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Inserita in Politica il 18/05/2016 da REDAZIONE REGIONALE

LUMIA- AL MINISTRO DELLŽINTERNO SULLŽATTENTATO MAFIOSO AD ANTOCI

LUMIA-
Premesso che:
nella notte del 18 maggio 2016 il Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci ha subito un gravissimo agguato di stampo mafioso. Un commando di sicari ha bloccato la sua auto tra Cesarò e San Fratello e ha aperto il fuoco. Solo grazie allŽauto blindata e alla tempestiva azione degli agenti della Polizia di Stato e del Vice Questore Manganaro, il Presidente Antoci e gli stessi agenti sono riusciti a sfuggirvi, rimanendo illesi;
lŽente parco dei Nebrodi, in Sicilia, sta operando per diffondere trasparenza e legalità in un vasto territorio di propria competenza. Il Governo regionale, guidato dal presidente Crocetta, ha affidato il parco alla responsabilità del dottor Antoci, personalità di elevata qualità morale, che ha avviato unŽazione di rottura col passato, spesso caratterizzato da pratiche clientelari ed affaristico-mafiose;
risulta allŽinterrogante che il dottor Antoci ed il presidente Crocetta già in passato sono stati raggiunti da minacce di morte di tipico stampo mafioso, proprio a voler sottolineare la dirompenza dellŽazione avviata dallŽente parco dei Nebrodi;
lŽintimidazione era contenuta in una lettera recapitata proprio negli uffici del parco dei Nebrodi ed indirizzata al presidente Antoci: "Ne avete per poco, tu e Crocetta morirete scannati";
della medesima rilevanza è lŽattività dellŽESA siciliana (ente di sviluppo agricolo) che il presidente Crocetta ha affidato alla guida del dottor Francesco Calanna, che ha impresso unŽazione di legalità e di sviluppo senza precedenti, al punto da revocare ettari ed ettari di terreno dellŽente pubblico regionale in mano dei privati senza spesso averne i titoli, alcuni dei quali appartenenti a storiche e pericolose famiglie di mafia;
esponenti di spicco del clan mafioso dei tortoriciani sono, oltre ai Galati-Giordano, anche i Bontempo Scavo ed i fratelli Calogero e Vincenzino Mignacca, latitanti dal 2008 e catturati nel novembre 2013 grazie ad un blitz dei carabinieri del Gis (gruppo di intervento speciale), durante il quale il secondo, pur di non consegnarsi allo Stato, si è suicidato;
dalla relazione annuale sulle attività svolte (nel periodo 1° luglio 2012-30 giugno 2013) dal procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia si apprende "nel corso delle indagini effettuate per la ricerca dei latitanti Mignacca, la P.G. operante apprendeva dellŽesistenza di un accordo in essere tra le famiglie mafiose dei Bontempo Scavo e dei Batanesi, volto al controllo del territorio nebroideo. Dalle informazioni acquisite emergeva che, poiché la famiglia Bontempo Scavo era stata fortemente limitata dagli arresti avvenuti negli anni precedenti e decapitata dei suoi capi storici, al fine di non perdere il controllo del territorio in favore di altre famiglie (in particolare quelle barcellonesi) e per mantenere gli equilibri, aveva concordato che la gestione del territorio fosse attuata dai componenti della famiglia dei Batanesi in cambio del 50 per cento dei proventi delle attività illecite (principalmente estorsioni)". Sembrerebbe emergere a guida di questo connubio mafioso Bontempo Gino;
a fronte di questa attività alla base della mafia dei Nebrodi, sul versante catanese, inoltre si è avuto lŽarresto dei brontesi Claudio Reale, Antonino Sciacca, Signorino Sciacca e Antonino Tiscari nellŽoperazione "Tunnel";
dal complesso delle attività investigative svolte dallŽautorità giudiziaria si è accertato che nel territorio nord della provincia di Enna è stata particolarmente attiva unŽorganizzazione mafiosa riconducibile, per il modus operandi, a "Cosa nostra". In particolare, a Cerami, Gagliano Castelferrato e Troina nel biennio 2012-2013, si è assistito ad una recrudescenza del fenomeno criminale con particolare riferimento a gravi reati contro la persona e contro il patrimonio;
