Inserita in Politica il 11/02/2019
da Direttore
Lettere a Tito n. 237. La grande storia di dignità di Giusy Zelesco fiera condottiera dei precari storici calabresi.
Caro Tito, in Italia (e nei cosiddetti Paesi democratici di ispirazione occidentale) pare che, per legge, non esista più né la tortura né la pena di morte. Peccato che, poi, nella realtà emergano situazioni che smentiscono tali leggi.
IL PRECARIATO COME TORTURA E GRATICOLA
Chi, come me, ha vissuto prima un periodo di disoccupazione e poi di un lungo precariato sa bene come e quanto una tale anomala situazione possa essere devastante psicologicamente, non soltanto in dignità sociale ed economica.
E’ una vera e propria “tortura graticolare” … nel senso che sembra di stare ad ardere lentamente su una graticola. Graticola che è onnipresente, poiché (anche quando si ha un’occupazione stabile) si è pur sempre circondati (dentro e fuori il posto di lavoro) da sanguinanti precari (alcuni dei quali molto vicini a noi nell’affetto familiare o amicale).
Il che, non soltanto ti porta a ricordare e rivivere il tuo di precariato, ma ti dispiace profondamente pure per i colleghi precari, con cui hai a che fare quotidianamente. Inoltre, sai bene che la solidarietà non basta e che non puoi fare quasi nulla per risolvere un problema che, a malapena e tardi negli anni, sei riuscito a risolvere tu.
IL PRECARIATO COME CONDANNA A MORTE
Le cronache mediatiche ufficiali non riescono o non vogliono evidenziare come e quanto il precariato esistenziale e lavorativo possa produrre morte, sia come suicidio sia come insicurezza sui luoghi di lavoro… perché “precarie” sono pure le condizioni di lavoro!…
Lo dicono le statistiche di Stato. Le vittime (morti e feriti) sui luoghi di lavoro sono, in gran parte, prodotte dalla precarietà, intesa come tutto: dagli strumenti di sicurezza disattesa alla mancanza di ispettori del lavoro o a non adeguate ispezioni sindacali, dalle remunerazioni da fame a orari di lavoro estenuanti, da mancata prevenzione sanitaria di abilità a determinati ruoli del lavoratore al caporalato. E via dicendo.
COME IN GUERRA O NEL MEDIOEVO
Caro Tito, l’Italia, accanto all’esercito militare regolare, ha il più grande esercito dei persone sprecate tra i cosiddetti Grandi Paesi del mondo (G-8, G-10 e così via). E’ l’esercito dei disoccupati, degli inattivi, dei demotivati, degli emarginati, degli esclusi cui si aggiunge l’esercito degli irregolari, dei precari, dei “né carne né pesce”. Tutte risorse tolte alla vita e alla ricchezza della Nazione.
Infatti (mi devi credere) non so come faccia a reggersi una così insensata Nazione tra i grandi della terra. E non capisco nemmeno la strategia di chi ormai da 74 anni (a dispetto di ogni qualsivoglia governo) tira, così malamente, le fila dello Stato repubblicano (quasi sicuramente in un continuo drammatico con il tristissimo Stato savoiardo).
La situazione di milioni di esclusi mi ricorda i milioni di italiani mandati allo sbaraglio nelle due guerre mondiali del secolo scorso, quasi inutilmente nel 1915-18 e assai pretestuosamente nel 1940-45 (per non dire delle aggressive e terrificanti guerre coloniali), causando, complessivamente, soltanto milioni di morti, di feriti e di “spostati” che stanno ancora pesando socialmente ed economicamente sul popolo italiano, a dimostrazione che le guerre non finiscono mai … fino all’ultimo reduce ancora in vita, nemmeno quando c’è un trattato di pace!
La situazione attuale mi ricorda quali fossero le condizione dei poveri e dei plebei, dei sudditi inferiori o dei servi della gleba di medievale memoria. Con le dovute proporzioni tra la vita di allora e questa di oggi, la situazione è quasi simile, specialmente se pensiamo che dovremmo essere in un’economia di pace (senza guerre apparenti) almeno dal 1945 (ben 74 anni).
Potrei ripetere per gli “schiavi” di oggi ciò che hanno detto i reduci della seconda guerra mondiale nel film di Alessandro Blasetti “La lunga strada del ritorno” (1962) e che può essere sintetizzato nella frase “Ci hanno rubato la giovinezza” (rivedi Lettera n. 235 del 21 gennaio 2019).
CI HANNO MARTIRIZZATO LA VITA
I soldati che nel 1945 tornavano dal fronte o dalla prigionia, nonostante una giovinezza rubata, avevano una vita davanti da ricostruire. E sono stati bravi a ricostruire abbastanza bene la loro vita e la vita dell’Italia.
Generazione epica, ho sempre sostenuto, pure perché è stata la vita dei miei genitori e della mia gente che ho visto faticare come non mai per sopravvivere con dignità e per dare a noi figli un miglior futuro!
Ma i precari di lungo corso, i giovani “usa e getta” o quelli legati al guinzaglio della globalizzazione … che tipo di prospettive hanno, specialmente coloro i quali sono stati sfruttati, sottopagati ed insultati per decenni e, adesso, sono molto avanti con gli anni o vicini alla pensione?
E’ costituzionale tutto questo? E se non lo è (come almeno umanamente e socialmente non lo è) come risarcire questa grande massa di “sfruttati di Stato” che hanno avuto e continuano ad avere una intera vita completamente “martirizzata” assieme alle loro famiglie?
Visto tutto ciò, posso ben capire i giovani, ma anche intere famiglie, che ancora e sempre espatriano da una cosiddetta “Italia matrigna”, per difendere la propria dignità e per non diventare masochisti sotto i ripetuti colpi di sadismo di governi che rispondono a logiche disfattiste per il popolo e a logiche premiali per le “elites” e le oligarchie d’ogni genere (dominanti o servili).
I COSTI ACCESSORI DEL PRECARIATO
Ritengo che coloro che impongono il precariato, nel pubblico e nel privato, in Italia e all’estero, siano pienamente coscienti che effettuano almeno un doppio danno: ai precari e allo Stato (cioè a tutti noi cittadini). I precari pagano in prima persona (non soltanto come infortuni ma anche come uso di psicofarmaci vari ed altri medicinali da depressione e associati) e lo Stato paga per i datori del lavoro (precario) in quanto a Sistema Sanitario Nazionale (o Regionale), a INAIL, a INPS e a tutto ciò che è annesso e connesso.
LA DESERTIFICAZIONE DEL TERRITORIO
Il precariato tende , tra tante altre negatività, a precarizzare pure il territorio dove risiedono le persone che vivono uno stato (specialmente se lungo) di precarietà. E’ un territorio reso debole, avvilito. Un territorio che si va sempre più impoverendo e desertificando. Tale, più che altri territori, è il nostro sud Italia, sempre più esangue a causa dei vampiri di Stato e/o della globalizzazione, a causa dell’abbandono idrogeologico ed antropologico.
A CHI GIOVA?
Come metodo sociologico, ho sempre usato l’analisi-base del “A CHI GIOVA?” tutto ciò? … Così (se risaliamo fino alla sorgente di questo o di altro “malaffare”) quasi sempre giungiamo a chi tira le fila di questo immane “massacro” sociale e di questa permanente devastazione territoriale (chiamamo le cose per nome).
E CON QUALI COMPLICI?
Ovviamente, chi ci guadagna di più in una simile impresa criminale (che sia “criminale” lo hanno accertato e sentenziato i giudici, senza ombra di dubbio)?…. E lo può fare perché c’è, a valanga, una catena di complicità (spesso insospettabili) che mantiene in vita il sistema.
Spesso, senza molteplici complici non è possibile sostenere un sistema così capillare e quasi sempre impunito. E, altrettanto spesso, complici sono coloro che conosciamo da vicino e, in particolare, proprio quelli che ci dovrebbero tutelare. Se non sbaglio, in questo ultimo caso intercorre non soltanto la complicità ma addirittura il tradimento verso lo Stato e verso i cittadini traditi.
