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Inserita in Un caffè con... il 01/08/2019 da Cinzia Testa

Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!

Quando si pensa all’Italia, terra ricca di contrasti politici, non si può fare a meno di pensare alle attualissime parole del sommo poeta:

Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!

Il nostro caro Dante c’aveva visto lungo e le sue parole sono esempio del fatto che l’Italia è sempre stata terreno fertile per dissidi e spaccature?

Nel 6° canto del Purgatorio Dante si lancia in una vera e propria invettiva contro l’Italia del suo tempo, lacerata da lotte intestine, nido di corruzione e di decadenza, luogo di sofferenza, priva di governatori autorevoli e ricca di provvedimenti “ch’a mezzo novembre non giugne quel che tu d’ottobre fili” (cioè che non fanno in tempo a nascere che finiscono).

Questa descrizione non suona familiare?

Guelfi e ghibellini, comuni e signorie, regni e repubbliche, da sempre la storia ci insegna quanto sia difficile unire tutti sotto una terra comune per condividere gli stessi princìpi. Adesso, nel 2019, ci ritroviamo a districarci tra i disaccordi di pentastellati e leghisti che sembrano non avere mai fine. Uno dei temi più dibattuti degli ultimi giorni, emblema di dissidi e scissioni, è quello delle autonomie differenziate, che rimanda alla seria questione delle divisioni interne al nostro paese.

Il dibattito sull’autonomia differenziata – che coinvolge Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna e riguarda l’attribuzione a queste tre regioni di una serie di maggiori competenze – è una potestà riconosciuta dall’articolo 116 della costituzione dopo la modifica avvenuta con la riforma costituzionale del Titolo V approvata nel 2001.

Tale riforma, frenata diverse volte perché non riscontra il consenso di tutti, comporterebbe l’autonomia delle regioni in diversi ambiti: fisco e fiscalità locale, sanità, infrastrutture e trasporti, beni culturali e istruzione.

E quello dell’istruzione è proprio uno dei temi più caldi che fa discutere: una regionalizzazione comporterebbe una totale scissione tra sud e nord che aumenterebbe lo squilibrio e il dissesto del nostro sistema scolastico. Le regioni del nord, più ricche, avrebbero la possibilità di aumentare gli stipendi degli insegnanti, di riorganizzare le infrastrutture e di ammodernare corsi di studio garantendo una preparazione migliore agli studenti. Sul piano pratico, questo che sembra semplicemente un elenco di elementi positivi, ha un rovescio della medaglia: la situazione delle scuole del sud. Infatti, il meridione, non possedendo le stesse risorse del nord Italia rimarrebbe pericolosamente indietro aumentando così il gap culturale nord/sud. La trattativa all’interno del governo si è arenata proprio sul punto delle assunzioni nella scuola, che per la Lega dovrebbero essere consentite da parte delle regioni, mentre il presidente Conte ha già dichiarato l’indisponibilità da parte del governo.

E’ giusto creare fratture in un territorio che dovrebbe muoversi sinergicamente?

Avidità e individualismo sono soltanto fonte di rovina, l’unico modo per cambiare rotta è navigare avendo una meta comune.

A cosa andremo incontro con provvedimenti così barcollanti che cambiano e ricambiano prima di diventare concreti? Una terra dominata dall’indecisione non porterà a nulla di solido. Come ci ricorda Seneca “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”.

Altri popoli hanno costruito la loro ricchezza grazie all’unione, al patriottismo, a un forte senso di identità. Cerchiamo di prendere esempio ricordando il nostro passato: siamo tutti figli della stessa terra, rappresentati dagli stessi colori: verde come le nostre pianure, bianco come le nevi delle Alpi e degli Appennini e rosso come il sangue versato dai nostri compratrioti per l’unione della nostra terra.

Sì’ perché per la nostra unione e per la nostra indipendenza abbiamo lottato, fino a costruire un’identità ben definita. La nostra terra, molto spesso percossa da svariarti contrasti politici, ci ricorda proprio una nave che naviga in alto mare priva di un capitano. Ma dobbiamo tenere a mente la storia, per saper cosa fare oggi, le fratture ci hanno unito. Proprio il nostro vessillo è frutto di una rivendicazione patriottica contro il dominio straniero. Infatti porta con se i valori dell’uguaglianza, della democrazia, della fraternità e della legalità, gli stessi valori per cui hanno lottato i francesi alla fine del 1700 e gli Americani nello stesso periodo, non dimentichiamolo.



Cinzia Testa

 

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