Inserita in Salute il 29/11/2018
da Direttore
Fanno paura e condizionano la vita delle persone, ma uscirne è possibile - Attacchi di panico
Come aiutare chi soffre di attacchi di panico. I consigli dello psicoterapeuta “Fanno paura e condizionano la vita delle persone, ma uscirne è possibile”, lo psicoterapeuta Giovanni Porta, ci offre alcuni consigli che possono aiutare chi soffre di attacchi di panico, ma anche chi è loro vicino.
Gli attacchi di panico sono uno dei sintomi più spaventosi che un persona possa provare, in quanto si ha l’ingestibile sensazione di perdere il controllo del proprio corpo e della propria mente. Il respiro diviene così corto che sembra di soffocare, il cuore batte velocissimo, si sente un peso sul petto, negli arti appare uno strano formicolio, si ha paura di morire, di impazzire, che la strana sensazione di distacco dalla realtà che si sta provando non passi mai, si teme di non potere mai più tornare “normali”.
È molto difficile aiutare una persona che sta vivendo un attacco di panico, tanto che – spesso – si finisce per andare al pronto soccorso a cercare un aiuto medico-farmacologico che allevi i sintomi.
Ma c’è qualcosa che una persona vicina a qualcuno che soffre di attacchi di panico possa fare per aiutarla?
Ci sono da distinguere due principali modi di intervenire:
nei momenti di urgenza (cioè durante un attacco di panico) nei momenti di calma in cui non sono presenti attacchi. Cosa fare durante un attacco di panico
Ecco alcune cose che si possono fare per aiutare qualcuno che ci è vicino durante un attacco di panico, ce le illustra lo psicoterapeuta Giovanni Porta:
SPIEGARE CHE FINIRA’ PRESTO.
La maggior parte degli attacchi di panico dura tra i 5 e i 20 minuti, al massimo mezz’ora dalla comparsa. È dunque importante, se abbiamo vicino qualcuno in preda a un attacco di panico, spiegargli con voce calma e sicura che tra poco quella spiacevole esperienza finirà. Per chi sta vivendo un attacco di panico, il tempo sembra infinito e sembra impossibile immaginare una fine a quell’agonia.
FAR FARE LUNGHE ESPIRAZIONI.
Spesso gli attacchi di panico sono accompagnati da iperventilazione: la sensazione di “fame d’aria” che la persona sta vivendo la porta ad immettere nei polmoni tantissima aria, nella speranza di placare la sensazione spiacevole. Questo, però, non fa che peggiorare le cose, in quanto si accelera ulteriormente il ritmo cardiaco e la pressione arteriosa. È dunque importante fare consumare un po’ dell’ossigeno di troppo, per esempio facendo piccoli gesti come aprire e chiedere le mani, o camminando o portando la persona a fare delle lunghe espirazioni (che calmano anche il ritmo respiratorio e dunque cardiaco)
SPIEGARE CHE NON C’E’ PERICOLO.
Di attacchi di panico non si muore! È solo estremamente spiacevole. È fondamentale spiegare a una persona immersa in una crisi di panico che non c’è assolutamente alcun pericolo per la sua vita. Che non morirà, né impazzirà ma che tra pochi minuti sarà tutto finito
SPOSTARE L’ATTENZIONE DA DENTRO A FUORI: DISTRARSI.
L’attacco di panico, spesso, insorge per l’eccesso di attenzione che la persona che ne soffre dedica al controllo del proprio interno, in particolare di alcuni elementi del proprio corpo (respiro e battito cardiaco, principalmente). Più soffro di attacchi panico, più ascolterò con attenzione il mio cuore e il mio respiro. Però, portando la mia attenzione allarmata su questi processi automatici, per natura non consapevoli, prima o poi inevitabilmente sentirò qualcosa di strano (anche perché già il fatto di ascoltare respiro e battito cardiaco è un’attività strana). Può dunque risultare utile aiutare la persona che sta avendo un attacco di panico a spostare la propria attenzione verso il fuori: passanti, elementi curiosi dell’ambiente, paesaggio.
MUOVERSI UN PO’.
Nella stessa ottica di distrarre la persona dai propri stati fisiologico, può essere utile fare due passi, magari all’aria aperta, perché camminando è più facile prendere contatto con il mondo fuori di sé, spostandosi dalla fissazione verso il proprio interno che ha provocato il panico. (e si consuma anche un po’ di ossigeno in eccesso)
Cosa fare tra un attacco e l’altro.
E invece, cosa può risultare utile fare per aiutare una persona non nel momento acuto dell’attacco di panico, ma nei periodi di relativa calma che intercorrono tra un attacco e l’altro?
Le paure tra un attacco e l’altro possono diventare importanti. Si teme di impazzire, di svenire, di fare brutte figure in pubblico, di perdere il controllo. “A mio modo di vedere, – spiega lo psicoterapeuta Giovanni Porta - l’unica cosa davvero importante per aiutare la persona che soffre di attacchi di panico è sostenerla nel chiedere aiuto a uno psicoterapeuta che la aiuti a elaborare e gestire in maniera diversa i propri vissuti interni. Nella mia ottica, infatti, gli attacchi di panico sono un sintomo (molto spiacevole) spesso correlato alla difficoltà della persona che ne soffre di far valere i propri vissuti nel mondo circostante. Si tratta spesso di persone che si tengono tutto dentro, al punto che l’aggressività che non esprimono si rivolta contro loro stessi, facilitando l’insorgere di attacchi di panico. Questa spiegazione non è naturalmente esaustiva di tutti i casi possibili ma, nella mia esperienza clinica, è la più frequente.
Un adeguato lavoro di psicoterapia è fondamentale per modificare le ragioni interne da cui si generano gli attacchi di panico. Nei casi più gravi (attacchi di panico così frequenti e intensi da impedire una normale vita lavorativa e di relazione) può essere importante ricorrere – parallelamente alla psicoterapia – anche a un sostegno farmacologico per alleviare l’intensità dei sintomi mentre si lavora sulla risoluzione delle cause. Superare queste situazioni è possibile. Serve impegno e voglia di guarire. Chiedere aiuto è il primo passo. Nel giro di qualche mese la vita migliorerà in maniera sensibile”.
GIOVANNI PORTA
(www.giovanniporta.it) Psicologo psicoterapeuta di orientamento gestaltico, è esperto in alimentazione e teatroterapia. Vive e lavora tra Roma e Milano. Da anni realizza laboratori e percorsi in cui l´arte viene utilizzata con finalità terapeutiche. Laureato in Psicologia presso l´Università degli Studi di Padova, si è successivamente specializzato con un master in "Utilizzo di tecniche artistiche nella relazione d´aiuto", ha una specializzazione in Psicoterapia della Gestalt presso l´I.G.F. di Roma, ed una in "Teatro e Psichiatria".
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