UNO DEI MOTIVI DEL MIO LUTTO PERENNE
Questo delle enormi e cocenti sofferenze prodotte dalla precarietà rappresenta soltanto uno degli innumerevoli motivi per cui mi sento in lutto permanente, dal Natale 1968 quando ho fatto una specie di “censimento” delle sofferenze umane e, tra l’altro, avevo notato allora tante famiglie “senza pane e senza panettone” in quella festività natalizia.
LENIRE IL GRANDE DOLORE DEL MONDO
Quale è il compito minimo di ognuno di noi dinanzi a tutto questo triste panorama?… Cercare di lenìre il più possibile il grande dolore del mondo, a cominciare da chi ci sta più vicino. Il nostro “prossimo”, direbbe il filosofo di Nazareth.
“Chi più può faccia, chi più sa dica!”… è questa l’esortazione di un detto popolare in uso a Badolato e dintorni e, probabilmente, ovunque nel mondo. Ognuno faccia la propria parte … “fecondando, in questo infinito, il metro del proprio deserto”! Tutto ciò, con umiltà e dedizione, ricordandoci che …
SIAMO TUTTI INDISTINTAMENTE “PRECARI A VITA”
Caro Tito, finora (nei miei quasi 69 anni di esperienza), ho notato che siamo, in un modo o nell’altro, tutti “precari a vita”. Infatti, siamo presi tutti, indistintamente tutti (chi più chi meno) da nevrosi o angoscia esistenziale.
La principale angoscia è legata alla morte, non tanto alla paura di non avere di che nutrirsi o alla paura della solitudine. Solitamente è più violento e sadico chi ha più paura della morte poiché, per nascondere tale angoscia e la conseguente insicurezza, si dà a maldestre e nocive manifestazioni di potenza, a volte persino di onnipotenza.
Infatti, chi più chi meno, ognuno di noi risponde a tale malessere quasi sempre in modo inadatto o addirittura controproducente. I casi più gravi cercano di riempire tale “precarietà” con ogni genere di avidità (denaro, sesso, potere, ecc.) o atteggiamenti che nascondono una terrore di fondo che spesso riversano sugli altri sapendo di farli soffrire, persino godendo della loro sofferenza per sentirsi più forti di fronte alle debolezze (indotte) degli altri.
Si attua così una catena o spirale di precarietà, prodotta dalla irrisolta angoscia esistenziale personale o di classe. Se non risolviamo tale angoscia la precarietà umana sarà sistemica e permanente. La vera rivoluzione risolutiva è solidarizzare e, possibilmente, cooperare in tutto e per tutto. Sembra quasi impossibile, ma questa è l’unica strada! Altrimenti saremo tutti perdenti, tutti infelici!
UNO DEI MOTIVI DEL MAB-SINDACALE
Cercare di lenire il più possibile il grande dolore del mondo, cercare di azzerare il precariato esistenziale e il precariato imposto come tortura e come condanna a morte … ecco sono questi anche tra gli innumerevoli motivi per cui ho invitato recentemente l’amico Bruno Congiustì a valorizzare il suo vasto archivio personale di ex-sindacalista di lungo corso cercando di contestualizzarlo in un apposito MAB – Museo Archivio Biblioteca Sindacale a San Nicola da Crissa, suo paese natìo, in provincia di Vibo Valentia (Calabria tirrenica).
Tale MAB-SINDACALE, in prospettiva, dovrebbe fungere pure da centro filosofico sulla vita e sul lavoro … proprio per aiutarci l’un l’altro a lenìre almeno (se non a risolvere del tutto) l’angoscia esistenziale, che sta alla base pure del malessere generale nella concezione della produzione e del lavoro, così come nel consumismo e nella frugalità.
Per fare ciò è necessario avere una documentazione di studio e di riflessione, di dialogo continuo con altre persone in modo tale da portare ad una serenità il più possibile edificante come profilo personale e sociale.
Quindi, alla documentazione raccolta da Bruno Congiustì, si aggiungerà (ne sono più che certo) un oceano di altra documentazione, dal momento che non c’è ancora in Italia (e sicuramente pure all’estero) un Centro sindacale che sia pure riferimento di riflessione etico-filosofica … un vero e proprio “tempio” di culto della memoria delle lotte non soltanto sindacali, ma, più in generale, delle lotte per la dignità di tutti gli esseri viventi e del nostro habitat.
IL MAB-SINDACALE E’ IL MUSEO DELLA DIGNITA’
In fondo in fondo, cosa sono le innumerevoli lotte sindacali e civili, organizzate o spontanee, se non una complessiva e vibrante lotta per la dignità sociale e personale di un popolo o di un individuo?
Ed ecco che il MAB-SINDACALE che si sta allestendo in San Nicola da Crissa è principalmente il vivente e palpitante “Museo della Dignità”. Senza dignità non c’è vera vita (è inutile girarci attorno). Perciò, lottare per la dignità è la stessa cosa che lottare per la vita!
BRUNO CONGIUSTI’ (ex-sindacalista CGIL)
Ho conosciuto Bruno Congiustì nella primavera del 2009, nel contesto di un evento giornalistico avutosi nel vibonese. Te ne scriverò in una prossima lettera. Adesso mi preme dirti che Bruno, verso i primi giorni di questo mese di febbraio, ha accolto il mio invito di dare vita al suddetto MAB-SINDACALE. Ne sono davvero assai lieto!
Ci siamo messi immediatamente a lavoro per cercare di organizzarne l’inaugurazione durante il prossimo mese di agosto, quando a San Nicola da Crissa e dintorni ci saranno pure i calabresi di ritorno per le vacanze estive, oltre ai villeggianti ed ai turisti non calabresi.
LA NOTA-STAMPA DESTINATA AL MOLISE
Quando devo lanciare a livello nazionale una notizia sociale, uso testarla inviandola alla stampa molisana, una realtà demografica piccola ma assai indicativa. Solitamente, quando una notizia è accolta abbastanza bene e viene pubblicata diffusamente, allora è più probabile che abbia pure un qualche riscontro a livello nazionale. Così ho fatto per il MAB-SINDACALE.
Domenica 03 febbraio 2019 alle ore 16,28 ho finito di limare la nota-stampa. Immediatamente l’ho inviata alla consueta mailing-list delle testate giornalistiche molisane. Come spesso accade, il primo a pubblicarla (subito dopo) è stato il mio amico Fabrizio Fusco direttore di Teleaesse in Castel di Sangro, in provincia de L’Aquila (http://www.teleaesse.it/nsmvideo64311/molise/agnone-un-museo-sindacale-in-ogni-provincia-la-proposta-delluniversita-delle-generazioni/).
A distanza di sei giorni (alle ore 13,01 di sabato 09 febbraio 2019) la notizia era ancora in primo piano sul suo sito ed ha totalizzato (alla stessa ora) 771 visualizzazioni con 19 like – mi piace (2,5%). Risultato più che positivo per gli standard del sito e del suo bacino d’utenza!
La medesima nota-stampa è stata pubblicata pure dal sito ilbenecomune.it (Campobasso), molisenetwork.net (Venafro – IS) e dagli agnonesi ecoaltomolise.net e altomolise.net che sono stati rilanciati da alcuni aggregatori a livello interregionale.
La notizia è presente, in buona evidenza, anche in cartaceo alle pagine di Agnone de “Il Quotidiano del Molise” (14) e di “Primo Piano Molise” (15) gli unici due giornali rimasti nelle edicole regionali dai 7 che c’erano appena qualche anno fa.
Mi ha fatto poi piacere che almeno un sindacalista vero e apicale (CGIL Molise e Basilicata) mi abbia risposto, nella persona di Michele Petraroia (già assessore regionale al lavoro del Molise), seppure in modo interlocutorio e non operativo.
Sul come e sul perché la memoria sindacale nazionale e territoriale sia colpevolmente e assai scarsamente organizzata e diffusa (a livello nazionale e territoriale), mi soffermerò in una prossima lettera.
