Inserita in Cultura il 20/04/2019
da Direttore
Sabato santo: il silenzio e l´impegno. Le parole del vescovo a conclusione della processione dei misteri di Trapani
Conclusione della processione dei Misteri 2019 Intervento del vescovo di Trapani Pietro Maria Fragnelli
Carissimi,
al termine della processione le parole non possono dire tutti i sentimenti che i trapanesi e gli ospiti della nostra città, insieme al Vescovo, hanno provato in questa sacra rappresentazione che anche quest’anno abbiamo vissuto. È più giusto far parlare il silenzio, che avvolge tanti momenti di questo nostro cammino penitenziale insieme a tutti i personaggi del Calvario di Gesù.
Il Crocifisso e la solitudine del morente
Nei vangeli si registra che “attorno al Crocifisso sono in molti a parlare: i passanti, i sacerdoti, le guardie, i due ladroni. Tutti parlano di Gesù e contro Gesù, ma Lui tace. Rivolge una domanda al suo Dio (‹‹Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?››) che cade nel silenzio. Muore con un grido senza parole: ‹‹Ma Gesù, dato un forte grido, spirò››. … Il Padre parlerà, ma dopo, con la risurrezione. La Croce è il momento in cui tocca al Figlio manifestare tutta la sua fiducia nel Padre. Tocca al Crocifisso manifestare fino a che punto un Figlio di Dio condivide l’esperienza del silenzio che l’uomo incontra davanti al suo Dio. Tocca al Crocifisso rivelare fino a che punto giunge l’amore di Dio. Tutta questa sorprendente rivelazione è racchiusa nel silenzio di Gesù sulla Croce”[1].
Proprio il silenzio di Gesù sulla croce ha scavato l’anima della Madonna e di Giovanni evangelista. Con loro due entriamo in tutte le forme di silenzio della nostra vita contemporanea, a Trapani e nel mondo. Pensiamo al silenzio di Dio nella mente e nel cuore di tanti uomini e donne, di tanti giovani in ricerca religiosa nel nostro tempo; pensiamo al romanzo Silenzio, dello scrittore giapponese Endo, trasformato in film dal siciliano Martin Scorsese. Il protagonista Rodrigues è paradossale: “rinnega la sua fede e, più tardi, la riacquista … sente Gesù che gli parla”[2]. Pensiamo al silenzio di Dio che avvolge e rallenta il confronto tra le religioni tradizionali e, nello stesso tempo, sembra far maturare esperienze religiose “fai da te”; pensiamo al silenzio su Dio da parte di varie culture immanentistiche e scientistiche dei tempi moderni. Davvero il silenzio di Gesù in croce inquieta tutti in ogni tempo.
Pensiamo anche al silenzio dei malati e in particolare dei familiari e dei medici di fronte a ogni persona che muore. In una società che continua a rimuovere “la morte dalla vita sociale”, ci colpisce il fatto che gli adulti tendano a nascondere la realtà della morte agli occhi dei bambini. Spesso non si sa cosa dire: un sentimento d’imbarazzo impedisce di parlare; per il moribondo questa può essere un’esperienza amarissima: ancor vivo, egli è già abbandonato. Al cospetto della morte siamo spaesati e l’unica risposta possibile ci pare il silenzio[3]. Pensiamo al silenzio dei malati di Alzheimer e di coloro che li assistono: un silenzio che ti porta a scoprire che gli esseri umani hanno in comune “la nascita, certo, la morte, certo, ma soprattutto la sofferenza”[4]. Pensiamo ai fratelli e alle sorelle che muoiono nel Mediterraneo: il loro silenzio è assordante, e mette sotto accusa la nostra capacità di accogliere, il nostro modello di sviluppo.
Il silenzio e l’impegno
Con un rapido sguardo all’orizzonte, pensiamo anche al silenzio di chi è rimasto solo, di chi è lontano dalla propria terra, di chi è detenuto in patria o peggio in un altro Paese, di chi è deluso dagli uomini delle istituzioni sia ecclesiastiche che civili, di chi riceve una brutta notizia sulla propria salute o sulla salute del feto; pensiamo al silenzio dei genitori di fronte alla disabilità, al silenzio sociale di fronte ai bambini trattati come merce che si vende e si compra; pensiamo al silenzio delle tante donne usa e getta, spesso minorenni senza volto e speranza, protagoniste di moderni calvari anche nel nostro territorio: a loro Papa Francesco e suor Eugenia hanno dato voce nella Via Crucis al Colosseo. Pensiamo al silenzio di Cristina Magrini, vissuta a Bologna per 38 anni in coma vegetativo: la sua “minima coscienza” ha alimentato relazioni importanti, un profondo dialogo di amore con i familiari e con chi si è occupato di lei; pensiamo al silenzio di chi ha smarrito il senso del paradiso e vive nel culto del corpo, in una civiltà che occulta e privatizza la morte.
