Inserita in Un caffè con... il 27/03/2016
da Enzo Li Mandri
BUONA PASQUA … MA LA PASQUA COS’È? DI ENZO LI MANDRI
Era entrato correndo senza guardare e si era lanciato in cucina aggrappandosi al grembiale della cuoca e indicando fuori; la porta spalancata come la sua bocca, il fiato grosso e gli occhi aperti all’inverosimile; Gina si limitò a sorridere, con mio grande stupore, e smise di spianare la pasta, si asciugò le mani con una tela adusa ai fornelli, gli prese una mano e si lasciò guidare; lo seguì, fuori dalla porta verso il giardino; la stradella, ancora incolta, si era ammantata di arancio e di margheritine, in un tripudio primaverile di profumi; dal giardino la zagara affondava prepotente nel cervello soverchiando i sensi, mentre il sole, appena sopra la collina, smantellava la corazza invernale delle paure e delle ubbie. Li seguii incerto, non capivo, non sapevo cosa avessero quei due con l’unica certezza, unita a po’ di malumore, che l’unico a non sapere che stesse succedendo ero io. Scomparvero in giardino tra l’erba ancora alta di un inverno mite e avaro, e a malincuore mi disposi a seguirli malgrado non fossi pronto … ma, in effetti, chi era pronto? Mi stupii mentre lo pensavo ma non ci feci caso più di tanto; mi feci strada tra le ortiche e la cannuccia, seguendo le tracce tra le peste e la verdura scostata dal passaggio dei due e li trovai giù al vallone, sotto il noce, che guardavano in basso; guardai anch’io e rimasi allibito! Da noi si chiama (il termine sembra francofono ma la terra è radicalmente elima) “garde l’om” ma per i puristi della lingua lo si può inquadrare tra le razze di ramarro che popolano facilmente il mediterraneo; era di un verde brillante a sfumare sull’azzurro del petto e grande (questo sì era inconsueto) quasi quanto un braccio; era fermo, su un ramo secco caduto dal noce, e, scintillante dei primi raggi del sole, sotto la sua zampa, stava fermo un anello; sembrava d’oro, ma nessuno osava toccarlo; rimasi senza fiato anche io a guardare quello strano animale; ero affascinato e preoccupato, a differenza dei due che invece sembravano quasi chiedergli qualcosa; sì, avevano l’atteggiamento di chi si aspetta qualcosa, e quel qualcosa arrivò! “Ben arrivato amico mio! Ti stavamo aspettando; non avremmo iniziato senza di te.” ero allibito mentre, ma non ero in grado di governarlo, il mio cervello prima, tutto il mio essere poi, regrediva allo stadio puberale, sì, insomma, ero tornato ragazzo, e con la forma, non solo fisica, erano tornate le sensazioni di allora, sepolte, dimenticate, violentate da una vita trascinata con gli occhi rivolti al suolo; frenai il pianto con rabbia: “sono qua!” dissi, e il garde l’om continuò: “Un tempo questa radura era sacra e dedicata alla Madre; un tempo gli uomini distinguevano, senza dubbi, tra la genitrice e la nutrice, cui pure erano grati e rispettavano, ma, nell’invocare la Madre, volgevano lo sguardo verso l’alto, alla pallida luna, chiedendo intercessione ed ascolto per Colei che era dietro il Velo. Paura e Mistero accompagnavano le loro preci e la Natura faceva sentire prepotente la sua presenza, una presenza da valicare per raggiungere la Dea. Poi venne il Padre, e la Dea si defilò. Gli uomini presto la dimenticarono, o, al più, la misero all’angolo disconoscendole il ruolo premievo. Alcuno disse che si era offesa, altri che aveva perso il potere, qualcuno disse di aver percepito un sussurro “Pan è morto!” e lo raccontò, completando l’Opera mentre una zattera di sbandati si arenava in terra Sabina, carica di miserie e di ignoranza. Il Velo si infittì diventando impenetrabile, l’Opera fu’ giusta e perfetta e calarono le tenebre. L’uomo rivolse al Sole le sue preci terrorizzato dal buio e dimentico della Luna; ambedue sono simboli rappresentanti il divino, ma per l’uomo nuovo, accecato da tanta luce non schermata, diventarono essi stessi Dei, e come tali adorati.” Si fermò un attimo e un fremito gli attraversò la pelle lucente, mentre le dita della zampa fecero girare l’anello verso l’alto mettendolo, per così dire, in piedi: “Questo è il patto dell’Alleanza, non l’Ara dei sacrifici! La Pasqua, festa di resurrezione, è Rito antico; prevalica i nuovi Dei solari e affonda le radici nella Nutrice che per la Madre agisce e lavora; il suo computo è lunare; la purificazione conta una lunazione e mezza, e percorre l’animo a ritroso facendo terra bruciata di sentimenti ed impressioni personali, mentre, rivivificando Ricordo e Memoria, attraversa il Deserto, alla fine del quale può trovare, se ha lavorato bene, e nel rispetto della moderazione del fuoco sacro, Sheebà, la Regina Madre e Origine delle cose, uomini e Dei. Ma per farlo deve essere veramente morto! Senza la dissoluzione non nascerà da lui la nuova vita, non risorgerà nello Spirito, oggi ammantato dell’immagine del Cristo. Oggi è Pasqua! In tutto il mondo si fa festa e i nuovi iniziati, che hanno chiesto di vedere la Luce, volgono lo sguardo dentro se stessi ad ammirare la Luce dello Spirito riscoperto! Non siate Voi ciechi, come i padri che sbarcarono in Sabina, ma, come Edipo, che violò la madre, siate consci dell’errore e strappate gli occhi del corpo affinché si apra quello dello spirito. È un giorno nuovo, domani il Messaggero farà piazza pulita dei briachi del potere e li ricaccerà nell’agone della quotidianità, poi volgerà la sua spada fiammeggiante verso il vostro cuore chiedendovi di essere, come Lui, i messaggeri del nuovo tra la gente, lavorando con umiltà e pazienza; sappiate essere all’altezza del valore che avete chiesto, e che vi si chiede di conquistare col sacrificio di voi stessi, passando dalle intenzioni ai fatti. Io, quale latore del Verbo, non chiedo, ma ordino e dispongo!” L’anello tornò lentamente poggiato al suolo mentre riprendevo cognizione di ciò che mi circondava; tornavano forza e vigore ai sensi inebriati dai profumi intensi, dai colori, dai raggi ormai caldi, dal vibrare della pelle al soffio leggero della Primavera. Proserpina torna dall’Ade, Cerere accarezza le verdi messi e la strada da percorrere è ancora tanta. Buona Pasqua di resurrezione Sorelle e Fratelli.
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