NOTA-STAMPA NAZIONALE SUL MAB-SINDACALE
Confortato dal discreto riscontro della stampa molisana e immediati dintorni, avrei potuto così lanciare la notizia a livello nazionale. Così alle ore 09,52 di mercoledì 06 febbraio 2019 ho scritto alle principali agenzie stampa italiane, a parecchi quotidiani cartacei e a numerosi siti web di giornali, radio, tv .
Alle ore 11,23 (dopo un’ora e mezza circa dal lancio) il primo sito internet a pubblicare la notizia è stato quello diretto da Felicia Rinzo la quale mi ha inviato il relativo link accompagnandolo da una inconsueta cortesia che ho apprezzato molto: “Gent.mo, lieti di pubblicare la notizia (https://www.quotidianodiragusa.it/2019/02/06/italia/nasce-primo-museo-sindacale-italiano/42137).
Poi (sfogliando Google) ho visto che altri sette siti web hanno riportato per intero la nostra nota-stampa (intestata all’Università delle Generazioni) oppure il testo lanciato a livello nazionale dall’Agenzia Giornalistica Italia – redazione di Catanzaro.
Quindi (oltre al “quotidianodiragusa.it”) gli altri sette siti sono: soveratoweb.com, trapaniok.it, quotidianosociale.it di Palermo, cn24tv.it di Crotone, corrieredellacalabria.it di Lamezia Terme, il dispaccio.it di Reggio Calabria, primapaginanews.it di Roma. Numerosi “aggregatori nazionali” hanno rilanciato poi questi otto siti principali.
E’ altresì probabile che la nota-stampa sia stata riportata anche da altri siti web o testate cartacee, che non sappiamo, poiché non siamo stati in grado di controllare. Comunque, ad ogni buon fine, ne trascrivo il testo verso la fine, come “seconda lettura”.
ALTRA NOTA-STAMPA NAZIONALE SU MAB-SINDACALE
Avendo appreso che nelle prime sei ore dal lancio del primo “comunicato-stampa” sono stati tre i contatti con Bruno Congiustì per l’utilizzo o la visita del MAB-SINDACALE di San Nicola da Crissa, ho ritenuto utile comunicarlo ai siti web che si erano dimostrati sensibili alla nostra iniziativa.
Così, alle ore 11,33 di giovedì 07 febbraio 2019 ho lanciato una seconda nota-stampa, ripresa e pubblicata sollecitamente dal quotidianodiragusa.it, cn24tv.it, quotidiano sociale.it, trapaniok.it e da costajonicaweb.it (cioè da te).
LE PROSPETTIVE DEL MAB-SINDACALE
Caro Tito, tu, che ne hai già pubblicato la notizia, è bene che sappia cosa è successo nei primi giorni dalla diffusione di tale avviso multi-mediatico a livelli nazionali.
A parte le prenotazioni (tre nelle prime sei ore dal lancio del comunicato-stampa), sono state parecchie le persone che si sono rese disponibili a donare oggetti, documenti, libri e persino “gilet” di lotta e di protesta (non soltanto francesi ma pure italiani).
Già qualche editore si è detto propenso a donare libri sul lavoro, sul sindacato e sulle sue lotte per la dignità del lavoro. Alcuni laureati o laureandi sono disponibili a donare la propria tesi di laurea scritta su temi sindacali.
Qualcun altro pensa già di andare a San Nicola da Crissa per presentare lavori e ricerche di eguale tematica nella sede del MAB-SINDACALE. Mentre taluni pensano di fare di tale MAB una sede per manifestazioni pubbliche su vertenze o altre rivendicazioni sociali.
SCUOLA – PEDAGOGIA E PSICOLOGIA SINDACALE
Qualche altro ha ipotizzato di fare dei MAB-SINDACALI territoriali delle piccole “Scuole sindacali” per istruire i lavoratori (specie quelli in difficoltà) su come comportarsi nei luoghi di lavoro e con i datori di lavoro (in particolare con quelli più ostici).
Infatti, necessita una “pedagogia sindacale” capillarmente diffusa, dal momento che spesso i lavoratori sono “spaesati” (specialmente quelli al primo impiego) mentre alcuni sono restii a fare bene il proprio dovere o, addirittura, risultano essere fannulloni o assenteisti.
Tanti sono, poi, i lavoratori (specialmente quelli precari o con altri problemi) che avrebbero bisogno di assistenza psicologica o addirittura di assistenza quale era in vigore nei centri di “Mutuo Soccorso” nel 19° secolo, all’alba delle prime organizzazioni sindacali.
Insomma, cambiano i tempi e deve aggiornarsi pure il Sindacato, il quale dovrebbe essere meno burocratico e più vicino, anche emotivamente, ai lavoratori in tutti i momenti della loro vita non solo lavorativa. E’ impossibile pensare al Sindacato come un’associazione di veri amici?
MAB-SINDACALE COME UNIVERSITA’ POPOLARE ?
Verso la fine del secolo 19° (accanto alle Società di Mutuo Soccorso) sono state fondate le cosiddette “Università Popolari” proprio per dare ai lavoratori e alla gente del popolo un minimo di istruzione non soltanto di base ma anche per capire la società di appartenenza e le dinamiche del lavoro in un contesto padronale ancora troppo esasperato.
Ritengo che una simile “Università Popolare” (aggiornata ai tempi attuali con proiezioni future) sia necessaria pure adesso che i problemi sono aumentati e resi più difficili dalla “globalizzazione” tanto che i lavoratori sono sempre più disorientati e persino impauriti, quando non angosciati.
L’Università Popolare non è altro che un’occasione assai preziosa di crescere insieme agli altri in una solidarietà socio-culturale quale è necessaria al giorno d’oggi. Ma è anche una necessità di difesa intellettuale per non essere sopraffatti da coloro che non dormono la notte per poi rubarci la vita di giorno.
Probabilmente, tutto ciò che ho sopra accennato sarebbe possibile se un paese come San Nicola da Crissa diventasse una vera e propria “Cittadella Sindacale” o, addirittura, una vera e propria “Capitale Sindacale”. Proviamo a pensarci.
SAN NICOLA DA CRISSA CAPITALE SINDACALE?
Infatti, continuando di questo passo, pare che il piccolo paese di San Nicola da Crissa possa diventare, col tempo, una piccola “capitale sindacale”. Tale possibilità verrebbe facilitata dal fatto che, in pratica, il paese di Bruno Congiustì è situato quasi al centro della Calabria ed offre altre caratteristiche utili a diventare assai significativo nello specializzarsi nella cultura e nella prassi sindacale.
Ha una buona e panoramica posizione geografica, poiché è situato ad appena 20 minuti dall’Uscita dell’Autostrada A2 del Mediterraneo (ex Autostrada del Sole, Salerno – Reggio Calabria) e a 30 minuti da Vibo Valentia (capoluogo provinciale), mentre dista appena 35 minuti dall’aeroporto e dal nodo ferroviario di Lamezia Terme.
POLO MUSEALE-ARCHIVISTICO-BIBLIOTECARIO ?
Con tali premesse e se gestito bene, San Nicola da Crissa potrebbe diventare, in poco tempo, un vero e proprio “Polo Museale-Archivistico-Bibliotecario” rafforzando enormemente quello Vibonese già esistente e avente come prima gemma la vicina “Biblioteca Calabrese” di Soriano Calabro. Tutto ciò nel contesto di una “Cittadella della Cultura” (generale o specialistico-sindacale).
So bene, caro Tito, come vanno queste cose: la Cultura è esattamente come il denaro … chi più ne ha più ne fa. Infatti, se si agisce adeguatamente, a San Nicola d Crissa fioccheranno le donazioni che riqualificheranno in meglio il borgo e il territorio della sua interzona.
Infatti, in Calabria, in tutta Italia, ma anche all’estero, ci sono intellettuali ed associazioni che vorrebbero affidare tutto il loro patrimonio culturale ad una istituzione pubblica che possa garantirne la conservazione e la valorizzazione. Anzi, la stessa Regione Calabria, farebbe meglio a creare un vero e proprio “Istituto delle Donazioni”.
