Inserita in Cronaca il 08/09/2020
da Rossana Battaglia
100 anni fa il terremoto che scosse l’Italia del Nord
100 anni fa il terremoto che scosse l’Italia del Nord
Gianluca Valensise (INGV): “In questi cento anni il patrimonio abitativo della Garfagnana e della Lunigiana è molto cambiato, soprattutto perché una serie di terremoti “minori” hanno svolto un ruolo di campanello d’allarme nei confronti della vulnerabilità del costruito, innescando un circuito virtuoso che ha coinvolto sia lo stato centrale, sia soprattutto le amministrazioni locali”.
Francesco Stragapede della SIGEA Toscana: “In Toscana sono ben oltre 61 i comuni che si sono già dotati dei primi strumenti di analisi sulle condizioni di pericolosità sismica del territorio, e ulteriori 38 sono in attesa di approvazione degli studi già approntati; 14 comuni dispongono già di analisi avanzate di terzo livello”.
Antonello Fiore (Presidente Naz. SIGEA): “l’Italia un Paese fragile, un Paese con esperienza storica documentata ma testardamente impreparato. Il nostro Paese è caratterizzato da un edificato storico e un patrimonio edilizio e infrastrutturale vecchio e vulnerabile”.
“Il terremoto della Garfagnana e Lunigiana del 7 settembre 1920, di cui ricorre il centenario, colpì duramente l’alta Valle del Serchio, sul versante orientale delle Alpi Apuane, tra le province di Lucca e Massa Carrara, causando almeno 170 vittime e numerosi crolli. Arrivò come ultimo evento di una tragica sequenza che aveva sconvolto l’Appennino centro-settentrionale, colpendo l’area di Rimini nel 1916, l’area di Monterchi-Citerna nel 1917 (alta Valle del Tevere), l’area dell’alto forlivese in prossimità di Santa Sofia nel 1918, e il Mugello nel 1919, in una progressione da est a ovest. Questa sequenza apparentemente infinita si era inserita nel dramma economico e sociale rappresentato dalla fine della I Guerra Mondiale, esacerbandone gli effetti e generando ulteriore, morte, disoccupazione e povertà.
Si è trattato anche del terremoto più forte - o comunque di uno tra i più forti - di tutta l’Italia centro-settentrionale. Lo testimoniano sia la magnitudo, stimata a 6.5 grazie agli strumenti della nascente rete sismica italiana sia l’estensione del danneggiamento”. Lo ha dichiarato Gianluca Valensise, Dirigente di Ricerca presso l’INGV.
“Tuttavia, grazie ai recenti avanzamenti della sismologia italiana propri di quegli anni, il terremoto potè essere studiato con grande accuratezza, diventando un vero caso di studio dei forti terremoti a scala europea. In questi cento anni il patrimonio abitativo della Garfagnana e della Lunigiana - ha proseguito Valensise- è molto cambiato, soprattutto perché una serie di terremoti “minori” hanno svolto un ruolo di campanello d’allarme nei confronti della vulnerabilità del costruito, innescando un circuito virtuoso che ha coinvolto sia lo stato centrale, sia soprattutto le amministrazioni locali. Oggi probabilmente questa è una delle aree sismogenetiche che sono state meglio curate rispetto al possibile verificarsi di futuri forti terremoti, e se ne è già avuta prova durante alcuni recenti terremoti di magnitudo intorno a 5.0 che non avuto effetti del tutto trascurabili”.
“Il centesimo anniversario del Terremoto di Garfagnana e Lunigiana del 7 settembre 1920 deve rappresentare una occasione per diffondere le conoscenze a oggi acquisite sul territorio e per illustrare, non solo agli addetti ai lavori, gli strumenti disponibili dalla comunità scientifica che consentono di ridurre gli effetti e gli impatti di un sisma sul territorio naturale, sul patrimonio artistico, sull’edificato e sul tessuto sociale.
Solo con la conoscenza della locale pericolosità e l’approntamento di meccanismi che portano a una maggiore resilienza è possibile ridurre la vulnerabilità del nostro territorio - ha affermato Francesco Stragapede, Referente per la Toscana della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA) - condizione che oggi gli strumenti di pianificazione predispongono per la progettazione d’interventi di miglioramento sismico degli edifici e delle infrastrutture, e per conferire alle realizzazioni umane le adeguate e richieste caratteristiche prestazionali. Con gli studi di Microzonazione Sismica, redatti da attività di professioni dedicate e di supporto alla pianificazione territoriale, si può progettare e recuperare un sistema in grado di mitigare il rischio sismico, inteso a conferire adeguati gradi di sicurezza alla salvaguardia della vita, alla conservazione del patrimonio culturale, alla tutela delle radici storiche e sociali ed economiche locali, attraverso il miglioramento sismico dell’esistente e nuove tecniche di realizzazione edilizia e di potenziamento infrastrutturale, con nuovi e più efficienti strumenti di analisi e modellazione.
