Inserita in Cronaca il 11/02/2013
da redazione
Morto per il lavoro che non c’è
Il suicidio di Giuseppe Bulgarella, 61 anni, è uno di quei rari casi in cui il diritto di cronaca prevale su tutti gli altri. Raccontarlo è un dovere. Un dovere perché Giuseppe, una settimana fa, si è tolto la vita poiché disoccupato. Un cappio intorno al collo e tante lettere indirizzate al Presidente Napolitano, a Susanna Camusso mai effettivamente arrivate a destinatario, rimaste in giacenza nelle sue tasche. A trovarlo senza vita nell’abitazione di Guarrato, è stato il fratello. Giuseppe, si è tolto la vita in nome del primo articolo della Costituzione Italiana: L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.
Un articolo che per Giuseppe non aveva necessità d’esistere. Come lui. L’ennesimo uomo ucciso dalla crisi, dall’indifferenza. Ucciso dall’assenza di lavoro, una condizione che elimina la dignità all’uomo inducendolo, nella disperazione, a compiere atti estremi. Giuseppe aveva annotato i numerosi suicidi a causa della disoccupazione in un foglio. E’ lì che aveva scritto per ultimo il suo nome. Ma oggi, il suo nome, per quella legge de “gli ultimi saranno i primi”, capeggia su tutte le pagine dei quotidiani e oggi Susanna Camusso, scrive ai familiari di Giuseppe:
La notizia della tragica scomparsa di Giuseppe mi ha raggiunto solo oggi, mentre sono fuori Italia per una missione di lavoro. La prima domanda che non smetteremo mai di farci, le compagne e i compagni della camera del lavoro, io stessa , e' perché non abbiamo capito che si era sorpassata quella sottile linea di confine tra l'indignazione e la possibilità di continuare a lottare e sperare e la disperazione che viene dalla perdita del lavoro, vissuta per Giuseppe come perdita di dignità e tradimento dei valori sui quali si era formato, per i quali aveva scelto di militare nella CGIL, a partire dall'articolo 1 della nostra costituzione. Ci rimarrà sempre questo dubbio, sempre ci domandiamo se possiamo dobbiamo fare di più per cogliere intorno a noi quel crescere di disperazione, di rassegnazione che una crisi Cosi lunga e profonda determina in tanti che privi di lavoro si sentono anche privo della loro cittadinanza della loro dignità del loro orgoglio. Affranti ci poniamo il dubbio, sapendo che nulla oggi possiamo fare, se non provare ad interrogarci ancor di più sugli effetti di una disoccupazione crescente, che in certi settori come l'edilizia sembra una discesa senza fine. Nell'esprimere alla famiglia e alle compagne ed ai compagni tutti la più sentita partecipazione al dolore, l'impegno che dobbiamo e possiamo assumere e' quello di continuare la nostra iniziativa e mobilitazione perché il lavoro torni al centro delle politiche perché si difenda e si crei lavoro. Ogni giorno sentiremo la difficoltà di non aver capito, ma ogni giorno sapremo che Giuseppe e tanti altri con lui ci dimostrano che non di deve arrendersi perché lavoro e dignità sono cittadinanza, ancor più certezza per la vita delle persone. Con grande affetto Susanna Camusso
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