INDUSTRIA E INDOTTO DEL MAB-SINDACALE
Ovviamente tutte le cose esistenti con valenza sociale devono essere gestite con metodi umanistici ma anche industriali, per renderle efficaci e convenienti.
Per il MAB – Museo Archivio Biblioteca sindacale (e l’auspicabile futuro Polo socio-culturale di San Nicola da Crissa) si tratta non soltanto di dare lavoro ad un minimo di persone qualificate e adatte a gestirlo, ma di muovere un ben determinato “indotto” con altri posti di lavoro e di opportunità, tra cui quella di attrarre turismo di massa e non soltanto quello specialistico dei ricercatori (scrittori, studenti e quanto altro).
VERTENZE E PRESENTAZIONI DI LAVORI SOCIALI
Sempre se gestito bene e con lungimiranza, San Nicola da Crissa e i paesi vicini potrebbero ospitare conferenze, presentazione di libri e di altri lavori sociali … come ad esempio, un “Festival del film sindacale” o sul lavoro.
Ovviamente, sono innumerevoli i campi di intervento sul lavoro, i lavoratori, i sindacati, i comitati e quanto altro. Quindi ci sarebbe molto da lavorare e, così lavorando, contribuire a qualificare e specializzare un territorio come il vibonese, che rappresenta pure una linea di transito tra Nord e Sud, tra Sicilia e resto del mondo.
Tra tanto altro, il MAB-SINDACALE potrebbe essere una piazza urbana e/o virtuale dove chiunque ne abbia l’esigenza possa venire a fare pacificamente manifestazioni, rivendicazioni, proteste e quanto altro ci possa essere come vertenza a carattere sociale, civile e sindacale. Anzi, pensandoci meglio, San Nicola da Crissa (che è paese-balcone) potrebbe offrire una “balconata” virtuale per chiunque voglia lanciare messaggi sociali o rivendicazioni di qualsiasi genere, pure sindacali.
In pratica, il MAB-SINDACALE potrebbe funzionare pure come “FORUM SINDACALE”” dove ci si incontra con tanta buona volontà, si discute, si ragiona, si cercano le migliori soluzioni.
Ad esempio, diciamo che la prima associazione che potremmo ospitare sia il neonato “Comitato precari storici calabresi” che ha urgenza di risolvere, una volta per tutte, la propria stabilizzazione occupazionale dopo alcuni decenni di lavoro precario. Si può leggere il loro “comunicato-stampa” più avanti come “Prima Lettura”.
In fondo in fondo, la lettera che stai leggendo rappresenta il primo appello sindacale lanciato dalla balconata di San Nicola da Crissa (non soltanto come “paese-balcone” ma anche come vetrina e Forum Sindacale) a favore del “Comitato Precari Storici Calabresi” !!! Come vedi, siamo operativi già prima di aprire il MAB-SINDACALE.
IL COMITATO DEI PRECARI STORICI CALABRESI
Caro Tito, mercoledì scorso 06 febbraio 2019 (verso le 09,30) ho letto, appena pubblicata da te (su www.costajonicawe.it), la notizia “Nasce il Comitato Precari Storici Calabresi”.
Come ho scritto sopra, sono particolarmente sensibile ai lavoratori precari, per esserlo stato pure io a lungo, dopo essere stato disoccupato per un periodo. Inoltre, sai bene come e quanto sia sensibile al dolore del mondo, specialmente a quello più vicino a noi, e di cui si ascoltano le grida di dignità.
Non potendo fare altro, voglio almeno esprimere tutta la mia e più affettuosa solidarietà (anche come MAB-SINDACALE) cercando di diffondere le rivendicazioni della loro vertenza attraverso queste mie lettere, che spero vengano almeno riprese dai consueti siti amici (www.soveratoweb.com, quotidianosociale.it, trapaniok sui speriamo si aggiunga pure il quotidianodiragusa.it).
CONTATTO LA PRESIDENTE DEL COMITATO
Come primo momento, ho potuto contattare per telefono soltanto la signora Giuseppina Zelesco, presidente del neonato “Comitato Precari Storici Calabresi). Le ho espresso, intanto, la solidarietà del neonato MAB-SINDACALE. Poi Le ho chiesto se gradiva che ne scrivessi in una “Lettera a Tito”. Quindi, Le ho parlato del MAB-SINDACALE cui sarebbe opportuno che il Comitato facesse pervenire documentazione del Comitato PSC.
UNA STORIA LUNGA 23 ANNI
Giuseppina Zelesco mi ha fatto presente che quella del loro precariato è una storia lunga ben 23 anni e che, nonostante tante lotte e firme contrattuali, ancora non viene risolta definitivamente con la stabilizzazione occupazionale. Il suo Comitato rappresenta almeno 5 mila precari, prevalentemente del settore pubblico.
Tali precari sono, in buona parte, con un medio o alto titolo di studio ed hanno una certa età (ovviamente non più giovanile) e con una famiglia da supportare.
Mi ha parlato di tutti i loro sacrifici, certamente non ignoti a me e, comunque, intuibili persino da una qualsiasi persona che non s’intende di tali cose … basta capire cosa significhi “essere precari” e per così tantissimi anni.
Ovviamente, Giuseppina si è soffermata sulle molteplici tappe della loro lotta. Manifestazioni pacifiche di ogni genere: occupazione di autostrade, di porti, di ferrovie, di altri luoghi pubblici (Consiglio Regionale, Giunta Regionale, Prefetture) per ottenere almeno una visibilità anche mediatica. Spesso hanno manifestato sotto pioggia e neve, ma anche sotto un caldo infernale. Non si sono mai fermati. Meritano tutta la nostra immensa ammirazione!
LOTTA PER LA DIGNITA’
Quando si intraprendono queste lunghissime lotte, senza mollare mai, senza stancarsi e con tenacia lo si fa essenzialmente per la “dignità” complessiva della persona ma anche per difendere i propri diritti acquisiti che, invece, chi ha il dovere di riconoscere sembra deridere.
Sacra è la dignità della persona, del lavoro e della famiglia – dice la signora Zelesco anche a nome dei suoi colleghi – ed è anche per tale motivo che troviamo la forza ed il coraggio di continuare ad oltranza le nostre rivendicazioni!” … mentre traspare dal tono della sua voce quell’orgoglio, quella forza e quella fierezza che avevo trovato nell’intervistare (negli anni settanta) le donne che hanno diretto le lotte operaie e contadine del dopoguerra e molte di quelle che vi hanno partecipato.
Quasi sicuramente non c’è differenza sostanziale tra le donne degli anni quaranta e cinquanta e quelle di adesso (rappresentante da Giuseppina Zelesco), dal momento che sono, più o meno, le stesse le lotte per la dignità, ma anche per la sopravvivenza familiare.
SEMBRA IL DOPOGUERRA
Infatti, la società italiana (e, ritengo, pure di tante parti del mondo) è retrocessa ai tempi del dopoguerra, in un Paese povero e troppo ingiusto, con divaricazioni pazzesche tra le classi sociali.
Ma nel dopoguerra di fame e di povertà (anni 1945-1960) c’era da ricostruire un intero Paese dilaniato anche fisicamente oltre che moralmente e socialmente; e per questo c’era anelito e speranza nella gente.
Adesso, invece, si tratta di difendersi egualmente dalla impossibilità di fare una spesa alimentare decente, di pagare le bollette, di riparare un frigorifero o altro elettrodomestico rotto, di onorare il mutuo della casa, di far studiare i propri figli e tantissime altre difficoltà e disagi moltiplicati dall’incerto futuro, quando si può rimanere letteralmente sul lastrico!
E’ sempre difficile credere a coloro i quali è negata la dignità minima del vivere. Mettersi nei loro panni dovrebbe essere il minimo, per chi non è mai passato da una simile condizione iniqua. Ma per me, che conosco molto bene la terrificante angoscia di un tale strato di prostrazione, non è affatto difficile credere e solidarizzare, parola per parola, con quanto mi dice la signora Zelesco.
