DOLORE DEL MONDO potrebbe essere una preoccupazione ed obbiettivo comune, di tutti, indistintamente di tutti, per stare meglio al mondo.
SALUTISSIMI E AUGURI Caro Tito, non mi resta che augurare a te, alla tua famiglia, ai nostri lettori e al Mondo tutto un “gran BEN” … un Buon Etico Natale! …. Un Natale il più possibile sereno ed umanitario. Arrivederci alla prossima “Lettera n. 233”. Cordialità!
Domenico Lanciano (Azzurro Infinito, giovedì 20 dicembre 2018 ore 10,10) Le foto sono state prese tutte dal web.
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