Inserita in Cronaca il 11/10/2013
da Michele Caltagirone
Sentenza Giacalone, interviene l´Assostampa
Anche il segretario provinciale dell´Assostampa è intervenuto sulla sentenza che ha visto la condanna del giornalista Rino Giacalone per diffamazione a mezzo stampa nei confronti dell´ex sindaco di Trapani, Mimmo Fazio. "Le nostre considerazioni - scrive Giovanni Ingoglia - non investono l’azione giudiziaria e l’operato della magistratura, convinti come siamo che nel nostro ordinamento democratico le sentenze vanno rispettate. Quello che ci lascia perplessi, invece, è l’esoso ammontare della pena pecuniaria inflitta al collega Giacalone a favore del dott. Fazio, 25 mila euro, oltre per le spese processuali in concorso con l’Associazione provinciale della Stampa che si era schierata a favore del proprio iscritto nel procedimento. La perplessità diventa più forte e motivata da un riferimento specifico della Corte Europea dei diritti dell’uomo al quale si rifà, estualmente, il giudice nella sua sentenza: “la Corte Europea dei diritti dell’uomo - si legge nella sentenza- ha affermato il principio per cui, nell’adottare una pronuncia di condanna nei confronti di chi esercita attività giornalistica, il giudice nazionale deve compiere un giudizio di proporzionalità tra il diritto esercitato e i suoi limiti, applicando, quindi, la sanzione prescritta dall’ordinamento senza mai travalicare i limiti posti da detto bilanciamento, di guisa che la condanna al pagamento di una somma di denaro, tenuto conto della situazione finanziaria dell’autore dell’illecito, non costituiscono strumenti atti a ‘dissuaderlo dal continuare ad informare l’opinione pubblica su argomenti di interesse generale’, pena la violazione dell’art. 10 della Convenzione”. Non sappiamo su quali parametri finanziari si sia basato il giudice - aggiunge - per stabilire la somma di denaro che dovrà pagare il collega, ma siamo convinti che, in un territorio in cui i giornalisti lavorano senza alcuna tutela contrattuale e con compensi da fame, questa sentenza rischia di diventare uno strumento atto a dissuaderli "dal continuare a informare l’opinione pubblica su argomenti di interesse generale”.
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