Inserita in Economia il 07/03/2013
da redazione
Famiglie bastonate come le piccole e medie imprese
«Questo momento di grande difficoltà economica ha portato a una forte contrazione della domanda fino ad intaccare gli acquisti di beni di prima necessità. E’ inutile girarci attorno, siamo in piena recessione cioè forte contrazione della domanda e, come lo chiamano gli economisti, in pieno “raffreddamento di produzione”. In soldoni non si acquista e quindi non si sa per chi produrre. In questa situazione i maggiormente colpiti sono le fasce più deboli e le micro e piccole imprese»
Ad affermarlo è il presidente dell’API (Associazione Piccole e Medie Imprese) Ninni D’Aguanno intervistato relativamente al cambiamento di rotta sui consumi dei trapanesi. Quali azioni sarebbero state necessarie per evitare il collasso? «Il governo nazionale non avrebbe dovuto imporre una politica così restrittiva per migliorare il deficit di bilancio. O almeno non solo quella. Avrebbe dovuto dare respiro e speranza intervenendo con incentivi di sviluppo. Certamente ci vuole rigore nei conti ma i debiti si pagano con la produzione e lo sviluppo e non solo con l’aumento della pressione fiscale. Sono leve che, a mio parere, dovevano essere usate con molta cautela ed equilibrio» Cosa è mancato? «Un confronto più aperto e leale tra mondo dell’imprenditoria , quello sindacale e la politica.
E’ sotto gli occhi di tutti– incalza D’Aguanno - la necessità di risolvere un controsenso: noi imprenditori paghiamo i salari tra i più alti d’Europa e i nostri dipendenti percepiscono buste paghe tra le più basse d’Europa. Questa contraddizione si chiama “cuneo fiscale” che porta gli imprenditori a non riuscire più a pagare gli stipendi e i dipendenti a non arrivare alla fine del mese. In questo “mare di mezzo” c’è il fallimento del sistema produttivo italiano: la eccessiva burocrazia, corruzione (che tocca i livelli fra i più alti al mondo), evasione fiscale (che equivale a diversi punti di PIL ), costo della politica, la non certezza del diritto (cause civili) e, non ultimo, facendo autocritica, il costo delle strutture gestite da alcune associazioni imprenditoriali e sindacali: in edilizia, ad esempio, le Casse Edili che hanno ormai perso di vista il fine per il quale erano state create nel dopoguerra. Oggi, infatti non garantiscono più né imprenditori, né lavoratori.
Sono solamente garanzia di un enorme “stipendificio” che grava sulla busta paga di ogni mese. Manca, inoltre, - continua D’Aguanno – un confronto vero e concreto con le istituzioni ai più vari livelli per ridisegnare il patto di stabilità. Un patto che, come concepito oggi, è infernale e a mio parere rasenta l’incostituzionalità. E’ un paradosso. Gli enti pubblici hanno i fondi in giacenza ma non possono erogarli per non sforare il patto di stabilità. E nel frattempo cosa succede? Le imprese falliscono e la disoccupazione raggiunge livelli mai visti dal dopoguerra».
Cosa fare?«E’ cambiato il vento o come si dice dalle nostre parti è “finito il film”. Ognuno di noi si prenda la propria responsabilità e metta la faccia in quello che fa o è chiamato a fare. In qualità di presidente delle Piccole e Medie Industrie di questa provincia sono pronto a metterci la mia. Invito tutti i rappresentanti delle forze produttive a uscire dai salotti che per troppo tempo forse abbiamo frequentato e tornare a occuparci dell’economia reale con senso di responsabilità».
M.A.
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