le tecniche estorsive utilizzate dallŽorganizzazione mafiosa troinese sono rimaste quelle di un tempo: la "messa a posto" perpetrata ai danni di imprenditori e commercianti tramite la corresponsione di ingenti somme di denaro; lŽimposizione di forniture e di manodopera; la cosiddetta estorsione con il "cavallo di ritorno", realizzata attraverso il furto di automezzi, macchine agricole, mezzi di lavoro operanti in cantieri, seguito dalla richiesta di denaro per la successiva restituzione del maltolto. Infatti, dallŽanalisi dei reati commessi nellŽambito dei menzionati comuni emergeva, in maniera indiscussa, che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2011 ed il 13 febbraio 2012, si era registrato un elevato numero di furti e di danneggiamenti, ivi compresi quelli a seguito di incendio;
la mafia di Enna non va sottovalutata perché è sempre stata unŽorganizzazione potente e legata allŽassetto di vertice del momento, di tale affidabilità che è stata scelta come sede dove svolgere i summit di mafia che hanno dato vita alla stagione delle stragi del 1992 (stragi di Capaci e di via dŽAmelio che hanno avviato la "stagione stragista"). Per questo, Cosa nostra di Enna è stata guidata da boss in grado di interloquire con le istituzioni in una logica collusiva, come Raffaele Bevilacqua, capo provinciale e contemporaneamente politico, Salvatore Gesualdo e Giancarlo Amaradio, di recente destinatari di ulteriori ordinanze di custodia cautelare;
occorre, altresì, dare atto che lŽoperatività di Cosa nostra nella provincia di Enna è stata da sempre condizionata dallŽincisiva influenza delle organizzazioni mafiose radicate nei più importanti centri limitrofi (nel caso di specie Cosa nostra catanese) che hanno da sempre considerato il territorio ennese di interesse, non tanto per le potenzialità produttive ed economiche presenti, quanto per la necessità di mantenere una "zona cuscinetto" utile alle diverse esigenze, soprattutto di natura logistica proprie delle organizzazioni criminali dellŽisola;
in particolare, per le componenti criminali radicate nei comuni di Troina e Cerami si individuava il referente di Cosa nostra a Troina; questi, pur risiedendo nel centro, risultava legato alla famiglia mafiosa catanese riferibile alla "Catina" (clan catanese di Cosa nostra particolarmente attivo nel comune di Aci Catena);
al Comune di Troina apparteneva la gestione dei boschi, circa 4.200 ettari, che sembra aver da sempre rappresentato un punto dolente per la tutela della legalità nellŽambito della gestione della cosa pubblica, posto che per lŽubicazione dei territori in luoghi lontani dal centro abitato, o per la loro vicinanza a paesi tradizionalmente legati alla mafia dei Nebrodi (Tortorici, Cesarò, San Fratello, Maniace, Montalbano Elicona, CastellŽUmberto) la presenza, allŽinterno di tali aree, è stata costantemente riservata ad allevatori e famiglie legate, inevitabilmente, ad ambienti della mafia messinese, in particolare tortoriciana;
le pressioni provenienti dalle famiglie degli allevatori insediate nei boschi del comune di Troina non si sono solo limitate alla scelta del contraente, ma si sono, di volta in volta, spinte anche nel senso di determinare le condizioni economiche loro applicate, sia dal punto di vista del canone di affitto da corrispondere sia dal punto di vista della durata;
da unŽattenta analisi sequenziale degli atti emanati nel biennio 2012-2013 dal consiglio di amministrazione e dal direttore tecnico dellŽazienda speciale silvo-pastorale di Troina, nonché dal vaglio di altri riscontri di diversa natura, sembra emergere un sodalizio criminale legato alla "mafia dei Nebrodi", che, quasi approfittando del contesto politico favorevole e constatando gli ingenti interessi economici, sembrerebbe interessato non solo alla gestione dellŽimmenso patrimonio boschivo di cui è proprietario il Comune di Troina ma, addirittura, parrebbe aver avviato una progressiva penetrazione nellŽapparato istituzionale del Comune. A tal proposito sembra opportuno ricordare che in occasione delle elezioni amministrative del 2008, il gruppo prestò particolare impegno