PERCHE’ L’ITALIA ED IL MONDO SONO COSI’?
Sono tanti i motivi per i quali l’Italia e gran parte dei popoli sono così malridotti ed alcuni ancora peggio!
Sarebbe troppo lungo elencarli, però ci sono peccati che parlano da soli e dicono che l’umanità versa in gravi condizioni economiche, sociali e civili (anche in difetto di democrazia) principalmente perché (ancora di più che in altri periodi storici) manca la frugalità che c’era in altre epoche, mentre invece si sono ingigantite la corruzione e, in particolare, l’avidità sfrenata, patologica e addirittura folle. Pensiamo … nelle mani di nemmeno cento persone è concentrata la stragrande ricchezza e le maggiori risorse del mondo che già conta quasi 8 miliardi di abitanti!
E poi ci sono le guerre!… E sono continue e durano decenni. E le guerre costano, non soltanto in vite e distruzioni ma in denaro. E tale denaro i guerrafondai lo estorcono dai più deboli, da coloro che non hanno gli strumenti per difendersi adeguatamente.
Ed ecco che torna la necessità, anzi l’urgenza, di una forte e granitica unione di popoli e persone per fare fronte comune a tale scempio. Al momento, purtroppo, mancano capi carismatici per poter guidare tale lotta epocale. Mancano i cosiddetti grandi “leaders”.
GIUSEPPINA ZELESCO LEADER
La signora con cui ho conversato al telefono (per ben 46 minuti e 25 secondi), ha un modo di parlare, un tono di voce, argomenti, idee chiare, lungimiranza e valori tipici di un “leader”. Me ne accorgo immediatamente. E Giuseppina Zelesco non lo nega.
Ha ormai tanti anni di “leadership” tra i precari che adesso si sono costituiti ufficialmente in “Comitato” per avere più forza contrattuale e più probabilità di portare a casa la sognata stabilizzazione occupazione (ma anche emotiva, personale, familiare e dello stare al mondo).
Ma è dura avere responsabilità aggiuntive e, a volte, risolutive nelle lotte da programmare, nei contatti da discutere, nel tenere ferma e forte la barra della dignità, senza cadere in compromessi o cadere in situazioni in cui la prima ad essere ferita potrebbe essere (e questo per sempre e senza riparo) proprio la dignità.
LA DIGNITA’ DI GIUSEPPINA E DEI SUOI 5000 COLLEGHI
Caro Tito, nei miei quasi 70 anni di età e, in particolare, di profondo Sud ho conosciute poche persone, come Giuseppina Zelesco, veramente all’altezza della dignità che andavano predicando o esibendo. E se (come sai) sono giunto alla convinzione che siamo in pieno “Suicidio del Sud” … questa mi sembra ispiri una flebile speranza!
Non conosco personalmente la signora Giuseppina Zelesco e non conosco nemmeno uno dei componenti il Comitato dei Precari Storici Calabresi, anche se lei è stata gentile e generosa nel descriverli. Non conosco i loro trascorsi personali e di gruppo, quindi non posso esprimermi. Tuttavia, se non sono diventati veramente pazzi da manicomio dopo una tortura lunga 23 anni e se ancora non si è affievolita la loro forza e tenacia di lottare a viso aperto per la loro dignità, vorrà pur dire qualcosa.
Piuttosto che “Precari Storici” verrebbe davvero la voglia di chiamarli “La Compagnia della Dignità” poiché è certo che almeno in questo non sono e non si sentono precari! Infatti, c’è un cartello che, reperito in internet, innalza la seguente semplice ma eloquente e perentoria frase: “Contro il precariato lotta a tempo indeterminato”. Insomma “chi la dura la vince”! Speriamo sia così.
DIGNITA’ PERSONALE E SOCIALE DI GIUSEPPINA
Ovviamente, nei quasi 46 minuti di conversazione avuti con la signora Giuseppina Zelesco, durante cui ci siamo dati sempre del “lei” (io in verità del “voi” poiché non sopporto il “lei” ma per pura consuetudine badolatese), il discorso è andato (da parte sua) sul personale, sul familiare e sul sociale. E non poteva che essere così.
Da tale discorso esce una donna coriacea che, nel bene e nel male, mostra una personalità indistruttibile che io pensavo fosse dovuta principalmente alle sue origini calabresi, poiché siamo famosi noi calabresi sul fatto che siamo inamovibili quando ci impuntiamo.
Non siamo forse conosciuti nel resto d’Italia e del mondo per avere la “testa tosta” e per essere così tanto pieni di (sano e/o cattivo) orgoglio che è troppo arduo spezzarci … della serie “mi piego ma non mi spezzo”?…
Ecco, la signora Giuseppina Zelesco mi ha dato l’impressione di essere un concentrato di (sano) orgoglio, di idee assai chiare, di convinta lungimiranza, di idolatria familiare, di invincibile vocazione sociale a tal punto che potrei (conoscendola meglio) inserirla nelle “donne epiche” per le quali porto una incrollabile devozione storica, oltre che personale.
UN FILM DI E SU GIUSY ZELESCO
Come persona e come leader (nata), Giuseppina Zelesco, meglio conosciuta come Giusy, ha un’affabulazione vorticosa … vorticosa, nel senso che colui o coloro che l’ascoltano rischiano di entrare nel suo vortice da cui sarebbe assai difficile uscire indenni. E’ talmente tanto fascinosa, suggestiva e coinvolgente che è necessario avere una mente sempre presente e lucida nell’ascoltarla.
Sarà stato che i 46 minuti di conversazione sono serviti, in gran parte, a quello che lei stessa ha definito ”sfogo”… però, in verità, più che a uno sfogo mi sembra di aver assistito ad un “film” per come da lei raccontato. Così tanto brava che mi è venuto spontaneo dirle di scrivere (se già non l’ha fatto) un libro su tutto ciò che mi ha narrato in poco tempo (proprio la durata media di un bel film al cinema o in TV).
Ognuno di noi avrebbe (bene o male) un proprio “romanzo” da scrivere o da raccontare. Il “romanzo” esistenziale e sindacale di Giusy Zelesco è talmente appassionante che non mi meraviglierei se qualcuno lo trasponesse in un film di sicuro successo per il cinema o per la TV.
IL VISSUTO INVISIBILE
Giusy è contenta, tutto sommato della propria vita che mostra una specie di “vissuto invisibile”. Come qualsiasi mamma, il motore che fa girare la sua di vita sono i suoi due splendidi figli. Se per ogni mamma i figli sono “pezzi di cuore” … per Giusy sembra che siano molto di più.
Finora ho ascoltato tantissime mamme parlare dei propri di figli … ma, caro Tito, ti assicuro che i figli di Giusy non sono umani, sono deità di un Olimpo esclusivo e fortunato. Ben per lei. Le credo. In fondo, la vita è sicuramente come in effetti è, però può avere una marcia in più se tu hai una marcia in più. E Giusy di marce in più ne ha più di una!
Ho pensato che la super-donna o, meglio, la super-persona che percepisco essere Giusy possa derivare dalla particolare pasta di cui è fatta. Provo a descriverlo.
Giusy … non lo immagineresti mai (così come non avrei potuto nemmeno sognarlo io) … è nata nientemeno che in … Tasmania!
TASMANIA – ISTRIA – CALABRIA
Caro Tito, ritengo che non si possa capire pienamente Giusy Zelesco se non la si inquadra nei principali luoghi che le appartengono più di tutti: la Tasmania, l’Istria e la Calabria. Se della Calabria già sai, ti informo sul resto.
Nata nel 1967 in Tasmania (la maggiore e lontana isola dell’Australia meridionale) da padre istriano (da qui il mistero del cognome) e da mamma silana, più che propriamente calabrese, Giusy sente di avere dentro di sé molte altre anime.
Da ribelle quale sono, ho riconosciuto in lei proprio quella più inquieta e ribelle. Sì, in lei (come in me) l’inquietudine e il ribellismo sono la medesima anima … quella che è irrimediabilmente intrecciata all’anima intransigente della sacra onestà che è poi l’altra faccia della medaglia della più rigorosa ed inflessibile dignità personale e sociale.
