Inserita in Cultura il 16/08/2018
da Direttore
BARCOLANA/TRIESTE: SINDACO CONTRO
Trieste: il vicesindaco Polidori dichiara “schifosa manipolazione dell’informazione” sul caso Barcolana, Sgarbi e Radini Tedeschi allo scontro ideologico, l’Abramovic minaccia querele
Il vicesindaco Paolo Polidori, intervistato da La Repubblica sul Manifesto celebrativo della Barcolana 2018, realizzato da Marina Abramovic per la città di Trieste, si scaglia contro alle notizie riportate definendo l’articolo “assolutamente falso nella tempistica e nella completezza delle informazioni”. L’autorevole critica d’arte si divide sull’accaduto: dalla solidarietà espressa dal manifesto dell’Abramovic allo spettro delle Foibe.
Antefatto La Società Velica di Barcola e Grignano, su proposta di Carlo Bach direttore creativo di Illycaffè, ha chiamato a rappresentare i cinquant’anni della regata triestina più grande al mondo, che si terrà dal 5 al 14 ottobre, la famosa artista internazionale Marina Abramovic, quest’ultima ha realizzato un manifesto in cui essa stessa innalza una bandiera bianca contenente la scritta “We are all in the same boat” ossia “Siamo tutti nella stessa barca”. Tale stendardo, finanziato dalla azienda triestina Illycaffè, ha voluto sottolineare, stando a ciò che risulta sul sito ufficiale della manifestazione che “anche a bordo di barche diverse, anche quando competiamo per il miglior risultato, navighiamo tutti sullo stesso pianeta, che va custodito e protetto giorno dopo giorno”. Un messaggio quest’ultimo ecologista volto a una solidale tutela del pianeta. Il Comune, guidato dal centro destra, tuttavia non ha accettato tale scelta comunicativa e il vicesindaco leghista Polidori ha apostrofato lo stesso “horrendus opus” intendendo con tale frase che l’opera artistica della Abramovic fosse “orribile nonché strumentalmente politica”. La frase “Siamo tutti nella stessa barca” difatti poteva alludere ad uno slogan contrario all’indirizzo del Ministro dell’Interno Matteo Salvini verso le scelte di chiudere i porti agli immigrati. A tal proposito Polidori sulla sua bacheca facebook parlava di “pessimo gusto (…) fare propaganda politica con una manifestazione, la Barcolana, che appartiene a tutta la citta”; un poster realizzato tra l’altro dall’Ente organizzatore nell’assenza di una condivisione preventiva con il Comune- violando quindi la convenzione scritta pregressa tra le parti. In data 9 Luglio il vicesindaco Polidori ha riunito i vertici dell’ente organizzatore, quindi tra tutti il Presidente della SVBG Mitja Gialuz, convenendo assieme con un comunicato ufficiale “l´approvazione preventiva del programma delle attività, comprese le prossime occasioni di comunicazione locali, nazionali e internazionali (Trieste, Roma e Monaco di Baviera)” nell’ambito di un rapporto futuro collaborativo. Roberto Dipiazza, Sindaco di Trieste, ha pacificamente concluso così la vicenda “i finanziamenti di Barcolana ci saranno, noi però avremmo voluto un messaggio condiviso tutti assieme”, convenendo con il vicesindaco Polidori che il manifesto a livello locale non ci sarà e verrà usato solo a livello nazionale e internazionale.
Le dichiarazioni dello scandalo su La Repubblica Il 7 Agosto, quindi circa un mese dopo dall’accordo pacifico concluso tra l’Amministrazione e i vertici della società SVBG, il vicesindaco rilascia delle dichiarazioni sul quotidiano La Repubblica in cui risulterebbe la volontà di far sparire il manifesto “Via dai pieghevoli, dagli inviti e dalle brochure ufficiali. Proibito: a Trieste e nel resto del mondo” e ancora “Con gli organizzatori sono stato chiaro: o sparisce quell’orrore o salta la convenzione con il Comune. Significa stop a 30 mila euro di finanziamenti, Frecce Tricolori, permessi per l’occupazione del suolo pubblico, sicurezza” e ancora il messaggio “fa inorridire, diffuso proprio mentre il Ministro degli Interni Matteo Salvini è impegnato a ripulire il Mediterraneo”. Dichiarazioni forti che sono state interpretate come censura all’arte e alla libertà di espressione, oltre che aventi uno spirito di repressione verso le minoranze etniche.
La smentita del vicesindaco Polidori su Facebook In data 11 agosto Paolo Polidori sulla propria pagina personale Facebook fa luce sull’accaduto e dichiara, in riferimento all’articolo uscito il 7 Agosto su La Repubblica, come si sia verificata una “schifosa manipolazione dell’informazione” alludendo quindi al fatto che il giornalista, oltre ad aver alterato l’intervista rilasciata, avrebbe anche “premeditato” un articolo “assolutamente falso nella tempistica- dei fatti riportati- e nella completezza delle informazioni” omettendo “di riferire che la questione era risolta con il comunicato congiunto” e inducendo i lettori a credere in minacce “mai avvenute”, quali revoca di contributi e relative concessioni promesse.
