Si chiamavano Antonio Fortunato, 35 anni;
Matteo Mureddu, 26 anni; Davide Ricchiuto, 26 anni; Roberto Valente, 37 anni;
Gian Domenico Pistonami, 26 anni; Massimiliano Randino, 32 anni; i soldati
italiani appartenenti alla Brigata Folgore del 186° e 187° reggimento e del
183° battaglione Nembo morti nell’attentato terroristico di Kabul il 17
settembre 2009.
Una tragedia ormai dimenticata dai mass media ma che ha tragicamente devastato la vita di sei famiglie. Poco si sa nelle aule scolastiche di come vivono, di quale compito hanno i nostri contingenti nelle arie più a rischio del mondo. Eppure sarebbe molto educativo riuscire ad avviare programmi formativi a distanza tra scuola e contingente in missione di pace all’estero per conoscere le modalità operative e i rischi effettivi dei nostri militari.
Attualmente come è possibile riscontrare dal dossier della Camera sulla “Autorizzazione e proroga missioni internazionali nell’anno 2019” «la consistenza massima annuale complessiva dei contingenti delle Forze armate impiegati nei teatri operativi è pari 7.343 unità (quasi 3.500 uomini sono dislocati in Asia), impiegate in quarantacinque missioni internazionali”.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani invita a mantenere viva la memoria della strage di Kabul e a considerare il valore civico dei nostri militari impegnati in azioni umanitarie.
Partendo dall’art. 11 della Cost. docenti e studenti potrebbero tracciare un percorso didattico atto a favorire la conoscenza dell’importanza della mediazione nelle missioni di pace internazionali.
“Vi sono principi di libertà, di rispetto delle persone e dei loro diritti che non possono essere negati e neppure negoziati.” (Sergio Mattarella, Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia del Ventaglio, 2016)