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Inserita in Cronaca il 16/12/2014 da REDAZIONE REGIONALE

ERICE - LA VITA DI BOSE: UNA DELLE TANTE FANTINE DEL NOSTRO SECOLO

ERICE
In un piccolo villaggio non distante da Benin City, in Nigeria, nel 1976, 38 anni fa, nasceva Uwadia Bose. Era la prima di tre fratelli avuti dalla madre dal primo marito. Una grande festa accolse la sua nascita, come si usa fare nei villaggi africani in cui la vita e la morte sono tra gli eventi più celebrati dalla comunità. Bose crebbe nel suo villaggio, era una vivace bambina e presto, col crescere degli anni, divenne una bella ragazza, molto corteggiata. A scuola Bose si distingueva per la sua allegria e per le sue doti atletiche, a Bose piaceva la corsa e a scuola aveva partecipato alle gare podistiche che l’avevano visto, più volte, primeggiare. Era una ragazza socievole di compagnia. Terminati i primi anni di scuola, Bose comincia un corso di parrucchiera. Avrebbe voluto fare la parrucchiera e guadagnarsi da vivere con questo mestiere che le piaceva molto. Ma la vita si accanisce contro la sua famiglia, il padre abbandona la famiglia e la madre, ancora giovane, resta incinta di due bambini da due uomini diversi. Come per tutte le ragazze della sua età, anche Bose si innamora e da questo rapporto ne esce incinta. Ha appena 17 anni. Vive, pur con difficoltà la sua gravidanza e dà alla luce una bella bimba. Incoraggiata dalla famiglia, Bose continua il corso e si prende cura della bimba. A 20 anni Bose resta di nuovo incinta, ma decide, nonostante tutto, di tenere il bambino e di non abortire. Ma il giovane del quale si era innamorata, il papà dei due bambini, la lascia nel momento in cui avrebbe avuto maggiore bisogno di lui. Il giovane compagno di Bose, parte per la Liberia, in cerca di fortuna, e non ritornerà mai più. E’ questo un periodo difficile per Bose che si sente sempre più sola e con la responsabilità condivisa con la mamma della numerosa famiglia. La famiglia di Bose vive in povertà e ogni giorno deve faticare per portare qualcosa a casa e mantenere i suoi fratellini. Bose si rende conto che le condizioni economiche sono drammatiche. Come fare a mantenere la numerosa famiglia? La famiglia è numerosa e molte sono le bocche da sfamare. Bose ha quattro fratelli, sua madre e i suoi amatissimi figli ancora piccoli ai quali deve garantire un futuro. Bose ha già lasciato il corso per parrucchiera, si prodiga per fare qualsiasi tipo di lavoro, ma le possibilità a lei offerte non garantiscono un futuro sereno alla sua famiglia. Fu così che Bose, come tante ragazze della sua età, e del suo villaggio prese la decisione di andare a lavorare in occidente per mantenere la sua famiglia. Diciassette anni fa, da Benin city, cominciarono a partire tante ragazze allettate dalla possibilità di fare fortuna per se stesse e per la propria famiglia in occidente. L’offerta era rivolta a giovanissime e belle ragazze, da parte di organizzazioni che avevano sperimentato che l’industria del sesso in occidente era un vero business!
Bose per amore dei suoi figli e della sua famiglia intraprese un lungo viaggio con l’organizzazione che l’aveva ingaggiata, arrivò in Marocco dove resterà un anno in attesa di una carretta del mare con la quale raggiunse la Spagna. Era, a sua insaputa entrata nel giro della tratta! Bose era stata ingannata dalla promessa che in occidente avrebbe fatto la parrucchiera, e con il suo lavoro avrebbe pagato il costo sostenuto dall’organizzazione per portarla in Spagna e poi in Italia a Palermo e al tempo stesso avrebbe potuto aiutare i suoi figli e la sua famiglia. Bose non sapeva che non avrebbe potuto abbracciare più i suoi figli e la sua famiglia e che non sarebbe più tornata in patria!