Questo è il primo paradigma esistenziale di Giusy almeno da ciò che ho potuto capire in 46 minuti appena di conversazione telefonica, senza poterla guardare negli occhi … perché è essenziale guardare negli occhi e nella mimica del viso, delle mani e dell’altro corpo la persona con cui si conversa!
Comunque sia, posso capirla senza guardarla in faccia (e senza aver visto prima nemmeno una sua foto). Credo alle sue parole. Non fosse altro che, in gran parte, sono le stesse delle mie più fondamentali.
I VALORI TRASMESSI DELLA TASMANIA
Caro Tito, leggiamo insieme ciò che Wikipedia di Google.it sintetizza sulla Tasmania, la sua terra natìa …
La Tasmania è conosciuta per i suoi vasti territori selvaggi e accidentati, in gran parte protetti da parchi e riserve naturali. Sulla penisola di Tasman sorge il penitenziario di Port Arthur, risalente al XIX secolo e ora museo all’aperto, mentre nella città portuale di Hobart, capitale dell’isola, i magazzini georgiani di Salamanca Place ospitano gallerie d’arte e boutique. In città si trova anche il Museum of Old and New Art, dal taglio contemporaneo.
Che dirti di più, si capisce che Giusy avrebbe benissimo potuto chiamarsi “Tasmania” poiché la descrive nel profondo.
ISTRIA
Scrivo questa Lettera n. 237 domenica 10 febbraio 2019 …. “Giornata del ricordo, in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati” istituita con Legge n. 92 del 30 marzo 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (GURI) b. 86 del 13 aprile 2004.
Immagino che la famiglia Zelesco sia stata costretta a lasciare l’Istria proprio durante l’esodo giuliano-dalmata, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale quando le truppe jugoslave si sono impossessate dei territori ex-italiani della Dalmazia, compresa la penisola dell’Istria.
Sebbene inconsciamente o per i racconti familiari, va da sé che la vicenda paterna dell’Istria abbia, in qualche modo, segnato il carattere di Giusy rendendolo più forte e deciso.
CALABRIA
Il papà di Giusy riparò in Australia dove sposò la “calabresella silana” che le diede il capolavoro che sappiamo. Poi, ritorno in Italia e varie residenze (tra cui dieci anni a Catanzaro) fino all’approdo a Cosenza, dove Giusy attualmente ha piantato le tende. Definitivamente?
Non sappiamo dirlo adesso, poiché solitamente i genitori (in particolare le mamme) tendono ad andare dove stanno i figli.
IL MOTTO DI GIUSY
Ognuno di noi, generalmente, ha un proprio motto o una idea-guida cui ci ispiriamo nel nostri percorsi esistenziali, specialmente nei momenti più difficili. Quale è il motto di Giusy? Eccolo.
“Il fallimento pianta i semi dei più grandi successi lungo il cammino”. Poi dichiara poco prima di salutarci (dopo la lunga e interessante conversazione telefonica di 46 minuti e 25 secondi): “Questa è la mia linfa, ma è anche un paradosso, lo so, però la chiave di lettura è prettamente personale”.
A Giusy e ai suoi colleghi vada tutta la nostra più affettuosa solidarietà e l’augurio di una definitiva e positiva risoluzione del loro troppo sofferto percorso lavorativo. Mai più precari, ovunque nel mondo! Mai più!
EVIDENZIARE GIUSY PER EVIDENZIARE I PRECARI
Caro Tito, penso che si sia capito che mi sono soffermato a parlare del “personaggio Giusy” soprattutto per evidenziare la lotta che sta conducendo da 23 anni per la stabilizzazione di tutti i precari calabresi.
D’altra parte, nel narrare una storia di lotta è quasi necessario puntare gli occhi su un “eroe” che è alla testa di tanti altri eroi. L’epica si fa sempre insieme. Non c’è eroe isolato che possa vincere una battaglia o l’intera vertenza.
PREMIO “GIGANTI DELLA CALABRIA” AI PRECARI
Giusy è un eroe tra pari (“inter pares” come si suole dire). E a tutti questi epici eroi attuali l’Università delle Generazioni (di cui sono il fondatore-responsabile dal 1993) intende assegnare il Premio GIGANTI DELLA CALABRIA 2019, assieme ad altri personaggi e gruppi sociali che rendono onore alla nostra Calabria e all’universo-mondo!
I “Precari Storici Calabresi” così bene guidati da Giusy Zelesco meritano tale Premio principalmente per la dignità, la tenacia e la forza che ci mettono nel rivendicare i diritti sacrosanti del lavoro. E il Premio viene dato loro anche perché rappresentano l’immenso mondo dei precari, non soltanto italiani. Ed è giusto dare una carezza di solidarietà e di incoraggiamento a tutti, pur assegnando il riconoscimento ai 5000 precari calabresi.
GASPARE STUMPO
L’ufficio-stampa dei “Precari Storici Calabresi” è tenuto, sostenuto e animato dall’entusiasmo e dalla professionalità del nostro collega giornalista Gaspare Stumpo che ho contattato per telefono ieri sera. E’ stato gentilissimo e disponibile alla collaborazione.
Infatti d’ora in poi collaboreremo insieme sia per il pieno successo della loro vertenza sindacale e sia per il MAB-SINDACALE di San Nicola da Crissa. Quando gli ho detto che solidarizzo con loro sia come cittadino sia come ex-precario, ha commentato molto simpaticamente che … io ho fatto parte dei …. “precari preistorici”!
L’EDITORE RIUBBETTINO PER IL PRECARIATO
Caro Tito, ho fatto un lungo giro in internet per vedere come e quanto il precariato venga trattato dai media e, in particolare, dagli editori. Non a caso è proprio il più importate editore calabrese, Florindo Rubbettino (http://www.rubbettino.it/), che sul precariato ha pubblicato più titoli (rispetto ad altre case editrici).
Giusto per dare un’idea, te ne segnalo solo alcuni: Precariato punto e a capo, Precari (storia di un’Italia che lavora), Flessibilità vs Precarietà, Elogio della precarietà, Meglio morto che precario, Generazione (senza) tutto, Il ri(s)catto del presente, Giovani oltre.
5 LETTURE PARALLELE
Caro Tito, per capire meglio i temi che ho appena evidenziato, unisco qui di seguito 4 “Letture Parallele”: 1 – il comunicato stampa del “Comitato Precari Storici Calabresi”; 2 – la nota-stampa del primo MAB-SINDACALE italiano in San Nicola da Crissa (VV); 3- Le prime prenotazioni al MAB-SINDACALE calabrese; 4 – Proposta di un MAB-SINDACALE in ogni provincia (sui giornali cartacei e web del Molise); 5 – La vertenza dei giovani dell’ex-articolo 23 d gennaio a marzo 1989 in Agnone del Molise.