L’autorevole critica d’arte si divide sull’accaduto: dalla solidarietà espressa dal manifesto dell’Abramovic allo spettro delle Foibe
Il parere positivo sul manifesto di Vittorio Sgarbi: “l’arte è intoccabile, chi la censura crea inutilmente martiri e vittime” Il primo a parlare del caso è stato Vittorio Sgarbi, parlamentare di Forza Italia e divulgatore televisivo, il quale ha dichiarato come “l’arte è intoccabile, chi la censura crea inutilmente martiri e vittime” reputando di grande valore il messaggio impresso sulla bandiera “Bello. Universale. Vero. Come allegoria della vita umana e solidarietà verso quelli che l´infelice destino imbarca verso viaggi tempestosi.” E ancora: “Lei- l’Abramovic- ha voluto andare oltre: non parla né della barca “sfigata” dei profughi né di quella “fortunata” della Barcolana. Lei dice semplicemente “Siamo tutti sulla stessa barca”, ed è vero. Dove sarebbe l’atteggiamento anti-leghista? È una frase cristiana che un artista si può benissimo permettere. Questa è una frase che potrebbe dire anche Salvini: “Siamo tutti sulla stessa barca, cerchiamo di salvarci”. Il critico, in luce ad una visione cristiana e solidale dell’esistenza, si scaglia contro quella frase riportata da La Repubblica in cui il vicesindaco avrebbe giudicato orrido il Manifesto “diffuso “proprio mentre il Ministro degli Interni Matteo Salvini è impegnato a ripulire il Mediterraneo”; a proposito di tale frase Sgarbi auspica che il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Fedriga possa richiamare un vicesindaco “che disonora la sua città, il suo partito e i valori umani e cristiani che quel Manifesto evoca”. Il “Siamo tutti sulla stessa barca”, afferma l’intellettuale, ripete paradigmi del mondo antico, greco e latino, da Cicerone a Livio fino a giungere al Vangelo di Matteo. Inoltre conclude Sgarbi “anche se l’immagine fosse un invito a solidarizzare con gli immigrati la solidarietà è sempre un valore cui è insensato andare contro a testa bassa. Non c´è più grave errore che buttarla in politica, ed è l´ultimo che un cristiano, che vota Lega, deve fare” (alcune frasi riprese da Il Piccolo di Trieste).
Il parere negativo sul manifesto di Daniele Radini Tedeschi: “Per simbologia, grafica, iconografia, la bandiera della Abramovic dovrebbe essere ammainata più che alzata” Recente è l’interpretazione che da all’opera Daniele Radini Tedeschi, attuale curatore impegnato in Biennale di Venezia e autore di una rubrica d’arte sulla televisione di Stato: “Per quanto riguarda la grafica del Manifesto -dice l’intellettuale- essa più che omaggiare lo stemma triestino ricorda lo stile del Costruttivismo russo, nato dopo il 1914 come un movimento al servizio della rivoluzione comunista, in cui l’arte doveva essere una pratica per scopi sociali, dunque bolscevichi e rivoluzionari. L’uso dei colori inoltre conferma l’estetica derivata dal Costruttivismo imparentato col Suprematismo e applicata al disegno industriale: il rosso si ricollega al comunismo e alle sue bandiere, non solo legate però alla Russia ma anche all’ex Jugoslavia di Tito, luogo di origine della stessa Marina Abramovic. Proprio questo legame con il socialismo federale del Maresciallo merita di essere approfondito: Marina è figlia di due “eroi” comunisti jugoslavi Danica e Vojin Abramovic, decorati e innalzati proprio da quel Tito che aveva invaso Trieste nel 1944, deportando e trucidando 11.000 italiani, causando quel tragico eccidio di massa conosciuto col nome di Foibe. L’artista Abramovic racconta nel suo libro autobiografico, edito nel 2018, come i suoi genitori fossero membri di rilievo del partito, con incarichi importanti e come per questo godessero di molti privilegi. E’ assolutamente infelice la congiunzione che vede la storica regata di Trieste, città che più di ogni altra ha subito l’invasione, lo sterminio e il massacro dei nostri italiani ad opera di Tito, essere stata rappresentata da una artista, seppur di fama internazionale, che riconosce al grande Dittatore dei meriti e al contempo lancia slogan pacifisti e solidali come “siamo tutti nella stessa barca”. L’Arte è libera e proprio per mantenere tale privilegio non deve essere strumentalizzata” (alcune frasi riprese da Il Piccolo di Trieste).
La reazione dell’Abramovic La Abramovic rappresenta una delle personalità più celebri e controverse dell’arte contemporanea, è nota per aver rivoluzionato il concetto di performance mettendo alla prova il proprio corpo, i propri limiti e potenzialità espressive. Galleristi e collezionisti vicini all’artista montenegrina riferiscono dell’intenzione di quest’ultima a sporgere querela qualora ne venisse lesa la sua immagine professionale.
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