In Italia troppi centri oncologici non raggiungono il numero minimo di pazienti per garantire la qualità delle cure. Lo afferma il ´Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologicì della Favo, la federazione delle associazioni di volontariato, presentato oggi al Senato, che ha evidenziato carenze anche nel numero di hospice. Un gruppo di lavoro ha individuato i parametri per stabilire i volumi minimi di attività per singola neoplasia, al di sotto dei quali le strutture chirurgiche non dovrebbero essere abilitate. Rispetto ai 1.015 centri che si occupano di cancro del colon retto, solo 196 risultano adeguati; dei 906 del tumore della mammella, solo 193; dei 702 del polmone solo 96 e dei 624 della prostata solo 118.
«Esistono criticità - spiega Stefano Cascinu, presidente Aiom - anche per alcune oncologie mediche, presenti in piccoli ospedali. Evidenze scientifiche dimostrano che strutture con bassi volumi di attività presentano statisticamente maggiori rischi per i malati. Queste criticità possono essere superate dalla costituzione delle reti oncologiche. Purtroppo, dopo tanti anni, solo poche Regioni si sono dotate di questi strumenti».
La ricetta individuata per migliorare le condizioni dei malati e allo stesso tempo risparmiare risorse passa per una maggiore assistenza territoriale, che però non è garantita ovunque: a fronte di 598 posti letto in hospice in Lombardia e 241 in Emilia Romagna, ad esempio, se ne registrano solo 20 in Campania e 7 in Calabria.
«Il 30% dei pazienti con cancro muore in strutture ospedaliere destinate al contrasto di patologie acute, generando gravi sofferenze umane e familiari - afferma il presidente Favo Francesco De Lorenzo -. È chiara l´inappropriatezza di questi ricoveri. Vanno poi considerati gli alti costi pro-die delle degenze in centri complessi e ad alto tasso tecnologico».