Inserita in Nera il 02/02/2013
da redazione
SAN GIULIANO, TERRA FERTILE
E’ una delle terre di mezzo cittadine dove legalità ed illegalità hanno imparato a convivere. San Giuliano più per convenienza che per vantaggio, è rimasto, nel tempo, un quartiere invisibile all’interno del quale vivono 12.000 famiglie (comprese quelle di S.Cusumano) dislocate nelle zone di serie “A” e quelle di serie “B”. «Una minoranza di queste sono famiglie multiproblematiche che fanno rumore e contribuiscono a scrivere la cronaca nera cittadina».
Ci dice la signora Giovanna Polizzi sindaco del comitato di quartiere e responsabile del centro Caritas di zona. Sono circa quattrocento le famiglie che si rivolgono a loro o alla Chiesa Cristo Re dove, Monsignor Gaspare Gruppuso, da tempo cerca di coltivare la carità come cultura finalizzata non tanto al semplice assistenzialismo quanto a far rete per cercare la via della soluzione di alcuni dei molti problemi che attanagliano la zona e l’intera città. Gruppuso entra ed esce dal carcere ma non certo per condanne. E’ lui che cerca di portare la parola di Dio anche dentro le sbarre del carcere trapanese dove spesso, i residenti, tornano. Il “Grand Hotel” trapanese è un posto conosciuto anche fuori dalle celle ed a volte amato al punto da far di tutto per tornarci ed avere un tetto ed un pasto assicurato.
Parliamo di storie al limite, anche, della dignità umana. Storie, alcune, che nascono proprio sulla strada frequentata più dei banchi di scuola dai figli di questa gente dimenticata e messa all’angolo da una società che non perdona mai, nemmeno quando la giustizia ha tracciato la parola “fine pena”. In un rapporto della Caritas del 2010 delle 400 famiglie censite (oggi, ci spiega la signora Giovanna Polizzi, aumentate in maniera spropositata) 83,76% ha dichiarato di non avere reddito mentre l’11,11% non arriva a racimolare 5.000 euro l’anno.
In una parola, poveri.
Poveri veri, invisibili e sempre più spesso criminali. Un fattore che un po’ alla volta è diventato culturale oltre che generazionale. Il successivo dato inquietante, infatti, è che di questi 400 solo uno è il caso di “persona libera con procedimenti penali in corso”. Il resto della popolazione che frequenta la Chiesa e la Caritas e che vive principalmente in via dei Pescatori e via Ciullo d’Alcamo si trova in carcere, agli arresti domiciliari o in post detenzione.
A San Giuliano il tasso di alfabetizzazione è bassissimo. A due passi dall’Università di Trapani sono in molti a non muoverne uno per finire, almeno, le scuole dell’obbligo: il 30,7% non possiede alcun titolo di studio, l’8,1% dichiara di essere analfabeta, il 37,6% ha la licenza elementare e solo uno dei 400 censiti possiede un diploma.
E’ in questo scenario che cresce e si ramifica la delinquenza. I figli di alcune famiglie dove la scolarizzazione è più un problema che un’opportunità di cambiamento, vengono accolti dalla strada che li scolarizza secondo l’abc criminale. Si inizia dal linguaggio e dall’atteggiamento. Poi si passa alle minacce per tracciare il territorio e tenere testa a qualche bulletto. Da lì il passo a diventare criminale è breve e, oggi, ad alimentarlo è la crisi che però non può, e non deve, essere una giustificazione. In quel labirinto di vie, per fortuna, ci sono ancora famiglie che hanno dei valori da inculcare ai propri figli. Famiglie che conoscono il sapore dei sacrifici senza per questo delinquere. Famiglie che hanno chiara la differenza tra Stato e anti-Stato e che per questo segnano orgogliosamente la differenza.
Marina Angelo
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