Inserita in Un caffè con... il 20/03/2015
da REDAZIONE REGIONALE
AGRICOLA
Prendo parola su uno spazio che può sembrare privilegiato ma, in effetti, essendo defilato dagli articoli e privo di immagine, si rivolge soprattutto a chi vuole sentire due parole, dette magari fuori dal coro e, mi auguro, che sia anche munito di pazienza e di spirito laico. Le recenti vicende legate al terrorismo internazionale, che oggi sbandierano le insegne dell’Isis, sono un attacco all’indipendenza di pensiero ed alla democrazia internazionale e inneggiano ad un regime, dittatoriale e di sviluppo mondiale, del quale, e parlo delle follie perpetrate da Adolf Hitler neanche cento anni fa’, hanno assorbito le mire, che, mi sia qui consentito affermare, nulla hanno a che spartire con quelle espansionistiche della Civiltà romana. So che solleverò un vespaio con questa affermazione, ma esportare Cultura, e lasciare intatte le tradizioni, gli usi, i costumi e le credenze dei popoli, come ebbe l’intelligenza e la lungimiranza di fare Cesare (ma non è il solo esempio nella storia dell’Umanità), aveva il senso e il segno del “costruire” non certo quello del distruggere. Radere al suolo, avendolo come obiettivo espressamente mirato, le memorie delle Civiltà antiche, esempio sempre luminoso del cammino fatto dall’Umanità verso il suo riscatto dalla ignoranza e dalla meschinità, ha l’indubbio scopo di rendere gli uomini dei servi fedeli di un “regime” di cui oggi né politici, né intellettuali vedono chiaramente i contorni e l’identità. Una delle ragioni di tale “cecità” sembra, a chi scrive, dovuta alla malintesa idea che si ha comunemente della libertà; e non uso il termine “democrazia” o “indipendenza” o “diritto” perché nessuna di esse ha possibilità di esistere senza la libertà. Mio nonno Titì, persona umile ma caparbia, reduce delle due guerre e antifascista dichiarato, amava strillare ai “gnuri” (conduttori delle carrozze, passati dall’accompagnare i nobili ad adeguarsi ad un servizio pubblico per la nascente borghesia) “gnuri, libero è? Viva ‘a libertà!” … e sfotteva, ovviamente, tutti coloro che pensavano che con la nuova ventata americana fosse arrivata la rivoluzione sociale e culturale. Ma non voglio tirarla per le lunghe: la libertà, a modesto avviso di chi scrive, non è l’acquisizione di uno stato di diritto, ma di un diverso stato di fatto, e quella che cambia non è la posizione sociale ed economica, ma la posizione etica e morale. A dirla è facile, come è facile trovare ampi consensi, all’idea; a farlo meno, molto meno, e l’esempio è dirompente: dovunque governa il malaffare e la malandrineria; l’egoismo la fa da padrone e la Cultura altro che Cenerentola è diventata! Ora, e anche qui i consensi a parole si sprecano, certo la Cultura è importante, ma che c’entra con la libertà? Bè, certo, se Cultura vuol dire mandar giù libri su libri e ricordarsene magari qualche passo da sfoggiare nei convegni (nuovi salotti allargati ad un pubblico spesso più confuso che persuaso), finanziati magari con abbondanti prebende di denaro pubblico con la scusa della divulgazione, siamo assolutamente d’accordo! Non c’entra niente! Ma se la Cultura serve a far propri i pensieri, i sentimenti, le conquiste di uomini migliori di noi (e finiamola di credere di essere tutti uguali! Possiamo tutti diventare migliori, ma solo se lo desideriamo fortemente e lo vogliamo senza dubbi!), per poterne emulare le gesta, comprenderne lo spirito piuttosto che porli su inutili altari, comprendere che ciascuno di noi ha delle potenzialità, che è dono divino, che vanno sviluppate e sfruttate per il bene della comunità, lavorando duramente su se stessi; se la Cultura serve a tutto ciò, ed altro, che chiunque le sacrifichi del tempo presto scopre, ecco allora sì! La Cultura rende liberi! E rende uniti e solidali! E rende rispettosi delle idee e dei diritti altrui! E lascia che la parte migliore dell’Umanità parli attraverso i più umili, che Cristo scelse per farne la sua Voce, e che la moderna Democrazia pone sul trono del potere. Per questo tutti i regimi oscurantisti hanno distrutto le tracce della Cultura: per rendere schiavi gli uomini, togliendolo loro la libertà di “ricordare” le loro origini “divine”; per la ragione opposta invece chi ha trovato la via che conduce alla Conoscenza e alla Luce interiore, ha lasciato delle tracce affinché altri potessero trovare anch’essi; queste tracce fanno parte della Tradizione dell’Umanità e si trasmettono con quella che volgarmente si definisce “Cultura”. Queste tracce hanno vari aspetti, ma non è certo questo il luogo per approfondirle. Alcune di esse sono state cancellate dalla barbarie sempre presente nella storia dell’Umanità, ieri come oggi, altre, molto più profonde, non possono essere cancellate: esse sono scritte dentro di noi e si illuminano agli occhi di ogni uomo che sia semplice e libero. Ora, che vadano a terra i patrimoni dell’Umanità colpisce duramente la mia anima di amante della Tradizione e della Cultura, e me ne dispiaccio coralmente; ma che si attenti alla libertà di pensiero dell’Umanità intera, e quindi di ciascuno dei suoi membri, da qualsiasi parte egli pensi o creda di stare, questo mi ferisce mortalmente! Smettere di pensare, smettere di avere un proprio punto di vista e rispettarlo, smettere di avere l’umiltà di sentirsi imperfetti e incompleti, smettere di rispettare il pensiero degli altri nella fede che la Ragione si divide in mille rivoli a cui ciascuno da un suo contributo, piccolo ma indispensabile, smettere di cercare di essere migliori, non in forza di un manuale di comportamento ma della coscienza crescente del proprio stato di uomini, e quindi conquistandolo intimamente, smettere di credere in un mondo migliore, frutto della buona volontà, figlia della Volontà divina, ecco, questo non lo sopporto, e, io credo, non lo debba sopportare nessuno che abbia a cuore l’Umanità nella sua essenza, che il Vangelo chiama “fratello”. Tutto questo, ed altro ancora certo, è Cultura; tutto questo, ed altro ancora, rende libero l’uomo e gli consente di proseguire verso il suo cammino di integrazione con la Natura divina, che in politica, oggi, può chiamarsi Democrazia; tutto questo va difeso, ad ogni costo, che vuol dire anche il sangue; tutto questo delinea la lotta atavica della Civiltà contro la Barbarie, lotta della quale siamo responsabili tutti, compresi quelli, e Dante non a caso li pone fuori anche dall’Inferno, che pensano di potersi tirare fuori, e che così facendo scivolano sempre più nella schiavitù delle idee di cui l’unico dio è il denaro, e i suoi ministri, in carne ed ossa, pilotano questa banda di derelitti che, oggi come ieri, si guadagnano, con gli orrori, la ribalta. Per crescere non servono grandi gesta, ma piccole azioni quotidiane, di onestà verso se stessi e di solidarietà con chi ci è vicino: questa è una delle porte, la più piccola forse, ma anche la più solida, che conduce sulla strada della vera Cultura; una porta che nessun terrorista potrà mai distruggere, a meno che voi stessi non glielo permettete.
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