Inserita in Politica il 27/11/2014
da REDAZIONE REGIONALE
Champions, 5ª giornata: gioie e dolori per le italiane
La quinta giornata di Champions League è terminata da appena poche ore eppure sono già tante, forse troppe, le esultanze e le lacrime. Premature, in entrambi i casi. La qualificazione delle nostre uniche due partecipanti dipendeva molto da questo turno, sebbene ce ne fosse un altro a disposizione: Juventus e Roma, questa settimana, avevano l’occasione di rendersi artefici o quasi del loro destino europeo, ed hanno finito per sfruttarla in modo decisamente diverso.
Partiamo dai sorrisi: gli uomini di Allegri, trasformatisi nel giro di un mese in un’autentica corazzata, confermano i progressi delle ultime settimane e tornano dalla Svezia con due gol, di Llorente e di Tevez, che significano davvero tanto: innanzitutto 3 punti vitali per farle prendere fiato e permetterle di affrontare con maggiore tranquillità il grande Atletico di Simeone, ma anche la prima vittoria in trasferta di Champions dopo ben 652 giorni di digiuno che, se ti chiami Juventus, non è esattamente un record di cui andare fieri. Evidentemente il non trascendentale Malmoe è stato decisivo per far ritrovare alla banda di Allegri quella verve europea che sembrava ancora seppellita sotto le macerie dell’ultima eliminazione: chiedere a Tevez, che non segnava in Champions da più di 5 anni e che nel giro di due mesi ne ha messi a segno tre, tutti contro il Malmoe. Adesso la Juve non è solo padrona del suo destino, ma ha anche la possibilità di lavare l’onta della passata eliminazione contro il Galatasaray: per passare il girone, senza dipendere da Olympiacos e Malmoe, le basta un pareggio con l’Atletico Madrid. Addirittura, con una vittoria strapperebbe agli spagnoli il primo posto in base agli scontri diretti, nonostante la differenza reti fra le due sia a tratti imbarazzante. Insomma, forse è presto per gioire ma la Juve ha praticamente un piede e mezzo agli Ottavi. Sempre che non decida di nevicare.
Ben più complicato il discorso per la Roma, forse perché parliamo proprio della Roma, che è complicata già di suo. Al 92esimo sembrava tutto fatto: giallorossi in vantaggio col CSKA a Mosca grazie ad un capolavoro di Totti su punizione, russi distanziati in classifica e Manchester City da gufare seduti tranquillamente in poltrona. Tutto, ovviamente, è andato a rotoli nel giro di un minuto o forse 10, se vogliamo considerare anche i 93 degli inglesi contro il già qualificato Bayern di Guardiola. Tutti andato a rotoli per un’eccessiva fiducia nelle proprie capacità, col raddoppio fallito da Ljajic a 10 minuti dalla fine e con l’azione che ha portato al tragicomico cross-gol di Berezutski nell’ultimo minuto buono. Come se non bastasse questo, quei furboni del City hanno pensato di giocare a Garcia l’ultima, pesante, marachella della giornata: in svantaggio per 2-1 contro uno stoico Bayern in 10 a causa dell’espulsione dell’ex-idolo giallorosso Benatia (e chi sennò?), sono stati in grado di ribaltare tutto nei dieci minuti finali e di vincere per 3-2 grazie alla tripletta del sempre più fenomenale Aguero. Indovinate come? Con due fantozziane papere difensive degli uomini di Guardiola, ovviamente. Adesso è naturale avere rimpianti: quel gol di Totti, che infrange il suo stesso record di marcatore più anziano in Champions, poteva essere festeggiato diversamente. Ma la Roma, nonostante tutto, è ancora artefice del suo destino: le “basterà” vincere lo scontro diretto col City, all’Olimpico, oppure pareggiare e sperare che il Bayern non regali altri 3 punti al CSKA. L’augurio, insomma, è che le lacrime di delusione si trasformino in lacrime di goia: di certo non diventeranno mai di coccodrillo, dato l’assurdo girone in cui la Roma ha avuto la sfortuna di capitare.
Gabriele Li Mandri
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