per far eleggere un consigliere comunale, Giuseppe Costanzo, figlio di Salvatore Costanzo detto "U spaddatu", pregiudicato e attualmente sotto inchiesta per truffa allŽAGEA, titolare di un contratto di affitto di circa 700 ettari con lŽazienda, nonché personalità di spicco della malavita rurale troinese legata alla cosca di Bronte del boss Salvatore Catania detto "Turi", pluripregiudicato e condannato per associazione mafiosa, attualmente in regime di detenzione domiciliare a Cesarò ed afferente alla famiglia Santapaola (in particolare in contatto in passato con il reggente di Cosa nostra catanese Enzo Aiello e con il latitante oggi pentito Santo La Causa), di cui risulta essere, fino a non molto tempo fa, referente a Troina;
parimenti il sodalizio, nel tentativo di gestire direttamente, attraverso propri esponenti ed uomini di fiducia, i contratti di locazione dellŽazienda, sembrerebbe aver offerto "supporto" al dottor Giuseppe Militello, anchŽegli legato ai medesimi ambienti criminosi e in particolare a Salvatore Costanzo ed alla famiglia Conti Taguali di Tortorici (Batanesi), allorquando lŽazienda silvo-pastorale emanò un bando per la selezione della figura di direttore tecnico. Sembrerebbe che proprio con lŽaiuto di tali personaggi, Militello sia riuscito a produrre una serie di false attestazioni che lo portarono a manipolare il concorso ed a ricoprire il ruolo dirigenziale allŽinterno dellŽazienda per meglio assecondare, come evidenziato, le logiche particolaristiche e gli interessi economici delle famiglie anziché quelle dellŽente di gestione (come si può rilevare dagli atti del procedimento penale numero 971/20012 R.G. ancora in corso presso il Tribunale di Enna che vede Giuseppe Militello imputato del reato di falso in atto pubblico);
la connivenza di alcune personalità politiche del territorio che hanno agevolato direttamente ed indirettamente lŽorganizzazione criminale, lŽinfluenza esercitata dallŽallora consigliere comunale Giuseppe Costanzo nelle scelte politico-amministrative relative allŽazienda, nonché il ruolo di primo piano svolto dal dottor Giuseppe Militello, che si è reso protagonista ed estensore di numerosi atti illegittimi volti a favorire le famiglie affittuarie a discapito dellŽazienda, hanno spianato il terreno per lucrare approfittando degli incentivi offerti dallŽUnione europea e per consumare, senza alcun controllo, truffe ai danni dellŽAGEA;
da quanto esposto si evince che il cuore pulsante degli interessi economici del sodalizio criminale sia la gestione diretta del ricco patrimonio boschivo (circa 4.200 ettari) di proprietà del Comune di Troina, che sarebbe esercitata anche attraverso il controllo del territorio e la perpetrazione di una serie di reati, per lo più estorsioni, furti e danneggiamenti, volti ad affermare la supremazia criminale ed a scoraggiare altri, eventuali, allevatori locali e/o aziende agricole concorrenti nella gestione dei terreni dellŽazienda;
risulta sintomatica lŽazione criminosa della famiglia Conti Taguali (Batanesi di Tortorici), poiché sembra abbia stipulato un contratto dŽaffitto con lŽazienda di circa 1.200 ettari. Tra i firmatari dei contratti dŽaffitto compaiono diversi esponenti legati alla cosca tortoriciana dei Bontempo Scavo, il cui capo, Cesare Bontempo Scavo, attualmente detenuto in carcere, intrattiene legami parentali con Giuseppe Conti Taguali detto "u zzu Pippinu", firmatario dei contratti. Lo stesso Conti Taguali è cognato del pluripregiudicato Sebastiano Pruiti, già personalità di spicco del clan dei Batanesi di Tortorici, ucciso in un agguato mafioso nel territorio di Troina nel 1995;
Gaetano Conti Taguali, figlio di Giuseppe, anchŽegli pregiudicato e firmatario dei contratti di affitto relativi a terreni dellŽazienda, in passato si è reso protagonista di estorsioni e furti nelle campagne troinesi. In particolare, nel giugno 2012 ha tentato unŽestorsione ad unŽimpresa edile che stava realizzando lavori nella strada statale 575;
