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Inserita in Cultura il 16/04/2018 da Direttore

San Francesco di Paola coinvolge l’intera città. In occasione un ricordo che da quasi un secolo perpetua la devozione familiare al Santo

San
Come vuole tradizione, anche quest’anno, nella seconda domenica dopo Pasqua, preceduta, com’è, dalla solennizzazione di tredici venerdì (celebrazione eucaristica, omelia con predica e canti) e dalla novena che inizia il venerdì successivo alla Santa Pasqua e prosegue per nove giorni, è celebrata la Festa di San Francesco di Paola che quest’anno cade, dunque, domenica 15 Aprile.


Tale festa, di questo dobbiamo parlare, con orgoglio cristiano, è stata preceduta, anche quest´anno, dal primo Corteo storico rievocativo (giunto, per la verità, alla sua quarta edizione per tenacia e volontà di don Salvatore Grignano a cui si deve una rivitalizzazione dell’azione parrocchiale nel quartiere e in città senza confronto), che, in due importanti quadri, l’uno davanti l’omonima chiesa intestata a San Francesco di Paola (elevata a parrocchia e a lui dedicata il 24 Giugno del 1925, un tempo Chiesa del SS. Crocifisso), l’altro innanzi la chiesa del Collegio, nella centralissima Piazza Ciullo, ha raccontato la vita del Santo.
San Francesco de Paola è senza dubbio una delle figure più carismatiche della Chiesa Cattolica un grande taumaturgo, uno sfavillante profeta, nonché l’unico grande Santo del nostro Sud che operò sotto il Regno delle Due Sicilie, la cui fama e il cui carisma, eccezionale e imparagonabile, ebbe eco, anche e principalmente, sotto i Borbone. Fonte di carismi, la sua fu una vita costellata da prodigi e miracoli, alcuni dei quali davvero significativi. Fu elevato a Patrono della terra di Calabria e a Patrono delle Due Sicilie con la bolla papale voluta e firmata da Papa Clemente XII, le cui parole, anche a distanza di due secoli, era il 1815 (l´anno in cui l´Europa stava affrontando il Congresso di Vienna) non necessitano di alcun commento. Rientrate in Italia dalla Francia, nel suo convento, le sue spoglie mortali sono diventate meta di pellegrinaggio e devozione. I rapporti tra la Casa Reale di Borbone e la figura mistica del frate non si conclusero con il trasferimento delle spoglie. La cronaca datata 1844 afferma che:” Ferdinando II e la consorte Maria Teresa d’Austria si recarono a Paola per voto” mostrando, al Regno, quasi al tramonto, non solo la grande fede cristiana ma, più ancora e meglio, la devozione al Santo che, oggi, si festeggia.
Il simulacro del "Santu Patri", ad Alcamo, invece, durante la novena, è trasferito, dall’altare tradizionalmente dedicato allo stesso (il secondo a sinistra di chi entra), all’altare maggiore, dove troneggia per l’intero periodo dei festeggiamenti. Lì si accostano in preghiera numerosissimi devoti, mai diminuiti nella storia della chiesa locale. Si rivolgono a lui per una grazia da chiedere o per omaggiarlo di una ricevuta.

È questa l’occasione, per i parrocchiani particolarmente devoti al "Santu Patri", per sfoggiare il meglio di drappi, ori, argenti e bronzi (una volta troneggiavano i colori giallo e blu), per addobbare la chiesa e non solo essa anche il quartiere che scintilla, come se fosse il firmamento, anche durante la notte.
Ma vuole essere anche l’occasione, quest´anno, per me, che amo accostarmi alla storia locale per non farla scomparire, per rievocare, stavolta, una esperienza personale che ha visto protagonista mio padre Mariano e che, nella mia vita, ha lasciato una traccia indelebile e un ricordo forte emotivamente. Raccontava mio padre (a me e a mia sorella Maria Grazia), che all’età di 4 anni, era il 1924, nella costruenda abitazione familiare nella via Santissimo Salvatore (allora sviluppata sino all’altezza dell’odierno corso Belverde), a sinistra salendo, avveniva un particolarissimo miracolo. Forse, erroneamente, questo accadimento, non è mai stato raccontato a nessuno e alcuno dei familiari mai ha trasmesso, alla curia, una relazione per narrare l´episodio.
Mio padre saliva, carponi, la scala, senza ringhiera, sino a raggiungere mio nonno (chiamato "lu capomastru"), che si trovava al terzo piano dell’edificio (ancora da definire) con alcuni operai. Giunto al terzo pianerottolo mio padre si tirava su frettolosamente e, a seguito di ciò, perdeva l’equilibrio. Mio padre, raccontava lui, precipitava dalla tromba della scala, giungendo, dopo tre piani di caduta libera, al piano terra.

