Inserita in Cultura il 23/02/2016
da REDAZIONE REGIONALE
BONANNO GIACOMO: CULTORE DEL DIRITTO CIVILE, CANONICO E FEUDALE. OCCUPA NUMEROSI RUOLI NEL REGNO DI SICILIA
Nacque a Salemi (TP) (si presume, però, che sia nato a Sciacca, luogo già di particolare radicamento della famiglia Bonanno) nei primi del sec. XV da Antonio, anche lui celebre giurista. (Il 16 marzo 1433 il padre Antonio era stato inviato dalla città di Sciacca al re Alfonso I d’Aragona per riscattare la capitaneria e la castelleria data in pegno per cento onze al maestro dell’Ordine cavalleresco spagnolo di Nostra Signora della Montesa. L’ambasciata ebbe esito positivo. Il padre, inoltre, aveva occupato importanti posizioni all’interno delle più insigni confraternite saccensi e manifestato adesione al movimento dell’Osservanza (cf. M. Portovenero, Società e diritto nella Sicilia medievale. Una famiglia di giuristi siciliani del ´400: i Bonanno, Casa Editrice Kimerik, Patti [ME] 2013, p. 133). La sua figura è spesso confusa con un altro Giacomo Bonanno da Caltagirone (cf. A. Romano, Su due giuristi siciliani del Quattrocento: Antonio e Giacomo Bonanno, in Scuole Diritto e Società nel Mezzogiorno Medievale d’Italia [a cura di Manlio Bellomo], vol. I, Editrice Tringale, Catania 1985, pp. 251-254). Si laureò il 5 marzo 1444 in diritto civile e canonico nello Studio di Ferrara. Da subito inizia una produzione letteraria legata all’insegnamento universitario. Si fa riferimento a una repetitio sulla l.si unquam, C. de revocandis donationibus conservata all’interno del manoscritto Trotti della Biblioteca Ambrosiana di Milano (cf. M. Portovenero, Società e diritto nella Sicilia medievale, p. 104). Del 1447, ancora a Ferrara, è un altro scritto che «tratta di una quaestio disputata del giurista in cui, oltre ad essere affermate le sue competenze, si legge che il Bonanno fu tra i promotori della laurea di un tale Saladinus de Casalibus» (cf. ib., p. 105). Tornato in Sicilia, mette a servizio del regno le sue competenze e la sua carriera è in ascesa, occupando posti di prestigio negli ambienti di corte. Diviene così Tesoriere, Conservatore, Giudice della Regia Gran Corte, Maestro Regio Consigliere e Maestro Razionale (lo è certamente nel 1454, anno in cui si parla del suo corrispettivo di uncias centum ordinarii salari come Maestro Razionale e di uncias viginti quatuor come giudice della Regia Corte). Giacomo nel 1452 ricevette l’incarico da Giovanni d’Aragona di redigere i Capitoli del Regno di Sicilia assieme ad altri giuristi, quali Giovanni Taranto, Cristoforo de Benedictis e Giacomo de Circo (lo riferisce S. Cognata in Salemi fedele che indica di cf. C. Giardina, Le fonti della legislazione siciliana, in «Archivio Storico per la Sicilia», vol. I [1935] p. 72). Nel 1463 diviene Maestro Razionale, Tesoriere e Conservatore del Regio Patrimonio da esercitarsi nella giurisdizione dell’intero regno; questo gli permette di intensificare i rapporti con il potere pubblico, vicino all’ambiente di corte. Nel 1465 è ancora Maestro Razionale. La sua fama di giurista e la sua carica continuano ininterrottamente per un trentennio. Riceve incombenze a Messina (1468), a Cefalù (1472), per prelevare la somma di 1160 onze e 22 tarì, data in prestito alla Regia Corte dal Capitolo della Cattedrale. Nel 1473 ricevette la nomina a console di Tunisi in Sicilia da re Abù Othàn. Esperto in diritto feudale, segue una delle numerose cause di Beatrice Rosso Spatafora, contessa di Sclafani e di Caltavuturi, riguardante le dispute giudiziarie tra Enrico iunior Rosso e la sorella Beatrice per il possesso dei feudi, dei castelli e delle terre (cf. M. Portovenero, Società e diritto nella Sicilia medievale, p. 108). Il Bonanno continua nello stesso tempo a