firmataria del contratto è anche Melissa Miracolo, anchŽella appartenente ad unŽaltra famiglia legata alla mafia tortoriciana dei Batanesi, moglie di Signorino Conti Taguali, primogenito di Giuseppe, affiliato al clan Bontempo Scavo e arrestato per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni nellŽambito dellŽoperazione "Rinascita";
con lŽelezione dellŽamministrazione comunale, guidata dal sindaco Fabio Venezia, si è aperta una nuova stagione di legalità. Così sono venuti a mancare gli "appoggi" politici che garantivano, attraverso unŽattenta ed oculata copertura, il perseguimento dei lucrosi interessi economici e, inoltre, sono stati spezzati i legami con lŽapparato istituzionale dellŽente. Uno dei primi atti del nuovo sindaco è stato la rimozione immediata del vecchio consiglio dŽamministrazione dellŽazienda ed il licenziamento del direttore tecnico Militello che era colluso con i suddetti ambienti criminosi e risultava incompatibile, poiché destinatario di un decreto di rinvio a giudizio, con il ruolo ricoperto. LŽattività successiva ha acceso i riflettori sui contratti di affitto e sui numerosi atti illegittimi consumati allŽinterno dellŽente allo scopo di favorire gli interessi economici degli affittuari;
il tentativo, da parte del sindaco Venezia, di far luce su questi aspetti, di avviare la procedura di evidenza pubblica nella stipula dei contratti e la volontà di aumentare il canone di affitto per i contratti in scadenza ha messo in fibrillazione il sodalizio criminale che ha mostrato una certa insofferenza per questo nuovo corso, manifestando "avvertimenti" e chiari segnali intimidatori nei confronti dellŽazienda ed in particolare verso il sindaco stesso, particolarmente esposto sul fronte dellŽantiracket e della legalità, a cui è stata assegnata dallŽagosto 2013, in seguito alla segnalazione della Polizia di Stato, la misura protettiva della vigilanza dinamica;
tutto gira intorno ai 4.200 ettari di territori boschivi dellŽazienda silvo-pastorale, che permettono agli allevatori di guadagnare circa 500 euro netti allŽanno, ogni ettaro detenuto in affitto, a fronte di un canone di 50 euro, garantendo così guadagni che spesso competono con i più redditizi affari di droga. Basti pensare che ben 1.200 ettari di terreni boschivi sono in affitto a Giuseppe Foti Belligami, noto pregiudicato cesarese, che controlla il territorio dei pascoli e del bestiame da Cesarò a San Fratello, SantŽAgata di Militello, Alcara Li Fusi, Militello Rosmarino, Acquedolci e Caronia; questŽultimo è lŽastro nascente di una nuova organizzazione criminale che ha di recente chiuso un accordo con i Batanesi, ormai considerata la nuova famiglia tortoriciana, per il controllo del territorio, previa corresponsione di un corrispettivo;
Foti Belligami è colui che ha messo gli occhi sui 400 ettari boschivi del parco dei Nebrodi, che a breve dovrebbero andare a bando. Si tratta di un soggetto spregiudicato che si avvale della manovalanza di San Fratello,
si chiede di sapere:
quali forme di protezione intenda intraprendere per salvaguardare lŽazione del dottor Antoci alla guida del parco dei Nebrodi e metterlo nelle condizioni di continuare il suo prezioso operato;
se ritenga opportuno dispiegare sulla zona dei Nebrodi una presenza stabile di tipo militare attraverso i reparti speciali già sperimentati in luoghi dalle medesime caratteristiche dei Nebrodi, al fine di garantire un efficace presidio del territorio;
se ritenga opportuno istituire una task force per effettuare uno screening patrimoniale delle famiglie mafiose con lŽobiettivo di aggredire e sequestrare i loro beni;
quali misure il Ministro in indirizzo intenda adottare per combattere la criminalità rurale legata ad un controllo capillare della gestione del territorio boschivo di Troina da parte del clan dei Batanesi di Tortorici;
come intenda rafforzare i presidi delle forze di polizia soprattutto nella componente investigativa al fine di stroncare affari, corruzione, intimidazioni e collusioni esercitate su un territorio storicamente lasciato, spesso, in ombra dallo Stato.

 

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