Inserita in Tempo libero il 15/04/2022
da Direttore
l’associazione Pks Italia e ANAS sono riuscite a portare in salvo Oxana e sua figlia da Cherson
“Tramite una mamma che vive nel nord-ovest dell’Ucraina sono venuta a conoscenza che Oxana e sua figlia affetta da pks si trovavano in difficoltà. Stavano rischiando la vita, ma avevano vergogna a chiedere aiuto”.
Samanta Carletti, dieci anni fa ha deciso di fondare l’associazione pks Italia e, attualmente, segue famiglie in Italia e in Europa. Quando è iniziata la guerra in Ucraina si è da subito mobilitata per aiutare persone con disabilità a scappare.
Pks, Pallister- Killian, è una sindrome polimalformativa. Può comportare problematiche a tutti gli organi, in particolare ritardo cognitivo e motorio. Il ventaglio può essere molto ampio. L’associazione di Samanta è a conoscenza della presenza di circa 400 bambini nel mondo che soffrono di questa sindrome, tuttavia è probabile che siano molti di più.
Come sei riuscita a metterti in contatto con Oxana?
“Dal primo momento in cui è scoppiata la guerra il mio pensiero costante era: come faranno le famiglie con bambini disabili? Come faranno ad andare al confine? Ci sono molte famiglie che hanno bambini che dipendono dalle macchine o che non possono camminare. Loro non possono prendere e scappare. Cercare famiglie con bambini che soffrono di pks è diventata una missione. Le strade che potevo percorre erano due: contattare medici che hanno fatto ricerche su pks o trovare qualcuno che potesse avere il contatto di queste famiglie. Ho deciso di seguire la seconda: in un momento di guerra magari i medici non si trovavano a lavoro e non avevano la documentazione con loro. Ho trovato, quindi, una mamma ucraina che vive in Spagna e mi ha dato i contatti di tre famiglie in Ucraina”.
Quando le hai contattate ti hanno risposto tutte e tre le famiglie?
“No, mi hanno risposto solo due famiglie. Una si trova a Kiev, ma non voleva lasciare la casa, l’altra vive nel nord ovest dell’ucraina e non stava correndo rischi. Quest’ultima mi ha dato il contatto di Oxana”.
Oxana dove si trovava?
“Stava al nono piano di un palazzo a Nova Kakhovka sola con la sua bimba. Non aveva elettricità e non poteva uscire di casa. Ha raccontato che chi aveva provato ad andare via non ce l’aveva fatta. Si trovava in trappola, l’unica via per scappare era affidarsi a un gruppo di persone che chiedevano 1200 euro e sarebbero passate dalla Crimea per andare in Russia, per poi arrivare a metterli in salvo. Un percorso rischioso e oltretutto pagare per essere salvati non vuol dire riuscire ad arrivare ad essere prelevati. Ci sono persone che si stanno approfittando di questo momento e dell’istinto di sopravvivenza delle persone”.
Nova Kakhovka si trova a soli 50 km da Cherson, città dell’Ucraina meridionale occupata dai russi.
Come è stata organizzata questa missione umanitaria?
“Mi sono messa in contatto con Claudio Cugusi, presidente dell’unità di crisi in Ucraina di ANAS, e sin da subito ha dato la sua disponibilità, è riuscito a coordinare perfettamente tutto. Sembrava una missione impossibile, ma la speranza di riuscire a mettere in salvo questa famiglia non ci ha mai abbandonati. Sono stati due giorni in cui non ho dormito, anche con Claudio cercavamo di dirci il meno possibile. La paura che potesse succedere qualcosa non era da sottovalutare. Di solito la sera ricevevo notizie attraverso le altre mamme perché Oxana ha dovuto disattivare tutte le app dal telefono per paura dei russi. Ci sono tanti posti di blocco e i russi controllano i telefoni. Aspettavamo notizie con il cuore in gola”.
Ora Oxana e la figlia dove sono?
“Sono al confine ucraino dalla parte della Romania a casa della nonna. A breve, ci raggiungeranno in Italia. Saranno accolte a Bologna e la bimba sarà seguita da un’equipe di medici che sin da subito ha dato disponibilità”.
I volontari hanno raggiunto Oxana e la figlia martedì 12 aprile. Per arrivare al confine con la Romania ci sono voluti due giorni. Il viaggio è stato più volte interrotto dai bombardamenti e, spesso, era necessario procedere a passo d’uomo. Nonostante le difficoltà, la famiglia è stata portata in salvo.
Come ti immagini l’incontro con questa famiglia?
“Ogni tanto ci penso, ma non riesco a immaginarmi le emozioni che proverò. Non avrei mai immaginato che avrei organizzato una missione di questo tipo e la gioia di essere riusciti a portare in salvo una famiglia è tanta. Oggi, mi sento una persona migliore rispetto a tre giorni fa”.
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