Inserita in Cronaca il 23/06/2020
da Rossana Battaglia
Commemorazione omicidio giudice Mario Amato
Il Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani vuole ricordare la figura del giudice Mario Amato, impegnato, durante la fine degli anni ’70, a indagare i casi connessi al terrorismo nero. Il magistrato fu ammazzato con una colt calibro 38, la stessa arma probabilmente utilizzata, secondo il Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche, per l’omicidio di Piersanti Mattarella, la mattina del 23 giugno del 1980 da un esponente del Nuclei Armati Rivoluzionari qualche settimana prima della Strage di Bologna in quanto le sue indagini stavano facendo emergere un pericoloso accostamento tra i gruppi armati dell’estremismo di destra e di sinistra correlati alla Banda della Magliana. Il magistrato era un uomo molto dedito al lavoro; non aveva tempo neanche di comprare un paio di scarpe: una foto del suo corpo esamine evidenzia un buco nella calzatura sinistra. La solitudine in cui operava si evince anche da simili particolari: non aveva collaboratori, non aveva un pool, non aveva guardie del corpo e soprattutto non aveva auto blindate, ma prendeva l’autobus come un comune cittadino, nonostante, consapevole dei rischi cui sarebbe andato incontro per la portata delle verità alle quali stava approdando, avesse chiesto supporto e uomini al suo seguito. Paolo Cenni, suo amico, riferisce in un’intervista una frase di Amato: “Quando vado in udienza mi accorgo che vengo osservato. Vogliono capire quanto ho capito, quanto so” Rimase in balìa di forze superiori, perverse, interne al mondo politico. Come tanti suoi colleghi. Perché oggi parlare proprio di lui ai giovani? Perché è stato fedele ai suoi doveri di cittadino e funzionario dello Stato, perché l’idea di legalità è fondamentale per la crescita di ogni individuo, perché il coraggio è fare il proprio dovere. Perché la verità è sempre illuminante anche quando è scomoda. «Sto arrivando alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle degli stessi esecutori materiali degli attentati» (Mario Amato)
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