Inserita in Cronaca il 15/06/2018
da Direttore
AGGRESSIONE C.C. TRAPANI
In data 13 giugno 2018 un detenuto catanese di 38 anni P.M. plurirapportato disciplinarmente e proveniente da altro Istituto dove aveva commesso altri atti di aggressione e minacce a danni di personale di P.P., durante le operazioni di immissione ai passeggi presso la Sezione di Isolamento dove si trovava per motivi precauzionali, ad un diniego dell’assistente capo ivi in servizio reagiva colpendolo al volto. Il detenuto veniva immediatamente bloccato da altri agenti in servizio nella Sezione e riportato in cella senza ulteriori conseguenze. Nell’esprimere vicinanza e solidarietà all’assistente capo colpito dal vile gesto, questa direzione non può fare a meno di stigmatizzare taluni comunicati da parte di qualche organizzazione sindacale contenenti notizie inesatte e accostamenti fuorvianti rispetto all’encomiabile lavoro portato avanti all’interno dell’Istituto trapanese. Non vi è alcun nesso, infatti, tra il vile gesto commesso da un detenuto trasferito da più carceri per motivi di ordine e sicurezza e per problematiche di adattamento alla vita carceraria, e le attività trattamentali (previste dalla Legge) portate avanti dall’Area Trattamentale, dai docenti delle scuole dell’obbligo e superiori presenti in Istituto e da quelli dei Corsi di Formazione e pubblicizzate attraverso comunicati e una pagina fb . Piuttosto è proprio grazie alle innumerevoli attività messe in campo per attuare le quali non c’è stata mai compressione dei diritti soggettivi del personale di Polizia Penitenziaria, che nonostante qualche episodio deplorevole fortunatamente circoscritto, si è instaurato all’interno dell’Istituto un sereno clima lavorativo; solo in base ad una distorta e interessata ricostruzione dei fatti si può sostenere il contrario. E’ inutile negare che vi sia un clima di disagio tra il personale causato dall’elevatissima età anagrafica (il 70% del personale di P.P. è ultracinquantenne) e dalla cronica carenza di personale che rende ogni giorno più difficile garantire alcuni diritti ai detenuti, ma ciò non deve far perdere di vista che il dettato Costituzionale prevede che le pene tendano alla rieducazione del condannato. Pertanto si auspica che le prese di posizione da parte di alcuni sindacati, e le dichiarazioni volte a sminuire l’importanza delle attività tratta mentali, la richiesta di cambiare “le regole d’ingaggio” quasi si dovesse andare in guerra, solo per avere visibilità restino nell’alveo di una dialettica corretta e democratica e non eccedano i limiti; cosa che potrebbe avere, se amplificate dai media, conseguenze nefaste per l’ordine e la sicurezza dell’Istituto
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