occuparsi degli affari di famiglia, avviando il figlio Gerardo Antonio nella stessa professione. Nel 1477 chiede così che il salario per l’attività di Maestro Razionale e di Tesoriere sia corrisposto al figlio dalla secrezia di Palermo (100 onze), di Termini (30 onze) e di Messina (20 onze). È spesso inviato in diverse parti del regno per risolvere le dispute più varie, così nel 1476 è inviato a Corleone per risolvere la controversia tra la madre abbadessa e Andrea de Golino, massaro delle proprietà della religiosa, nel 1478, insieme a Giacomo de Pilaya, è a Modica per risolvere una questione che riguardava la contessa di quella città. Il Bonanno si dimostra versatile e dai diversi interessi, come fonte di guadagno, finalizzati al suo arricchimento. Nel 1478 in una controversia contro il mercante Geronimo de Grimaldo riguardante commerci avvenuti con certi missinisi per causa de una represaglia facta ad una navi interviene lo stesso vicerè Guglielmo de Peralta quando risiedeva in quella città. Nel 1485 è incaricato dal viceré Gaspare de Spes di redigere alcuni capitoli, che si sviluppano in sette punti (cf. ib., pp. 112-120), riguardanti la Corona e il Vescovo di Malta, quest’ultimo chiedeva maggiori prerogative dei propri ambiti rispetto a quelle regie: «Gli atti capitolari vertono su materie eterogenee che toccano differenti ambiti normativi, dal diritto processuale a quello sostanziale, dal diritto pubblico a quello privato, dal diritto civile a quello criminale» (ib., pp. 112-113). Il 21 ottobre 1470 Giacomo Bonanno, in occasione di un viaggio per mare al seguito del viceré Lop Ximen Durrea, redige il suo testamento: «È un prezioso strumento di indagine sulla condizione patrimoniale e sulla dimensione umana del giurista» (ib., p. 121). È diviso in ventinove paragrafi e si apre con «In nomine domini nostri Dei magni omnipotentes domini nostri Iesu et gloriose Virginis Marie» (ib., p. 121) cui seguono i nomi di alcuni Santi: Nicola, Caterina e Leonardo. Preservando la concezione del lignaggio secondo la definizione feudale, garantisce alle due figlie Alienora e Polisena, oggetti, proprietà e un’eguale somma a ciascuna, mentre nomina il figlio Gerardo Antonio erede universale e a lui lascia le proprietà di Sciacca (sono numerosi i riferimenti a questa città che chiama «taberna mea» e a Salemi) e Licata. Alla moglie Antonella affida ampi poteri sull’amministrazione e la gestione dei beni a lei assegnati e in caso di lite tra i figli, per ricomporre i contrasti, la costituisce giudice supremo senza che la sua volontà possa essere messa in discussione. Come risulta dal suddetto testamento, Giacomo muore a Sciacca (non si sa esattamente quando) ove ha tenuto uno Studio legale (cf. I. Scaturro, Storia della Città di Sciacca, Napoli 1925, vol. I, p. 593), ha avuto parecchi possedimenti e ove aveva risieduto gran parte della sua vita. Il corpo, vestito con un saio dell’Ordine carmelitano, è seppellito, secondo la sua volontà, nel convento di S. Francesco d’Assisi a Sciacca, abitato dai Frati Minori, ove si trova la cappella di famiglia. Scritti su Bonanno: S. Cognata, Salemi fedele, Salemi 1956, pp. 9-13; Id., Da Alicia a Salemi, Salemi 1960, p. 50; A. Romano, Su due giuristi siciliani del Quattrocento: Antonio e Giacomo Bonanno, in Scuole Diritto e Società nel Mezzogiorno Medievale d’Italia (a cura di Manlio Bellomo), vol. I, Editrice Tringale, Catania 1985, pp. 238-258; M. Portovenero, Società e diritto nella Sicilia medievale. Una famiglia di giuristi siciliani del ´400: i Bonanno, Casa Editrice Kimerik, Patti (ME) 2013, pp. 101-151; C. Giardina, Le fonti della legislazione siciliana in ASPS, vol. I (1935) p. 72. SALVATORE AGUECI
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