Inserita in Cultura il 15/08/2018
da Direttore
Trieste: il manifesto della Abramovic e Foibe
Trieste: il manifesto della Abramovic sulla Barcolana risveglia il triste ricordo delle Foibe
L´inedito parere del critico d´arte Daniele Radini Tedeschi - curatore Biennale di Venezia, scrittore, divulgatore televisivo di una rubrica d´arte su Rai2- sul caso "Barcolana" relativo al discusso manifesto dell´artista Marina Abramovic sulla storica regata triestina.
“Per simbologia, grafica, iconografia, la bandiera della Abramovic dovrebbe essere ammainata più che alzata” questa la frase delnoto intellettuale e critico d’arte Daniele Radini Tedeschi sul “caso Barcolana”
Così Radini Tedeschi, curatore impegnato in Biennale di Venezia, apre il suo intervento sul caso che sta facendo discutere negli ultimi giorni: un manifesto, realizzato dalla celebre artista Marina Abramovic chiamata dalla Società Velica di Barcola e Grignano a rappresentare i cinquant’anni della regata triestina più grande al mondo; un manifesto non condiviso dal Comune e in particolare dall’Assessore leghista Paolo Polidori.
Ebbene il critico d’arte e intellettuale Radini Tedeschi, chiamato ad esprimere il suo pensiero sulla spinosa questione, apre la strada a riflessioni inedite che certo non configurano un vanto per l’immagine della regata e della città triestina.
“Per quanto riguarda la grafica del Manifesto -dice l’intellettuale- essa ricorda il Costruttivismo russo, nato dopo il 1914 come un movimento al servizio della rivoluzione comunista, in cui l’arte doveva essere una pratica per scopi sociali, dunque bolscevichi e rivoluzionari. L’uso dei colori inoltre conferma l’estetica derivata dal Costruttivismo imparentato col Suprematismo e applicata al disegno industriale: il rosso si ricollega al comunismo e alle sue bandiere, non solo legate però alla Russia ma anche all’ex Jugoslavia di Tito, luogo di origine della stessa Marina Abramovic.
Proprio questo legame con il socialismo federale del Maresciallo merita di essere approfondito: Marina è figlia di due “eroi” comunisti jugoslavi Danica e Vojin Abramovic , decorati e innalzati proprio da quel Tito che aveva invaso Trieste nel 1944, deportando e trucidando 11.000 italiani, causando quel tragico eccidio di massa conosciuto col nome di Foibe. L’artista racconta nel suo libro autobiografico “Attraversare i muri” del 2018 (p.13) come “i miei genitori erano eroi di guerra (…) così dopo la guerra divennero membri di rilievo del partito, con incarichi importanti. Mio padre entrò a far parte della guardia d’elite del Maresciallo Tito; mia madre era a capo di un istituto che sovrintendeva ai monumenti storici (…) per questo godevamo di molti privilegi”.
E’ assolutamente infelice la congiunzione che vede la storica regata di Trieste, città che più di ogni altra ha subito l’invasione, lo sterminio e il massacro dei nostri italiani ad opera di Tito, essere stata rappresentata da una artista, seppur di fama internazionale, che riconosce al grande Dittatore dei meriti (pag. 135 testo autobiografico sopra citato) e al contempo lancia slogan pacifisti e solidali come “we’re all in the same boat (siamo tutti nella stessa barca).Quindi per simbologia, grafica, iconografia, la bandiera della Abramovic dovrebbe essere ammainata più che alzata.
Inoltre occorre notare come l’Abramovic non sia stata invitata (e pagata) dal Comune bensì dall’organizzazione dell’evento e dalla nota azienda triestina di caffè Illy, quest’ultima, sponsor della manifestazione è presieduta da Andrea Illy, fratello di Riccardo, ex sindaco di Trieste ed ex governatore della Regione Friuli Venezia Giulia con il centrosinistra.
L’Arte è libera e proprio per mantenere tale privilegio non deve essere strumentalizzata”
E’ bene ricordare l’accordo, di data 18 Luglio, intercorso tra il vicepresidente comunale Polidori e il Presidente della SVBG Mitja Gialuz dal quale ne è derivata “l´approvazione preventiva del programma delle attività, comprese le prossime occasioni di comunicazione locali, nazionali e internazionali (Trieste, Roma e Monaco di Baviera)” nell’ambito di un rapporto collaborativo. Sicuramente queste nuove affermazioni del critico d’arte riapriranno il caso.
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