Non sappiamo quanto sia stata in Spagna ma sappiamo con certezza che da lì sarebbe stata mandata a Palermo. Non conosciamo il dramma di questa giovane donna quando si rese conto di essere stata coinvolta in un giro di prostituzione con l’obbligo di pagare il suo “debito”! Da 40.000 sino ad 80.000 €, era il suo riscatto dalla schiavitù del sesso. Ci vollero alcuni anni di duro lavoro in strada per pagare quella somma astronomica per una povera ragazza. Ma quando finalmente si era riscattata da quella schiavitù, Bose non poteva tornare a mani vuote, doveva mandare soldi per i suoi figli e per la sua famiglia! Si rivolse prima alla comunità “incontro” di Bagheria, poi al “Pellegrino della terra” ma non riuscì a trovare un lavoro che le consentisse di sostenere il peso della famiglia. Tentò di trovare lavoro anche a Firenze dove conobbe il suo ultimo compagno da cui rimase incinta. Il suo soggiorno a Firenze durò poco, dopo 4 mesi volle ritornare con il suo compagno a Palermo, dove partorì le sue due amate gemelline Goodness e Mercy. La famiglia si era allargata, nel suo appartamento di Palermo viveva con le due gemelline, con il compagno, a cui si aggiunse anche il fratello e suo cugino. 5 volte la settimana Bose andava in trasferta a Trapani alle sette di sera e ritornava il mattino seguente.
Lunedì del 23 dicembre dello scorso anno, Bose volle prepararsi a vivere in famiglia la vigilia di Natale, e con le sue bambine, la mattina di quel giorno, l’ultimo giorno della sua vita, andò dal parrucchiere per farsi bella, non sapeva Bose che quell’incontro con le sue gemelline sarebbe stato l’ultimo incontro della sua vita. Quella mattina del 23 dicembre, Bose fece compere per prepararsi al pranzo di Natale con la sua famiglia. E come ogni Natale il suo pensiero andava alla sua famiglia in Africa e ai suoi figli che non aveva visto crescere in tutti quegli anni, ma che erano stati il suo costante pensiero, una parte del suo cuore era rimasto al villaggio e là avrebbe voluto un giorno ritornare. Bose aveva, infatti, programmato per l’anno successivo di tornare al villaggio per riabbracciare i figli con i quali si parlava spesso per telefono ma che non aveva più potuto vedere. Alle sette, come ogni sera, Bose salì sul pullman che l’avrebbe portata a Trapani, quella sera Bose aveva cominciato a pregustare la notte di Natale con la sua famiglia a Palermo. Ma quella notte non sarebbe stata come le altre, quella notte Bose avrebbe incontrato la morte, una morte atroce, che avrebbe spezzato per sempre i suoi sogni !!!
nino rocca
vivian wiwoloku
P.S.: Uscire dalla tratta non significa soltanto pagare il debito alla organizzazione che tiene schiave le ragazze nel mercato del sesso, significa anche riconquistare la propria dignità con un lavoro che consenta alle schiave del sesso di uscire dal mondo della prostituzione i cui meccanismi rimangano sempre legati allo sfruttamento e alla schiavitù dei suoi inevitabili padroni. L’industria del sesso, la terza nel mondo, per profitto, dopo il mercato delle armi e della droga, ha le sue inderogabili leggi di mercato, lo sfruttamento delle operaie del sesso, fa parte delle condizioni senza le quali non esisterebbero le grosse organizzazioni criminali che la gestisce. La vita di Bose assomiglia molto alla vita delle tante ragazze che come la Fantine dei “Miserabili” di Victor Ugo, subiscono il ricatto di un sistema per cui, il prezzo della loro maternità diventa la schiavitù del sesso.
e di tutte le vittime delle tratte
giovedì, 18 dicembre 2014 - ore 09:45
Lungomare Dante Alighieri
(angolo via Garaffa - Consorzio Universitario)
Ci pregiamo invitare la Signoria Vostra Illustrissima
alla giornata commemorativa in onore di Mamma Bose
Saluti, Interventi / Testimonianze programmate:
Giacomo TRANCHIDA - Sindaco di Erice
Leopoldo FALCO - Prefetto di Trapani
S.E. Pietro FRAGNELLI - Vescovo di Trapani
Marcello VIOLA - Procuratore della Repubblica di Trapani
Vivian WIWOLOKU - Presidente Associazione "Pellegrino della Terra"
Nino ROCCA - Coordinamento Anti-Tratta Favour e Loveth Palermo
Luca GIRARDI - Dirigente Ufficio Scolastico provinciale
Maximo BOSE - fratello di Mamma Bose
Claudia D´AMICO - Baby Sindaco di Erice
Con la partecipazione di una rappresentanza degli studenti delle Scuole ericine e delle profughe nigeriane ospiti presso il Centro Sprar di Erice.
Programma
Deposizione della corona d’alloro
Interventi Autorità / testimonianze
Tromba / silenzio VI Reggimento Bersaglieri Trapani
Scopertura della targa da parte di Maximo Bose, fratello di Mamma Bose


 

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