In Toscana sono ben oltre 61 i comuni che si sono già dotati dei primi strumenti di analisi sulle condizioni di pericolosità sismica del territorio, e ulteriori 38 sono in attesa di approvazione degli studi già approntati; 14 comuni dispongono già di analisi avanzate di terzo livello, con dettaglio sul territorio urbanizzato e urbanizzabile che consente di promuovere azioni di prevenzione sismica efficace sia sull’esistente che sul quanto sarà progettato nel prossimo futuro”.
In Italia patrimonio edilizio e infrastrutturale vulnerabile.
“Abbiamo più volte ricordato e lo faremo in ogni occasione che il rischio sismico trova l’Italia un Paese fragile, un Paese con esperienza storica documentata ma testardamente impreparato. Il nostro Paese è caratterizzato da un edificato storico e un patrimonio edilizio e infrastrutturale vecchio e vulnerabile, nella maggior parte dei casi non in grado di resistere alle azioni sismiche che sono attese in quella porzione di territorio. Le comunità colpite da un sisma severo, lo vediamo con l’Italia centrale, non solo piangono i loro morti – ha concluso Antonello Fiore, Presidente Nazionale della Sigea - morti che devono essere ricordati come volti, come vite cancellate e non solo con numeri e percentuali, ma perdono le prospettive di crescita e sviluppo che sino a quel momento avevano creato e prospettato; dopo un terremoto severo cambia l’aspetto tradizionale, l’economia e l’identità delle comunità, fino a diventare da luoghi vivaci a luoghi abbandonati senza più prospettive. La perdita identitaria, le modifiche ambientali, il danneggiamento strutturale degli edifici e la perdita del patrimonio artistico, l’impatto sull’economia locale e l’effetto sulla struttura sociale, costituiscono tutti elementi che richiedono azioni di prevenzione.
In un Paese come l’Italia dove il 75.2 % delle famiglie risiede in abitazioni di proprietà (fonte "Gli immobili in Italia 2019". MEF e Agenzia delle Entrate) con un valore abitativo che supera i 6.000 miliardi di euro e 8.8 % del Pil è destinato alla spesa sanitaria pubblica e privata (fonte "State of Health in the EU Italia Profilo della Sanità 2019” Commissione Europea), con 7.8 milioni d’italiani che s’indebitano per pagare cure e servizi sanitari e quasi 3 milioni che per farlo vendono casa (fonte VIII Rapporto RBM-CENSIS sulla Sanità Pubblica, Privata e intermediaria) - quindi grosse spese volte a tutelare la vita e migliorare il nostro benessere - è incomprensibile che non si riesca a tutelare le nostre vite, e quelle dei nostri cari, nelle nostre case, nelle nostre scuole, nei luoghi aperti al pubblico.
Dobbiamo lavorare tutti insiemi per far un passo avanti, per far si che la necessità, ovvero - la condizione d’impossibilità di fare diversamente -, di un adeguamento sismico del costruito, del comportamento di auto protezione, necessità imposta da norme o da procedure, diventi un bisogno, ovvero "mancanza di qualcosa che sia indispensabile o anche solo opportuna, o di cui si senta il desiderio", che i cittadini devo sentire loro, che nasce dal loro interno dalla loro sensibilità e consapevolezza accresciuta. Un bisogno che nasce dentro di sé e per sé e non una procedura amministrativa o un ostacolo ai propri progetti.
Come Sigea ci impegnamo nelle ricorrenze per tenere alta l’attenzione su un tema vitale e strategico per il Paese; così anche in quest’occasione abbiamo voluto organizzare a Fivizzano per il prossimo 18 settembre un Convegno inteso a “conoscere” e “ricordare” il terremoto del 7 settembre 1920, come strumento di condivisione culturale per una prevenzione efficace.
L’impegno della Sigea continua, e continuerà, senza sosta per una prevenzione efficace dai rischi derivanti da pericoli naturali. Il nostro impegno è per contrastare ogni forma di fatalismo e rassegnazione”.
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