Inserita in Un caffè con... il 18/07/2015
da REDAZIONE REGIONALE
SALVATORE AGUECI E IL LUOGO SACRO
Tentiamo di capire che cosa è un “luogo”, in particolare un “luogo sacro”, e che cosa lo rende tale, per comprendere, poi, il rapporto che esso ha con il divino, con la creazione e con l’umano, anche alla luce dell’Enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco. Nel definire il “luogo” si dice che esso è un ambito spaziale «idealmente o materialmente» determinato. Il dizionario Treccani dice ancora che è uno «spazio circoscritto riconducibile a entità geografica o topografica, oppure alle caratteristiche o alle funzioni proprie di un ambiente», per questo si parla di luogo stabilito, di patrono del luogo o luogo di culto, di divertimento, di peccato. Di esso si può anche avere una definizione scientifica, identificabile con delle coordinate geografiche di latitudine e di longitudine o una spiegazione umanistica e s’intendono quegli spazi emotivamente vissuti: il soggetto prevale sui dati fisici. In questo caso il luogo assume importanza perché legato a ricordi, sentimenti, suggestioni personali. Il termine in questione, collegato alla parola “sacro” assume un significato più profondo. “Sacro” proviene dalla radice sanscrita sac/sak/sag con il significato di “aderire”, “attaccare”, “avvincere”, nel senso di unire-collegare. “Sacro” è allora – dice Francesco Teruggi, scrittore e giornalista - tutto ciò che è unito indissolubilmente e senza intermediazione a un ”altro”, che potremmo chiamare “divino”, “Infinito”. “Luogo sacro” è un “punto” in cui la materialità creata e umana si toccano con il divino, realtà superiore e assoluta. Le due realtà coabitano. Così inteso ogni luogo è sacro, sia perché è opera della creazione diretta dell’Infinito, «Dio vide che tutto quel che aveva fatto era davvero molto bello» (Gn. 1, 31) e sia perché diventa il luogo del dialogo tra l’umano e Dio: «Togliti i sandali, perché il luogo dove ti trovi è terra sacra! (Es. 3, 5). Un luogo è sacro, quindi, o per sua natura, “da sempre”, o perché collegato a una presenza, a un intervento o a un fatto straordinario. Il luco, boschetto (dal latino lucus, «radura nel bosco, dove arriva la luce del sole») indicava, presso gli antichi Romani, il luogo sacro. In parecchie religioni il luogo è ritenuto dimora della divinità o di potenze sovrumane imprecisate e luogo (diverso dal tempio) ove si attuano culti a divinità, legati alla natura selvaggia. Nel mondo arabo il termine mashhad , “luogo di riunione”, indica il luogo sacro, perché associato a una costruzione, o perché vi è seppellito un personaggio musulmano stimato. Il luogo sacro fin dalle origini è “luogo d’immunità” e la acquista chi in esso (può essere un altare, una statua del dio o, in seguito, dimora dell’imperatore) vi si rifugia. Secondo un’antica leggenda riportata da Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.) nelle Decadi, si dice che Roma si popolò e diventò grande, grazie all’istituzione, da parte di Romolo, dell’asylum (asilo) sul Campidoglio, nel quale poterono rifugiarsi tutti gli esuli, fuggiaschi, viandanti, etc., dai paesi vicini. Il “luogo sacro” è “casa comune” e “luogo comune” se l’uomo lo abita con dignità; ogni luogo diviene, infatti, il punto centrale dell’universo se l’uomo lo fa diventare idealmente e fisicamente tale. Può essere arido o fecondo, a seconda come lo “si coltiva”. Quel “crescete e moltiplicatevi” (Gn. 9,1) dell’origine è applicato, in senso lato, alla produzione e riproduzione. È l’uomo che rende sacro un luogo o lo dissacra, attraverso i suoi comportamenti e con riferimento all’uso che ne fa: come dimora di Dio o come luogo di perdizione. Così ogni chiesa e ogni posto sono sacri se diventano luoghi di preghiera e di unione con Dio, «Tu invece, quando preghi, entra in camera tua e chiudi la porta. Poi, prega Dio, presente anche in quel luogo nascosto. E Dio tuo Padre, che vede anche ciò che è nascosto, ti darà la ricompensa» (Mt. 6, 6) ma, ahimè, diventano luoghi profani (pro,davanti, fanum, il tempio) se si commettono abomini e si usa il posto per finalità non consoni alla creazione e all’uomo stesso. Un territorio, ad esempio, si può dissacrare se non si rispetta la natura stessa e si deturpa. È in uso nel mondo cattolico fare benedire la casa o la macchina, giusta consuetudine per il credente dell’importanza di questo sacramentale perché s’invoca la protezione di Dio sui beni che si usano, ma non bisogna dimenticare che coloro che devono benedire effettivamente questi beni sono i componenti la famiglia e i guidatori che con il loro corretto vivere e guidare rendono la casa e la vettura “sacre”, ovvero luogo della presenza di Dio. Guai però se la benedizione si usa come atto di superstizione, accoppiando l’atto spirituale con l’utilizzo del nastro rosso, il corno rosso, il gobbo o altri amuleti. Poiché il luogo è sede dell’immanenza di Dio, principalmente nel cuore dell’individuo Dio è presente come coscienza che opera nel proprio intimo (S. Agostino). Ecco perché, anche se in mezzo a tanti frastuoni, l’uomo è capace di trovarsi uno spazio in cui rinchiudersi per riflettere e pregare. Certamente il silenzio aiuta e concilia il rapporto uomo-Dio. L’animo dell’uomo può diventare per questo altare su cui sacrificare, sacrum facere (spesso nel passato con sacrifici cruenti di uomini e animali) e consacrare, cum sacrare, rendere sacro con qualcosa, ma anche consacrarsi (offrire se stessi alla maniera di Cristo che si offrì al Padre), rinunciando a se stesso e immolandosi a Dio, ai fratelli, al creato (in origine serviva per superare la materia e, contemporaneamente, accorciare la distanza che lo separava dal divino). Nel consacrarsi l’uomo supera l’isolamento nel quale si trova e scopre, in ogni luogo e tempo, che non è solo ma ha una compagnia che lo fa sentire in comunione: scopre l’Amore. L’uomo, ancora una volta è autore e signore della propria vita e costruttore del proprio destino, sprofondando nell’Infinito, passando dal càos (greco χάος, essere aperto) al còsmos (greco kòsmos, tutto armonico e ordinato), dal “luogo” circoscritto, al “non luogo” indefinito, trascendente, senza fine di spazio e di tempo (S. Agostino, Boezio, S. Anselmo, S. Tommaso).
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