LETTURE PARALLELE
Prima lettura NASCE IL COMITATO PRECARI STORICI CALABRESI (www.costajonicaweb.it – Mercoledì 06 febbraio 2019)
Crisi recessiva, austerity, smantellamento del Welfare hanno favorito – tra la metà degli Anni Novanta e i giorni nostri – l’adozione di provvedimenti che il più delle volte hanno provocato l’aumento spropositato del processo di flessibilizzazione nel mercato del lavoro sia nel settore pubblico che in quello privato. Una situazione che influenzato intere generazioni calpestandone la dignità laddove il disagio economico ed il malessere psicologico sono risultati fattori determinanti nello scadimento delle condizioni personali e professionali dei soggetti coinvolti. Un fenomeno lavorativo e sociale che ha inciso sulla qualità della vita, principalmente sui programmi e sulle attese delle famiglie costrette, purtroppo, a destreggiarsi tra “attività in nero legalizzate” – tirocini, contratti a progetto o a tempo determinato. Una condizione insostenibile, inaccettabile, che per le prospettive poste in essere ha generato frustrazione, insicurezza e disistima. Tra i casi più emblematici (ed eclatanti) c’e’ quello degli ex Lsu/Lpu, un vecchio bacino di lavoratori che attiene alla gestione dei servizi negli enti locali la cui vertenza, soprattutto in Calabria, continua a non trovare soluzioni nonostante l’avvio del percorso di contrattualizzazione. La vicenda ha generato controversie non tanto (e non solo) per la complessità del fenomeno, ma per l’assenza di risposte esaustive in termini politici e tecnico-giuridici da parte dei Governi che si sono susseguiti nel corso degli anni. Mal gestita e strumentalizzata (anche dal punto di vista informativo) la questione è destinata a diventare materia giurisprudenziale. Quello al lavoro, infatti, è un diritto sancito costituzionalmente per cui lo Stato ha il dovere di tutelare i lavoratori quando questi hanno maturato esperienza, formazione e diritti. Non a caso, dopo un lungo periodo di impegno, battaglie e rivendicazioni gli ex Lsu-Lpu hanno ottenuto il riconoscimento alla stabilizzazione occupazionale. Un percorso che per la maggior parte dei lavoratori tarda a concretizzarsi a causa di intoppi derivanti perlopiù dalla mancanza di volontà politica. Dalla necessità di interloquire con le istituzioni e favorire una maggiore conoscenza della problematica è stato costituito il comitato Precari Storici Calabresi. Il progetto, che ha come obiettivo la stesura di proposte anche di natura normativa, è nato dall’esperienza di persone impiegate nella pubblica amministrazione con contratto a tempo determinato, incluse nell’ormai dismesso Bacino degli ex Lsu-Lpu. Ne fanno parte, in rappresentanza delle diverse aree territoriali, Giuseppina Zelesco (che ha assunto il ruolo di presidente), Giusy Pugliese, Giuseppe Perrone, Annarita Corrado, Gabriella Posteraro, Antonio Trifoli, Gaspare Stumpo, Giorgio Verteramo e Giuseppe Nuccio Gallo. Il gruppo è aperto, apolitico e si interfaccia con le forze sindacali e di governo, i partiti e le associazioni di categoria, avendo come obiettivo la conclusione della condizione di precariato per tutti i lavoratori. – stop –
Seconda lettura: IL MAB – MUSEO ARCHIVIO BIBLIOTECA SINDACALE A SAN NICOLA DA CRISSA IN CALABRIA
(Nota-stampa di mercoledì 06 febbraio 2019 ore 09,52)
L’Italia dei Musei può gioire. Infatti, su proposta dell’Università delle Generazioni, sta per nascere il primo “Museo Sindacale” italiano, ad opera dell’ex-sindacalista Bruno Congiustì, nel piccolo paese di San Nicola da Crissa, nella Calabria tirrenica, in provincia di Vibo Valentia.
Per essere più precisi, più che solo museo sarà un vero e proprio “MAB – Museo Archivio Biblioteca” sindacale. Il primo in Italia che accolga tutte le sigle e le esperienze sindacali, organizzate o spontanee. Infatti, finora sono in attività soltanto archivi, biblioteche e musei dedicati o intestati a guide e personaggi del sindacalismo, come la “Fondazione Giuseppe Di Vittorio” della CGIL a Roma.
La prima “MAB Sindacale” italiana utilizzerà intanto il materiale raccolto in decenni d’intensa attività svolta a favore dei lavoratori dallo stesso Congiustì, nato il 20 giugno 1949 proprio a San Nicola da Crissa, sulle propaggini delle Serre di monte Cucco, in questo luogo definito nel 1852 dal re di Napoli Ferdinando II di Borbone “il balcone delle Calabrie” per la vastissima visuale che va dalla Campania di Sapri alla Sicilia dell’Etna e delle isole Eolie. Ed è proprio la più vasta visuale che occorre ad un “MAB sindacale”, il più possibile onnicomprensivo. Infatti, uno dei primi ingressi in tale MAB Sindacale sarà un “gilé giallo” autentico francese.
Bruno Congiustì (che è anche scrittore e porta avanti dal 1995 il quadrimestrale “La barcunata” di cui è fondatore e direttore) si è già messo a lavoro per realizzare almeno un primo nucleo di questo importante quanto impegnativo “MAB Sindacale” e, al momento, non è sicuro di poterlo inaugurare in occasione del prossimo primo maggio, festa dei lavoratori. Spera, però, di poterlo aprire al pubblico entro l’anno in corso.
Tuttavia, essendo questa la prima esperienza di un “MAB Sindacale” generalista, Congiustì chiede aiuto a chi ne sa di più, ma anche a tutti coloro i quali vorranno arricchire il patrimonio documentario di questo primo museo sindacale italiano. Bruno Congiustì risponde ai seguenti recapiti: telefono 339-4299291 (mail: brunocongiusti@libero.it – labarcunata@libero.it) Via Roma 76 – 89821 San Nicola da Crissa VV – Italy.
Intanto Domenico Lanciano, responsabile dell’Università delle Generazioni, scriverà a tutte le Organizzazioni sindacali e affini, italiane ed estere, perché prestino attenzione a tale iniziativa che onora i lavoratori e sindacati e che sarà sicuramente utile alle presenti e alle future generazioni di ogni nazione. Inoltre, chiederà a tutti i sindacati, ai lavoratori e alle istituzioni di realizzare un “MAB Sindacale” in ogni provincia, pure per attrarre studiosi e turisti di ogni genere e nazionalità e, soprattutto, perché non svanisca la memoria umana e storica del lavoro, dei lavoratori e dei loro sindacati. –stop-
Terza Lettura: MAB SINDACALE – TRE PRENOTAZIONI IN 6 ORE (Nota-stampa di giovedì 07 febbraio 2019 ore 11,33)
Ha destato molta curiosità e tanto interesse la notizia della prossima apertura del primo “MAB – Museo Archivio Biblioteca” italiano dedicato a tutti i sindacati, grandi e piccoli, organizzati e spontanei italiani ed esteri nel piccolo paese di San Nicola da Crissa, in provincia di Vibo Valentia, sul versante tirrenico delle Serre vibonesi, in Calabria.
Infatti, il suo creatore e direttore Bruno Congiustì (ex sindacalista della CGIL) comunica che sono state già tre le prenotazioni nelle prime sei ore dal lancio della notizia, apparsa ieri pomeriggio 6 febbraio anche a livello nazionale. Si tratta di uno scrittore che sta scrivendo un libro sul cosiddetto “Pacchetto Colombo”; di un giornalista e di una famiglia.
Inoltre, un sindacalista in pensione G.M. originario di Squillace (CZ) ma residente in Francia ha promesso l’invio di documentazione e cimeli prodotti del suo sindacato negli scorsi 40 anni. E dalla Francia si attendono pure due autentici “gilet gialli” per essere esposti nel primo MAB-SINDACALE italiano.
Riportiamo i contatti di tale originale Museo sindacale italiano e del suo direttore Bruno Congiustì tel. 339-4299291 (brunocongiusti@libero.it) – Via Roma 76 – 89821 San Nicola da Crissa VV – Italy. – stop –
Quarta Lettura MAB-SINDACALI IN OGNI PROVINCIA
http://www.altomolise.net/notizie/attualita/21091/universita-delle-generazioni-lavora-alla-realizzazione-di-un-mab–museo-archivio-biblioteca-sindacale-in-ogni-provincia
Università delle Generazioni lavora alla realizzazione di un “MAB – Museo Archivio Biblioteca sindacale” in ogni provincia (perché non vengano perse le memorie delle lotte di tutti indistintamente i sindacati) – Appello al presidente della Provincia di Isernia, Lorenzo Coia, e al sindaco di Agnone, Lorenzo Marcovecchio – Nota-stampa pubblicata in Agnone del Molise, martedì 05 febbraio 2019 ore 10,57. – Testo:
L’Università delle Generazioni comunica che in Calabria, nel comune di San Nicola da Crissa (VV), ha iniziato a lavorare, assieme all’ex-sindacalista Bruno Congiustì (brunocongiusti@libero.it) e al suo gruppo della rivista “La Barcunata” (labarcunata@libero.it), alla realizzazione del primo “Museo sindacale” italiano e precisamente un “MAB – Museo Archivio Biblioteca sindacale”che accolga e valorizzi la documentazione di tutte le lotte sindacali e civili, espresse spontaneamente dalle popolazioni o dai lavoratori, in modo organizzato, attraverso i sindacati locali e nazionali, nel corso dei secoli e, in particolare, dal 1943 in poi.