Mio padre Mariano, ricorda, di essersi alzato illeso e di aver raccontato a mio nonno Antonino (che piangente, nel frattempo, si era portato precipitosamente al piano terreno), che un signore l’aveva preso in braccio. Ma, intorno, nonostante le ricerche, non si trovò nessuno. Ma già, per ciò che era accaduto, il fatto era raccontato, ad amici e parenti, e ai vicini curiosi (come sempre) come miracoloso.
Nel frattempo giungeva la Pasqua e di lì a poco i festeggiamenti di San Francesco di Paola. Mia nonna Grazia Bonì, devota a "Lu Santu Patri", come faceva annualmente, prese con sé i figli, Mariano (mio padre), Concetta (la mamma di Sebastiano, Anna, Fabio e Guido Bonventre) e Franca (piccolissima, allora, racconta mio padre) e si recò, la seconda Domenica dopo Pasqua, in processione.
Fu quella l’occasione, diceva mio padre, della verità (troppo grande, ha sempre ripetuto, commosso nel ricordo) e del mistero svelato. Mio padre (ripeto, bimbo piccolissimo), alla vista del Santo cominciò a gridare indicandolo con la mano destra che, ricorda lui, agitava all´inverosimile.

«È lui, è lui» urlava il piccolo Mariano rivolgendosi a nonna Grazia.
Mia nonna, raccontava mio padre, non aveva capito a cosa si riferisse il piccolo figlio che, con gli occhi sgranati, ormai diventati lucidi, continuava a mandare “bacetti” all’uomo sul piedistallo, come lo chiamava lui (e come ha ripetuto negli anni con inalterata devozione e gratitudine).
«È lui» continuava a ripetere mio padre guardando sbigottito il Santo (per l’occasione super illuminato su una vara addobbata a festa e illuminata all’inverosimile).
Mia nonna lo guardò, con attenzione e chiese spiegazioni.
Era stato lui, proprio San Francesco di Paola, ad abbracciarlo evitando che sbattesse sul cemento e morisse.
Mio padre, vecchio e poco prima che entrasse in coma e morisse, ricordava ancora il fatto con le lacrime agli occhi.
Non a caso ho voluto che sul suo petto, ormai diventato gelido, quell´undici di Marzo del 2010, fosse depositato un "Santino" come devozione vuole che sia appellato la figura artistica che ritrae da un lato il Santo e dall´altro un testo devozionale da leggere come invocazione o preghiera.
Lui, all´epoca del fatto, non sapeva chi fosse San Francesco di Paola e, certamente, non aveva l’età per credenze particolari e devozioni rituali. Ma, nonostante ciò, aveva riconosciuto nel “Santu Patri” colui il quale, in quel drammatico volo di dieci metri, l’aveva salvato stringendolo forte a sé (aprendogli le braccia come continuava a ripetere nel tempo, lui, mio padre, che non si è mai stancato di predicare la "pace in famiglia e cu cumanna cumanna").
Certamente fu, quello capitato a mio padre, un miracolo che, in occasione dell’ennesima ricorrenza dei festeggiamenti, è stata mia intenzione cristiana ricordare affinché sia tramandata (in primis ai miei nipoti Benedetta Raneri e Marco Raneri, che stanno facendo del servizio agli altri un impegno, me lo auguro, duraturo nel tempo, e poi a quanti, nel mondo, stanno dimenticando l´esistenza di Dio) perché si abbia sempre fermezza nelle scelte della vita e timore.
Sono certo che, anche quest’anno, il Simulacro che scenderà dall’altare maggiore a fine mattinata, dopo l´importante messa cantata di mezzogiorno, sistemato sul piedistallo che serve per la processione, riuscirà, durante il passaggio per le vie della città in festa, a emozionare, a intenerire, a commuovere, ad avvicinarci a Dio. Come sarà per me che, anche quest´anno, vivrò nell´intimo del cuore questo segno devozionale assai legato al mio intimo passato.
La processione non è solo un momento identitario e rievocativo (forse come lo è stato il corteo che pur merita il plauso per la capacità che ha avuto di aprirci alla miracolosa vita del Santo), ma è, principalmente, un intramontabile momento religioso attraverso il quale c’è questa ascesi verso l’Altissimo per intermediazione di San Francesco di Paola.
È bello leggere e ascoltare, ancora dopo secoli, il rosario dialettale che, i fedeli (lo faceva mia madre Michela in questa particolarissima giornata) recitano in onore del Santo ai lati della strada al passaggio o in chiesa.
Recita detto Rosario: “San Franciscu di Puala mè dilettu, viniti ‘in casa chi v’aspettu / Eu v’aspettu in cumpagnia cu Gesuzzu e cu Maria. / Patri nostru chi ssi ni celi …”. E poi, per dieci volte, “Diu vi salvi, Santu Patri, siti chinu di carità, / aiutatimi e assistitimi nni li mei nicissità”.
Completando, il tutto, con questa strepitosa preghiera:
A quanti morti la vita rendesti,
A quanti ciechi la vista donasti,
A quanti muti, la parola dasti!
E quanti infermi tu non risanasti?
Fa che sia il nostro cuore esentato Dalla morte funesta del peccato!
Di bisogni gran provveditore,"
Tre mila genti satollasti allora,
Di carità ripieno e di fervore,
Con poco pane e poco vino ancora;
Fa che pietoso sia il nostro cuore Verso i poverelli del Signore".
L´occasione per ringraziare, da fedele e alcamese, l´affabilità e la preparazione teologica di don Salvatore Grignano che ha restituito a due così importanti parrocchie, l´altra è quella di Sant´Anna, vitalità, non sacrificando, per farlo, alcuna realtà e congregazione, nessun volenteroso cristiano. Grazie don Salvatore per questo ineguagliabile regalo. Grazie (A.Fu.)

 

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