Inserita in Cronaca il 22/03/2013
da redazione
“Giuseppe Montalto è stato una vittima del dovere”
“Vittima del dovere”. Non è stata l’unica purtroppo, nella lunga storia di Cosa Nostra in provincia di Trapani ed in Sicilia. È stato il destino di Giuseppe Montalto, freddato dai killer la notte del 23 dicembre 1995 nella frazione di Palma, davanti alla casa del suocero, presenti la moglie Liliana Riccobene, allora incinta, e la figlia di dieci mesi. Aveva poco più di 30 anni. Il processo scaturito dall’omicidio dell’agente Montalto si è concluso con la condanna all’ergastolo, come esecutore materiale, di Vito Mazzara. Il delitto era stato inizialmente considerato un avvertimento della cupola mafiosa riguardo al trattamento dei boss nelle carceri.
Qualche anno dopo però il collaboratore di giustizia Francesco Milazzo aveva rivelato che il movente che aveva decretato la condanna a morte di Giuseppe Montalto era stato il sequestro di pizzino fatto arrivare al carcere dell’Ucciardone di Palermo al boss Raffaele Ganci. La vicenda giudiziaria si è dunque conclusa, il nome di Giuseppe Montalto fa parte oggi del lunghissimo elenco delle vittime di mafia ma è un nome destinato ad essere ricordato a lungo in un luogo dove verità e giustizia dovrebbero essere garantite. Si è infatti svolta ieri la cerimonia di intitolazione dell’aula bunker del carcere di San Giuliano all’agente trapanese. Un momento improntato su una composta solennità, dettata dal ricordo di un uomo che non è stato un eroe ma semplicemente un poliziotto animato dal senso del dovere, uno di quelli che il proprio dovere lo ha fatto fino in fondo. Ma ieri mattina, nel ricordarlo, non sono mancati gli spunti di riflessione.
Particolarmente duro l’intervento del sostituto procuratore Andrea Tarondo, pubblico ministero con Ignazio De Francisci nel processo per l'omicidio Montalto. “E’ stato lasciato solo – ha detto il magistrato – perché se Giuseppe Montalto ha fatto il suo dovere, altri agenti si sono invece voltati dall’altra parte. Lo ha ucciso dunque chi lo ha lasciato da solo a raccogliere quel biglietto. Ma questo destino è toccato anche ad altre vittime di mafia. Il giudice Gian Giacomo Ciaccio Montalto, ad esempio, aveva nella stanza accanto un collega che parlava con la mafia”. L’intervento di Tarondo è stato pienamente condiviso dal giudice Piero Grillo.
“Se tutti avessero fatto il proprio dovere – ha detto – Giuseppe Montalto non sarebbe morto”. L’intitolazione dell’aula bunker del carcere di Trapani ha fatto da preludio alle manifestazioni organizzate dall’amministrazione comunale di Erice e dal coordinamento provinciale di Libera, per commemorare le vittime della strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985, in occasione del 28esimo anniversario. Il sindaco Giacomo Tranchida, nel corso del suo intervento, ha sottolineato di notare “un arretramento nella lotta alla mafia in termini di progetti ed occupazione. La disoccupazione – ha detto il primo cittadino – è un elemento che da sempre favorisce la criminalità”. La vedova dell’agente Montalto, Liliana Riccobene, ha invece ringraziato con tono commosso tutti i presenti, intervenuti alla cerimonia. Ha anche sottolineato tra le assenze quella del sindaco di Trapani, Vito Damiano, anche se non c’era nessun tono polemico nelle sue parole.
Michele Caltagirone
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