Inserita in Salute il 03/04/2013
da redazione
Fuma il 28% dei diabetici e aumentano gli XXL
Fumare per un paziente diabetico, ancora più che per una persona sana, è come giocare alla roulette russa. Eppure, secondo la fotografia scattata dal rapporto 2012 degli Annali Amd (Associazione medici diabetologi), presentato oggi a Milano, resta incollato alla sigaretta quasi il 28% (27,8%) dei giovani malati di diabete di tipo 1, e il 17% dei pazienti con diabete di tipo 2. In un Paese, l'Italia, in cui nel 2012 era intrappolato nel 'viziò il 20,8% della popolazione generale, il 22,7% nel 2011.
«La percentuale dei fumatori - scrivono gli specialisti nel report sull'assistenza erogata nei centri di diabetologia tricolore nel periodo 2004-2011 - non ha subito variazioni nel corso del tempo».
Ma «si conferma il dato preoccupante dell'elevata prevalenza di fumatori in questa popolazione ad alto rischio».
Aumentano invece i pazienti taglia XXL, quelli «francamente obesi»: secondo i dati 2011, il 9,2% dei diabetici di tipo 1 ha un indice di massa corporea uguale o superiore a 30, in crescita del 14,6% rispetto al 2004, e il 41,7% dei malati di diabete di tipo 2 (+7,3% sul 2004). In compenso gli Annali segnalano, negli 8 anni osservati, un miglioramento nelle cure nei principali indicatori di salute (dal colesterolo 'cattivò Ldl all'ipertensione arteriosa) e nel controllo della malattia. Il rapporto valuta il livello degli esami eseguiti, il tipo di cure erogate e i risultati conseguiti in 320 centri di diabetologia (il 50% di quelli presenti sul territorio nazionale) distribuiti in tutte le regioni italiane, per un totale di quasi 550 mila persone (circa il 20% dei 3 milioni di diabetici italiani con diabete).
«Diciotto degli indicatori valutati negli Annali Amd sono stati sostanzialmente adottati dalla International Diabetes Federation (Idf), e pubblicati nelle Linee giuda Idf 2012 per misurare in maniera omogenea, nel mondo, gli obiettivi di cura del diabete», spiega Carlo Bruno Giorda, presidente di Amd. Il risultato complessivo, osserva Giacomo Vespasani, coordinatore degli Annali e presidente emerito di Amd, «è frutto di una migliorata cura della persona con diabete nel suo complesso, non solo della cura della sua glicemia».
Da un lato le persone con diabete di tipo 2 e valori di emoglobina glicata inferiori o pari a 7% (a target secondo gli standard italiani e le raccomandazioni dell'American Diabetes Association) passano dal 39% al 44% (+12%), e quelle con valore superiore a 8% scendono dal 35% al 27% (-22%), il che significa comunque che i pazienti fuori target sono più di uno su 4. Dall'altro lato si registrano passi avanti sul profilo lipidico e sulla pressione arteriosa, i principali parametri clinici associati alle complicanze cardiovascolari del diabete. Nel periodo 2004-2011 si sono modificati in maniera evidente non solo il monitoraggio del colesterolo Ldl 'cattivò, ma anche l'intensità degli interventi e il raggiungimento degli obiettivi terapeutici. Si è assistito al progressivo aumento della percentuale di persone con diabete cui viene misurato annualmente il colesterolo Ldl (dal 57,2% al 73,8%), all'incremento delle persone con colesterolo Ldl 'a target' (dal 26,2% al 48,1%) e alla riduzione di quelle con colesterolo Ldl superiore a 130 mg/dl (dal 39,6% al 21,7%).
«Conseguenza del maggiore ricorso ai farmaci ipolipemizzanti, in particolare alle statine, il cui impiego è triplicato essendo passata la quota di persone con diabete cui sono prescritti dal 15,9% al 45%», chiarisce Vespasiani. Anche la percentuale di persone in cura con farmaci antipertensivi è praticamente raddoppiata sia per i pazienti in monoterapia (dal 32,2% al 60,4%) sia per quelli in politerapia (dal 17,4% al 35,7%). Si è dimezzata anche la percentuale di persone non trattate, nonostante valori pressori elevati (dal 60,4% al 30,2%). Tuttavia, se l'evoluzione dell'approccio terapeutico ha migliorato nel tempo sia la percentuale di persone con pressione arteriosa minore di 130/80 mmHg (10,8% nel 2004, 17,4% nel 2011) sia quella con valori superiori a 140/90 mmHg (64% nel 2004, 52,9% nel 2011), «questi risultati non sono ancora accettabili e lontani dagli obiettivi di cura indicati dalle linee guida. A tutt'oggi - conclude l'esperto - la percentuale di persone con diabete in cura con i farmaci antipertensivi, ma con valori di pressione non controllati adeguatamente, si attesta ancora su un 56,8%»
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