Inserita in Politica il 11/12/2020
da Direttore
Intervista a Sabrina Argiolas: Minacciati perche rispettosi della legge e senza diritti
Da giorno 1 dicembre, per la prima volta in Italia due giudici onorari, Sabrina Argiolas e Vincenza Gagliardotto, hanno deciso di iniziare uno sciopero della fame ad oltranza per contestare le condizioni precarie di lavoro degli oltre 5 mila togati onorari italiani, pagati a cottimo, senza alcun contributo previdenziale e senza neanche la possibilità di ammalarsi. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la mancanza di tutele in piena emergenza pandemica: magistrati onorari ammalatisi di Covid e finiti in terapia intensiva hanno dovuto lasciare le famiglie prive di qualsiasi ristoro con la beffa che a loro non sarebbe spettata nessuna tutela per malattia. Proprio per tutelare se stessi e i propri cari hanno deciso di sospendersi sperando che il governo provveda in emergenza a riconoscere le tutele per poter continuare a lavorare con maggiori garanzie. Abbiamo intervistato Sabrina Argiolas, che da anni insieme ai colleghi lotta per il riconoscimento dei diritti della sua categoria.
Dottoressa, come procede la vostra protesta?
Ogni giorno è più duro, ma la situazione non è cambiata, per cui non ci sono motivi per desistere dal continuarla. Ad aggiungersi allo sciopero della fame, iniziato da me e dalla dottoressa Gagliardotto è stata la collega Giulia Bentley, vice procuratore onorario della Procura della Repubblica di Palermo e poi sappiamo che anche un giudice onorario del tribunale di Parma, Livio Cancellieri, ha iniziato da lunedì anche lui lo sciopero della fame, oltre ad essersi anche lui auto sospeso
In più quasi tutti i viceprocuratori onorari sono in autosospensione, mentre dei giudici onorari se ne contano due terzi.
Sabato si è tenuto a Palermo un flash mob dei magistrati onorari volto ad appoggiare la vostra protesta. Ce ne vuole parlare?
Il flash mob tenutosi in contemporanea con i vice procuratori di Milano ha riscosso il massimo successo, è stato apprezzato da tutti, anche dai privati cittadini che passavano e si informavano di questa situazione per loro sconosciuta sino a quel momento. Il titolo dell´evento, "Il pane e le rose", è di forte potenza evocativa: rifacendosi a un’antica manifestazione risalente al 1912 da parte delle operaie di un’industria tessile che chiedevano oltre al salario minimo garantito anche delle condizioni che permettessero di avere una vita degna, cioè non solo il tozzo di pane, ma anche delle garanzie per vivere serenamente, come una tutela per le malattie, per la gravidanza, tutte le tutele giuslavoriste. "Il pane e le rose" è perché non ci può essere solo il salario minimo, ma anche quel contorno che rende la vita degna di essere considerata vita umana e non da schiavi.
Avete idea di quanto continuerà questa protesta?
Noi non vorremmo continuarla, vorremmo che non ci fosse ragione per continuarla. Non le so dire quando, sino a che punto la disperazione ci possa portare. Perché non avere risposte da parte delle Istituzioni è davvero amareggiante, ancora di più se si arriva ad essere minacciati di rappresaglie.
È successo anche questo quindi?
Sta succedendo. Perché come tutti i Caporalati di Stato, si utilizzano i metodi peggiori per riportare la manovalanza con la testa china sui campi. La Commissione Garanzia ci ha mandato una delibera che attesta che abbiamo violato il Codice di autoregolamentazione che prevede un termine massimo di astensione di 5 giorni.Non si tiene, però conto che noi non stiamo facendo un’astensione, ma siamo in auto sospensione giustificata e motivata dalla tutela della nostra salute, dal momento che siamo ancora in emergenza pandemica e continuiamo a lavorare privi di ogni tutela per malattia. Quindi ci si sta facendo un’intimidazione, minacciandoci oltre che con le sanzioni economiche, con ulteriori sanzioni, cioè la revoca, che verra´ richiesta ai consigli giudiziari per costringerci, per portarci in catene nei campi di lavoro.
La vostra risposta è regolamentata: dunque, potete difendervi?
Noi abbiamo mandato una dichiarazione di auto sospensione non presentata da associazioni, ma da noi singoli, come previsto nella riforma Orlando all’art.21, secondo cui: “I singoli possono auto sospendersi”. Però evidentemente non ci vogliono più neanche riconoscere questo. Ci vogliono intimidire, questa è una forma di intimidazione per far sì che le persone più fragili ritornino sui loro passi e continuino a tenere la testa china.
Che scenari si prefigura?
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