Inserita in Cronaca il 04/02/2013
da redazione
Minacciati dal cyberbullismo
Secondo la ricerca «I ragazzi e il cyber bullismo», realizzata da Ipsos per Save the Children e diffusa alla vigilia del Safer Internet Day, la giornata istituita dalla Commissione Europea per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile dei nuovi Media tra i più giovani ,per il 72% degli adolescenti e giovanissimi italiani il cyber bullismo è il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo (percentuale che sale all'85% per i maschi tra i 12 e i 14 anni e al 77% nel sud e nelle isole ), più della droga (55%), del pericolo di subire una molestia da un adulto (44%) o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24%).
La ricerca indaga sull'inclinazione sempre più frequente tra i pre-adolescenti, ma ancor di più tra i teenager, a sperimentare attraverso l'uso delle nuove tecnologie una socialità aggressiva, denigratoria, discriminatoria e purtroppo spesso violenta.
Giovani sempre più connessi, sempre più prepotenti: 4 minori su 10 testimoni di atti di bullismo online verso coetanei, percepiti 'diversi' per aspetto fisico (67%) per orientamento sessuale (56%) o perchè stranieri (43%). Madri 'sentinelle digitali': 46 su 100 conoscono la password del profilo del figlio, nota al 36% dei papà. Azzerate le distanze grazie alla tecnologia, i 2/3 dei minori italiani riconoscono nel cyber bullismo la principale minaccia che aleggia sui banchi di scuola, nella propria cameretta, nel campo di calcio, di giorno come di notte.«I ragazzi trascorrono gran parte del loro tempo tra i banchi ed è lì che sperimentano una buona fetta della loro socialità. Il ruolo della scuola è di primaria importanza per valutare ed implementare interventi mirati contro il dilagare del cyber bullismo. L'insegnante per il suo stesso ruolo deve essere una 'antenna' pronta ad intercettare e leggere ciò che accade alle dinamiche relazionali della classe -afferma in una nota Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia, e, come tale, parte attiva insieme alla scuola nella costruzione di strategie preventive e di contrasto al fenomeno».
Secondo Save the Children, i giovani, percepiscono, soprattutto le ragazze, alcuni degli ultimi tragici fatti di cronaca molto (33%) o abbastanza (48%) connessi al fenomeno. Per tanti di loro, il cyber bullismo arriva a compromettere il rendimento scolastico (38%, che sale al 43% nel nord-ovest) erode la volontà di aggregazione della vittima (65%, con picchi del 70% nelle ragazzine tra i 12 e i 14 anni e al centro), e nei peggiori dei casi può comportare serie conseguenze psicologiche come la depressione (57%, percentuale che sale al 63% nelle ragazze tra i 15 e i 17 anni, mentre si abbassa al 51% nel nord-est).
«I nativi digitali sono attori di un mondo complesso che scuola e famiglia non possono affrontare da soli, hanno bisogno del sostegno delle istituzioni e di tutte le parti coinvolte nella sfera virtuale dei più giovani -sottolinea Neri- Nel 2007, furono istituiti gli Osservatori Regionali sul bullismo che garantivano una rilevazione e un monitoraggio costante del fenomeno, nonchè il supporto agli interventi riparativi promuovendo strategie multidisciplinari».
«I docenti però non vanno lasciati soli -prosegue Neri- il bullismo è un fenomeno complesso che spesso trae origine da un disagio profondo che riguarda il bullo e il gruppo, così come la vittima, e richiede dunque strategie in grado di cogliere e gestire questo disagio.
Quindi, uscire da un'ottica di emergenza legata al singolo caso ed entrare in un'ottica di interventi strutturali a lungo termine è la strada da percorrere». Secondo la ricerca i social network sono la modalità d'attacco preferita dal cyber bullo (61%), che di solito colpisce la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie (59%) o tramite la creazione di gruppi 'contrò (57%).
La costituzione degli Osservatori prevedeva una valutazione anche in itinere del loro operato. È stata fatta? E se si, quali sono le conclusioni sulla loro efficacia? In caso contrario -avverte Neri- prima di rispondere sull'onda dell'emotività determinata dalla sempre maggiore frequenza degli episodi, sarebbe forse opportuno verificare quello che è stato già fatto, per non partire ogni volta da zero e per promuovere le modifiche necessarie a rendere gli interventi più efficaci. Dall'indagine emerge chiaramente il ruolo dell'adulto in generale.
Infatti, sottolinea Save the Cildren, i ragazzi trovano perlopiù conforto nella sfera familiare, con la quale il 71% dichiara di vivere relazioni sostanzialmente positive e rasserenanti, facendone il luogo primario della ricerca della soluzione al problema. Forte comunque la spinta all'apertura nella ricerca della soluzione (per il 77% bisogna parlare con un genitore, o con gli insegnanti per il 53%, il 29% suggerisce di chiudere il profilo o sospendere la sim, il 25% dice che occorre segnalare l'abuso online, il 23% suggerisce di cambiare frequentazioni).
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