La nostra processione è un’esperienza di coralità che ha dato voce alla fragilità silenziosa e mortale di ogni essere umano. Con voi che avete attraversato nelle ore del giorno e della notte la nostra città portando sulle spalle le vare dei nostri gruppi sacri, con voi – dico - ci prendiamo un solenne impegno davanti alla Madonna e a Giovanni Evangelista: vogliamo aiutare i ragazzi oggetto di bullismo ad uscire dal silenzio; sostenere i genitori e gli educatori spesso scoraggiati di fronte alla difficile arte dell’educare oggi; ci impegniamo a far uscire dal silenzio chi è sfruttato sul lavoro o è oggetto di stalking; ci impegniamo a sostenere chi è alla ricerca della legalità e soprattutto della giustizia, a rafforzare il coraggio di chi esita a denunciare estorsori e usurai, manipolatori del creato e della crescita in umanità del nostro Paese e della nostra bellissima isola.
Una musica per la risurrezione
Oggi è il Sabato del silenzio, il Sabato Santo. Una “musica di indicibile silenzio” (D. M. Turoldo) tormenta i nostri giorni e ci fa immaginare un futuro fatto solo di “impossibili sentieri”. Le musiche che hanno accompagnato la quaresima davanti alla chiesa del Purgatorio e la nostra processione attendono la risposta ai drammi esistenziali da cui i compositori hanno tratto l’ispirazione. Sono protesi verso l’alba del Risorto. Chiediamo a Maria di assisterci nell’attesa della risurrezione. Facciamo nostra la preghiera di don Tonino Bello, che proprio oggi moriva ventisei anni fa: “Santa Maria, donna del Sabato santo, guidaci per mano alle soglie della luce, di cui la Pasqua è la sorgente suprema. Ripetici che non c´è croce che non abbia le sue deposizioni”. Non c’è silenzio che non generi l’inno di vittoria. “Non c´è amarezza umana che non si stemperi in sorriso. Non c´è peccato che non trovi redenzione. Non c´è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell´alleluia pasquale”[5].
Un pensiero speciale voglio rivolgerlo a tutti i bambini, i ragazzi e giovani che hanno partecipato alla processione con entusiasmo. Gesù Risorto vince ogni forma di silenzio perché ci fa dono della sua morte per amore e ci insegna a vivere la vita come dono[6]. Facciamo nostro l’invito di papa Francesco: “contempla Gesù felice, traboccante di gioia. Gioisci con il tuo Amico che ha trionfato. Hanno ucciso il santo, il giusto, l’innocente, ma Egli ha vinto. Il male non ha l’ultima parola. Nemmeno nella tua vita il male avrà l’ultima parola, perché il tuo Amico che ti ama vuole trionfare in te. Il tuo Salvatore vive”[7].
[1] B. Maggioni, Il silenzio di Gesù al centro della storia, in Avvenire, 10 marzo 2014.
[2] Cfr. A. Spadaro, «Silence». Intervista a Martin Scorsese, CivCat 3996, 565-586, 2019, Vol. IV.
[3] Cfr. R. Righetto, Faccia a faccia con la morte rimossa, in Avvenire 16/04/19. L’autore commenta il saggio “La solitudine del morente” del sociologo N. Elias (Mulino 1985).
[4] C. Paradiso, Sull’altra riva, Manni, San Cesario di Lecce 2018, p. 124.
[5] A. Bello, Maria donna dei nostri giorni, San Paolo, Milano 2014.
[6] Cfr. Righetto, nell’articolo citato: Jacques Derrida (1930 - 2004) invita a “fare della morte un dono”, aprendosi in tal modo al cristianesimo.
[7] Francesco, Christus vivit, Città del Vaticano 2019, n. 126.
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