Inserita in Politica il 11/02/2016
da Umberto Crispo
PESCA: L’ UGL DICE BASTA A MESSAGGI FUORVIANTI
“Diciamo basta al messaggio fuorviante che il Mediterraneo è in uno stato pietoso e senza pesci per cui bisogna limitare la pesca ed ‘eliminare i pescatori’. Non è così, ci siamo opposti nel passato ed oggi i fatti ci danno ragione perché aumenta la coscienza comune che vi sono altre cause che incidono sulla riduzione del pescato. Il pescatore siciliano finalmente scende dal banco degli imputati e Bruxelles sembra adesso meno lontana dalla realtà peschereccia del Mar Mediterraneo”. A dichiararlo Giuseppe Messina, Responsabile regionale dell’Ugl Sicilia partecipando ai lavori del “Seminario di alto livello sullo stato degli stock nel Mediterraneo e sull’approccio della PCP” che si è svolto a Catania il 9 e 10 febbraio scorsi. “Il dibattito sullo stato degli stock ittici nel Mediterraneo è un passo in avanti importante nella direzione che l’Ugl sostiene da anni – dice il sindacalista - convinti come siamo che le misure comunitarie avranno efficacia limitata fino a quando non verranno estese ai Paesi terzi dato che il Mediterraneo costituisce lo 0,8 per cento dei mari a livello mondiale ed è circondato da 27 Paesi che sfruttano le risorse, di cui solamente sette dell’Unione Europea”. “Siamo soddisfatti per come si è sviluppato il dibattito alla due giorni di confronto ai massimi livelli sulla Politica Comune della Pesca (PCP) – sostiene Messina - perché finalmente a livello comunitario è maturato il convincimento che la colpa del fallimento delle politiche degli ultimi trent’anni nel Mediterraneo, che hanno ridotto gli stock ittici e peggiorato lo stato di salute dell’ambiente marino, non è più solamente dei pescatori e ringraziamo il Sottosegretario alla Pesca Giuseppe Castiglione che ha voluto con forza riunire intorno ad un tavolo il mondo della pesca ai massimi livelli europei”. “Dal mondo della scienza qualcuno ha tentato di far passare il messaggio che il Mediterraneo sta morendo – prosegue – e bene ha fatto il professore Fabio Fiorentino del CNR che, intervenendo ai lavori, ha dichiarato che nel Mediterraneo ‘lo stato delle risorse non è tragico ma preoccupante’. La verità è che l’Unione Europea deve investire di più sulla ricerca per raccogliere dati e informazioni a tutto tondo al fine di monitorare complessivamente tutti i fenomeni che possono incidere sulla salute del mare”. “Non ci stiamo alle polemiche di certa parte del mondo scientifico – incalza il Responsabile regionale dell’Ugl – la pesca è il settimo settore più regolamentato al mondo e precede comparti come la farmaceutica che è al nono posto in questa speciale classifica di attività non libera ma sottoposta a specifici controlli. Controlli che sono indispensabili per il raggiungimento dell’obiettivo comunitario del ripristino degli stock ittici entro il 2020. E per farlo dobbiamo cooperare tutti, nessuno escluso”. “Se da un lato Philippe Cury, intervenendo sul tema dei possibili scenari futuri degli stock ittici dei piccoli pelagici ha sostenuto che nel Golfo di Lione non esiste una correlazione tra la diminuzione degli stock di sardine e l’aumento della presenza dei tonni – racconta Messina – siamo d’accordo con il dirigente generale del Dipartimento Pesca della Regione siciliana, Dario Cartabellotta, che ha replicato sottolineando che ‘in Italia il tonno rosso non mangia ‘popcorn’ e che esiste, invece, un serio problema nel Mediterraneo legato alla massiccia presenza di tonno rosso ed alla contestuale riduzione degli stock di piccoli pelagici che spinge ad interrogarci sulle misure di accesso alla pesca dei grandi pelagici e sul sistema Tac (totali ammissibili di catture)”. Per Messina “la salvaguardia ambientale del Mediterraneo non può passare solo dalla riduzione dello sforzo di pesca, l’Italia e la Sicilia, in particolare hanno già ridotto, negli ultimi quindici anni, del 60 per cento sia la flotta che i pescatori occupati. Non è questa la giusta ricetta per raggiungere il Massimo Rendimento Sostenibile (MSY) perché occorre fare i conti con altri fattori che incidono sugli equilibri complessivi: cambiamento climatico, inquinamento, sovrappopolazione della fascia costiera dove avviene il reclutamento di molte specie ittiche ad alto valore commerciale, pesca illegale, presenza di specie ittiche aliene, traffici marittimi e raddoppio del Canale di Suez, scarti liquidi e solidi, inquinamento acustico”. Concordiamo con Nino Accetta, Presidente regionale di Federcoopesca di ConfCooperative, quando afferma che “occorre rivedere le misure di accesso alle risorse per la sostenibilità ecologica ed economica della pesca, con stock ittici che si riproducono in un approccio integrato ambientale e socio-economico, con misure comunitarie collettive che devono essere applicate anche nei Paesi extracomunitari che si affacciano sul Mar Mediterraneo, con Piani di Gestione condivisi da tutti”. E siamo d’accordo anche su fatto che “Prima di parlare di ‘quantitativi ammissibili di cattura’ nel Mediterraneo servono maggiori dati conoscitivi e una maggiore conoscenza di tutti i fenomeni che incidono nel delicato ecosistema mediterraneo così come nella scelta delle misure da attuare siamo per un approccio ‘bottom-up’ che privilegi il rapporto con i pescatori per individuare misure specifiche per una pesca sostenibile”. “Dai lavori svoltisi a Malta lo scorso 4 e 5 febbraio sul tema: ‘Economic advice in fisheries management’ – conclude Messina - è emerso che un pescatore a mare genera 7 lavoratori a terra e, quindi, la Sicilia con 3 mila natanti può generare 100 mila posti di lavoro non si può non essere concordi nel sostenere che la pesca è importante per l’economia non solo della Sicilia ma di tutti gli Stati che si affacciano nel Mediterraneo. Ed allora, si alle misure condivise in una logica sistemica che guardi al pescatore e ne tuteli il reddito per cooperare tutti al raggiungimento degli obiettivi della PCP entro il 2020”.
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