L’Italia è attualmente tra le nazioni che hanno più sigle sindacali ed ha anche espresso uno dei più importanti movimenti operai del mondo. Tuttavia, nel nostro Paese, così vivace nell’attivismo sindacale, non esiste ancora un “MAB – Museo Archivio Biblioteca” che riunisca la vita e le lotte di tanti sindacati, piccoli e grandi, aziendali e nazionali. Esistono sì Archivi dedicati a singoli grandi personaggi del sindacalismo per ogni organizzazione e sigla (come, ad esempio, la Fondazione Giuseppe Di Vittorio in Roma, a cura della CGIL) ma non esistono ancora sedi centrali e territoriali dove possano essere ospitati, evidenziati e valorizzati indistintamente tutti i movimenti, piccoli e grandi, che si sono espressi in passato e si esprimeranno in Italia anche in futuro.
Così l’Università delle Generazioni di Agnone del Molise, per difendere il lavoro di chi ha difeso e difende i lavoratori ma anche per raccogliere la storia del lavoro non solo in Italia (visto che abbiamo pure milioni di emigrati e immigrati), avanza la proposta all’attuale presidente dell’Amministrazione provinciale di Isernia, Lorenzo Coia, già sindacalista della CGIL, di realizzare un “Museo Sindacale” nel Palazzo di Via Berta dove, a causa del riordino delle Province, sono rimasti deserti alcuni locali. Stessa proposta vale per tutti gli altri presidenti delle province italiane, in modo tale che si formi una rete museale, archivistica e bibliotecaria specializzata ed utile alle presenti e alle future generazioni, nonché alla Storia d’Italia e del mondo.
L’Università delle Generazioni sono ormai decenni che sollecita in tal senso ex sindacalisti (come Florenzo Anniballe, già assessore regionale) e associazioni spontanee di rivendicazione anche semplicemente socio-culturale (come il Gruppo 38 di Agnone, attivo negli anni 60-70). Inoltre, fa appello a tutte le organizzazioni sindacali italiane, grandi e piccole, di prodigarsi affinché non vada persa la loro stessa esperienza, realizzando un “MAB sindacale” nazionale e territoriale. Prega, ad esempio, il sindacalista molisano Michele Petraroia (già assessore regionale), in missione in Basilicata, di organizzare un “MAB sindacale” a Potenza e, specialmente, a Matera capitale europea della cultura 2019 (anche sindacale).
In particolare, riguardo la città di Agnone, l’Università delle Generazioni fa appello al sindaco Lorenzo Marcovecchio affinché il Comune possa realizzare un “MAB sindacale altomolisano” cominciando a raccogliere nella locale Biblioteca tutto il materiale documentario espresso nelle recenti e sempre attuali rivendicazioni per l’Ospedale Caracciolo, compresi i documenti dei Tassisti romani e le loro magliette di lotta.
Infine, Domenico Lanciano (ideatore del “MAB sindacale”) sostiene che, oltre ai sindacati delle professioni e delle categorie, dovrebbero entrare a far parte del “sindacalismo” pure i movimenti pacifisti, ambientalisti ecc. nonché i gruppi che rivendicano e propongono una spiritualità più umanistica e globale come, ad esempio, il “Centro di Spiritualità non-violenta” del prof. Remo de Ciocchis in Agnone del Molise. Firmato: Università delle Generazioni – stop –
Quinta Lettura LA VERTENZA DEI GIOVANI DELL’EX-ART. 23 DA GENNAIO A MARZO 1989 IN AGNONE DEL MOLISE
Caro Tito, questo è soltanto un breve pro-memoria che, eventualmente, svilupperò per una futura “Lettera su Badolato”. Verso la fine del dicembre 1988 (essendo ancora disoccupato dopo l’avvenuto esilio da Badolato di due mesi prima) in Agnone del Molise mi affidarono ben sessanta giovani tra i 18 e i 29 anni, precarizzati ai base all’articolo 23 della legge finanziaria per il 1989 n. 67 dell’11 marzo 1988 pubblicata dalla GURI – SG – n. 61 del 14 marzo 1988.
Per questi 60 giovani avrei dovuto inventarmi un impegno che durasse dall’inizio alla fine del 1989. Alcuni di loro, già nei primi giorni, mi dissero che erano stati assunti a tempo indeterminato. Chiesi loro di darmi la legge che istituiva il loro cosiddetto “part-time”. La legge, nero su bianco, parlava chiaramente di un impegno per un anno soltanto.
Così chiesi ai 60 giovani se avessero voluto lottare per la stabilizzazione lavorativa, altrimenti sarebbero andati a casa il 31 dicembre 1989. Mi diedero carta bianca. Così, fresco della vicenda (anche giornalistico-mediatica) di “Badolato paese in vendita in Calabria” mi diedi da fare ed ho fatto venire ad Agnone giornalisti della Stampa Estera, giornalisti di altre parti d’Italia, mentre con la stampa molisana tambureggiavo continuamente a favore di questi precari che qualcuno (forse per motivi elettorali) aveva illuso di essere stati assunti per sempre!
Poi, dalla popolare trasmissione mattutina di Rai Radio Due “Chiamate Roma 3131” ottenni un lungo collegamento diretto da Agnone verso la fine di marzo 1989 per trattare la vertenza dei giovani dell’ex-articolo 23 che interessava molte migliaia di casi in tutta Italia.
Invitai tutte le Autorità politiche, istituzionali, amministrative, religiose, militari, ecc. del Molise che parteciparono a tale diretta radiofonica a livello nazionale. Il bravissimo conduttore Rai, il giovane giornalista Gianluca Nicoletti, è stato così abile da costringere il presidente della Giunta Regionale di allora, Enrico Santoro, a promettere che avrebbe prorogato almeno di un altro anno l’ex-art. 23 per tutti i giovani precari del Molise. Così fu.
Però, dopo questo successo, io fui allontanato immediatamente, perdendo questo lavoro (per quanto fossi precario pure io). Peccato che i giovani molisani dell’ex-art. 23 non abbiano voluto continuare a lottare nei 20 mesi rimanenti per essere stabilizzati! Non c’ero più io con loro e non cercarono un altro difensore dei loro diritti. Né i sindacati nazionali se ne vollero occupare.
Dopo un mese, convocai in Agnone tutti i responsabili delle istituzioni del territorio nel contesto della ”Prima Anti-Festa del Lavoro” da me indetta, in modo simbolico e significativo, per il 30 aprile 1989 (il giorno antecedente il primo maggio Festa del Lavoro).
Ma spero che avremo modo di trattare bene tale argomento, pure perché in Sicilia questo “Movimento dei lavoratori dell’ex art. 23” ha lottato per decenni e forse qualche superstite vertenza esiste ancora, dopo 30 anni! – Stop -
SALUTISSIMI
Caro Tito, il dramma dei lavoratori precari è il frutto avvelenato non soltanto della globalizzazione ma anche di politiche governative indegne dei loro ispiratori insaziabili di oro e di sangue! Quando finirà l’iniqua competizione?… mentre invece il mondo in agonia avrebbe urgenza di piena collaborazione e diffusa cooperazione! Ed è con questo augurio di unità di intenti che ti saluto, in attesa della “Lettera n. 238”. Abbracci!
Domenico Lanciano
(Azzurrio Infinito, domenica 10 febbraio 2019 ore 21,48 – Alcune foto mi sono state date dal Comitato Precari Storici Calabresi, mentre le rimanenti sono state prese dal web) – Stop -
Fonte: www.costajonicaweb.it
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