Inserita in Un caffè con... il 14/04/2016
da REDAZIONE REGIONALE
FABIO MANARA (COMPAG): ANCHE L’ORTO SCOMPARIRA’ SOLFATO DI RAME E ZOLFO NON PIU’ IN LIBERA VENDITA. SERVE IL PATENTINO, MA LE REGIONI NON ATTIVANO I CORSI PER OTTENERLO. E IL GOVERNO TACE
Quel pezzo di terra di un ettaro o due, ereditato dai nonni e curato con passione per ottenere qualche litro di vino o qualche vaso di marmellata, oggi è a rischio. Quel giardino fiorito che strappa ammirazione ogni volta che vi si passa davanti, oggi è a rischio. Quell’orto del vicino, che con tanta generosità riforniva di tanto in tanto la tavola di verdure di stagione, oggi è a rischio. I sette milioni e 200 mila hobbisti italiani oggi sono a rischio, perché nessuno più darà loro ciò che hanno sempre trovato in libera vendita, compresi quel solfato di rame e quello zolfo ritenuti idonei nelle colture biologiche. L’annunciato PAN – Piano D’azione Nazionale – pubblicato nel gennaio 2014 ed entrato in vigore nel novembre 2015 è arrivato come una scure sopra la testa di tutti. Il tempo c’è stato, ma nessuno ha mosso un dito affinché il comparto agricolo di ogni tipo e importanza si adeguasse alla norma e si facesse trovare pronto al suono del gong. Pronto come? Con un patentino da esibire all’atto di acquisto degli agrofarmaci, ottenuto seguendo un opportuno corso di formazione che rendesse più coscienti e consapevoli sia gli utilizzatori che i venditori. Una richiesta legittima, giusta in quanto tale, oltre che perché di valenza europea. Una richiesta disattesa dalla totalità delle Regioni, organi incaricati dallo Stato a gestire l’attivazione dei corsi su tutto il territorio Nazionale.
E’ così che oggi, a voler restringere il problema al solo comparto professionale, su un milione e mezzo di aziende agricole solo trecento mila sono in possesso di patentino. In una parola: l’assurdo. L’assurdo perché in compenso, per coprire l’inammissibile inadempienza, qualche Regione ha pensato bene di correre ai ripari attivando una macchina burocratica che sfiora il ridicolo e che pretende di tracciare l’acquisto di ogni singolo prodotto, fino allo scorso novembre in libera vendita, con carta di identità, autodichiarazione di utilizzo, codice fiscale… carte su carte che nessuno mai leggerà o valuterà. Qualche altra Regione ha stretto ancor più le maglie del “no” agli hobbisti impedendo l’acquisto di rame e zolfo oltre la confezione da chilo. Altre ancora gli hobbisti non li considerano proprio impendendo loro, anche volendo, di frequentare i corsi per ottenere i patentini. E infine altre, va pur detto, non si sono limitate a ridurre il quantitativo di prodotto acquistabile, a ignorare i milioni di hobbisti o ad alimentare una montagna di inutili scartoffie burocratiche: ai corsi non hanno proprio pensato, rispondendo con un nulla di fatto su tutta la linea…
Stando così le cose, ad oggi anche la passione per il giardinaggio o per l’orto è diventata un divieto. Che poi, a ben pensare, non è corretta nemmeno la distinzione tra amatore e utilizzatore professionale, distinzione che autorizza erroneamente talune Regioni a penalizzare l’hobbista. Il corso è uno, unico, uguale. L’unica distinzione ammissibile – per legge – dovrebbe essere tra persona in possesso di patentino in quanto formata e persona priva di patentino in quanto non formata. Esattamente come avviene per la patente di guida, per la licenza di pesca o per quella di caccia: il rilascio non è legato ad alcuna motivazione privata o professionale, ma ad una idoneità che deve rispondere a parametri fisici, psicologici, conoscitivi.
Non sa più come sollevare il problema Compag, l’associazione nazionale che rappresenta i commercianti di prodotti per l’agricoltura che, per voce del suo Presidente Fabio Manara, da mesi cerca insistentemente di sensibilizzare stampa, opinione pubblica e Istituzioni sul concreto rischio di disastro economico e ambientale se continuerà la non applicazione del PAN e non si provvederà rapidamente all’attivazione di corsi per poter rilasciare i patentini. Tutto tace. Un muro di gomma su cui rimbalzano motivazioni, fatturati, imprese, aziende, vite umane lasciate alla mercé di incompetenti organizzazioni politiche regionali incapaci non solo di fare, ma anche di demandare a organismi loro sottoposti. Una’ttusità talmente evidente che, anche davanti a soluzioni possibili, nega ciò che è ammesso per legge e rifiuta di riconoscere la formazione a distanza come valida al pari di quella frontale, praticamente inesistente. Che qualcuno si muova.
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