Inserita in Cultura il 17/06/2015
da REDAZIONE REGIONALE
EGADI - SETTIMANA DELLE EGADI GIUNTA ALLA CHIUSURA
Mentre nello Stabilimento Florio, a conclusione della Settimana delle Egadi al tempo dell’Expo, si svolgeva il Workshop: Geoswim, a cura di Stefano Donati, direttore dell’Area Marina Protetta, alcuni grandi tonni sono entrati nel porto di Favignana, ma la tonnara non era stata calata così hanno potuto riprendere indisturbati il loro cammino. Molto probabilmente, se torneranno l’anno prossimo, la tonnara fissa li aspetterà per catturarli. Dal 5 al 10 giugno tanti scienziati e studiosi esperti di pesca, di tonno, di archeologia navale, di alimentazione, invitati dal Sindaco Giuseppe Pagoto, a partecipare alla manifestazione, hanno comunicato le novità su questi argomenti. All’apertura dell’evento, Giulia D’Angelo ha illustrato, proiettando le immagini, la storia della Settimana delle Egadi che risale agli anni 80 e che il Sindaco, con la collaborazione fondamentale, degli abitanti e degli operatori turistici, ha voluto riproporre, anche quest’anno. Giuseppe Pagoto, si è dichiarato molto soddisfatto dei risultati raggiunti e ha dichiarato che l’anno prossimo la Settimana delle Egadi sarà programmata per l’ultima settimana di maggio, così come si faceva in passato, durante l’arrivo dei grandi tonni, nel periodo della riproduzione. Ha ringraziato, oltre agli operatori turistici di Favignana, anche Maria Guccione e Giulia D’Angelo che hanno coordinato il lavoro di numerosi volontari, elaborato il programma e invitato i relatori e i giornalisti. Abbiamo constatato, ha detto il Sindaco, che la Settimana delle Egadi potrà trasformarsi in una tradizione territoriale di grande impatto emotivo e di alto valore culturale, così come in passato avevano pensato Nino Allegra e Gin Racheli in collaborazione con Maria Guccione e Giulia D’Angelo. Gli incontri della Settimana delle Egadi al tempo dell’Expo, si sono svolti a Favignana, all’interno dell’ex stabilimento Florio. Si inizia il 5 giugno con l’architetto, Paola Misuraca, che ha parlato del lavoro svolto dalla Soprintendenza BB.CC.AA di Trapani nello Stabilimento Florio dal 2009 al 2014 e la programmazione di nuove attività, in collaborazione con il Comune di Favignana. Si è dichiarata molto soddisfatta per i numerosissimi visitatori che vengono da tutto il mondo a visitare il complesso museale, che ospita, tra l’altro, alcuni rostri delle navi romane e cartaginesi che parteciparono alla battaglia delle Egadi durante la prima guerra punica e altri reperti recuperati da Sebastiano Tusa della Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia. Della risorsa pesca, ne ha parlato Giampaolo Buonfiglio, presidente dell’AGCI Agrital, che ha illustrato, cifre alla mano, come le risorse ittiche dell’Italia, diminuiscano annualmente creando non poche difficoltà economiche alla pesca professionale. La sigla indica l’ Associazione Generale Cooperative Italiane Settore Agro Ittico Alimentare. L’organizzazione conta l’adesione di mille cooperative, di cui 44 Consorzi che operano nell’intera filiera del settore della pesca, acquacoltura, agricoltura ed in generale della produzione alimentare, delle attività indotte e connesse e vi aderiscono 152.500 soci. La pesca italiana, ha detto Buonfiglio, sta producendo molto meno, questo anche in conseguenza di una significativa riduzione sia della flotta peschereccia che dei pescatori imbarcati. Poco o nulla si sa di quanto incidano altre fonti di impatto sullo stato delle risorse ittiche. La pesca, interamente dipendente dalle condizioni dell’ambiente e dallo stato delle risorse, è la più facile da mettere sul banco degli imputati, venendo condannata a varie misure restrittive, dalla efficacia solo parziale. Ma il fatto che ci siano altre attività antropiche che danneggiano mare e risorse non significa che la pesca sia innocente e che non debba fare la sua parte. Lo deve fare al più presto, abbandonando l’idea di non cambiare nulla e aspettando che l’approccio ecosistemico, la blue economy, la marine strategy passino dalla carta e dalle chiacchiere, ai fatti. In che modo arrivare alla pesca sostenibile? Attraverso quali misure? In quali tempi? La Politica Comune della Pesca riformata è la formula giusta e sufficiente? Su questo, sulle possibili innovazioni dei modelli di gestione e sulle politiche idonee a favorirle, è necessario sviluppare una profonda riflessione. Corrado Piccinetti, biologo marino e docente dell’università di Bologna, che insieme a Raimondo Sarà, ha effettuato, nei primi anni 80 a Levanzo, esperimenti per la riproduzione del tonno in gabbia, ha illustrato la possibilità di salvezza per il settore economico che si occupa della pesca del tonno. Un aiuto a questo settore, ha detto, potrebbe venire dalla cattura e l’allevamento di piccoli tonni, dentro le gabbie. Questo sarebbe un incremento per le tonnare che potrebbero aumentare la commercializzazione dei tonni, aiutando così, gli imprenditori del settore. Della tradizione della pesca nelle isole, ne ha parlato Giovanni Basciano dell’AGCI Agrital Sicilia. È necessario, ha detto, salvaguardare i piccoli pescatori e soprattutto raccogliere tutte quegli attrezzi e strumenti che usano per pescare le diverse specie di pesce, soprattutto nelle piccole isole. Marcella Croce, giornalista e scrittrice, presidente del Centro Studi di Palermo Avventure nel mondo, ha parlato del “Tonno nella cultura siciliana” ricordando come le virtù di questo grande pesce, fossero note fin dall’antichità. Nelle acque della Sicilia , racconta Marcella Croce, si è pescato tonno per almeno dodicimila anni, senza soluzione di continuità e ce lo ricordano anche opere artistiche, come il celebre cratere del venditore di tonno rinvenuto a Lipari ed esposto al museo di Cefalù, oltre ai famosi graffii e pitture rupestri della Grotta del Genovese a Levanzo. Lo scrittore, Marco Ferrari, ha presentato il suo volume “Mare Verticale” parlando delle bellezze delle Cinque Terre e della difficoltà dal preservarle dall’invasione internazionale del turismo di massa, che ne mette in difficoltà la sopravvivenza ambientale. I giornalisti e i partecipanti al convegno, compresi una ventina di turisti provenienti da La Spezia, si sono soffermati ad ammirare i quadri di Giovanna Guccione dedicati ai Rais di Favignana e la Mostra dei libri di mare riguardanti la gastronomia, la biologia, l’archeologia e la pesca, curata dalla Biblioteca di Favignana e dalla Libreria Internazionale il Mare di Roma, . Il ristorante Quello che c’è c’è, nel centro del paese, ha invitato giornalisti e relatori, offrendo piatti tradizionali rielaborati dal loro chef, mentre la cena è stata offerta dal ristorante Giardino nelle Cave, che si trova nella zona dove si estraeva il tufo, trasformata in un vero e proprio giardino ipogeo, ricco di vegetazione. Il 6 giugno Sebastiano Tusa ha esposto gli ultimi risultati della ricerca effettuata nelle acque a nord-ovest di Levanzo, dove ebbe luogo la Battaglia delle Egadi. La ricerca condotta da anni dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana in collaborazione con la RPM Nautical Foundation di George Robb e Jeff Royal, ha raggiunto obiettivi scientifici di grande rilievo e il recupero di una notevole serie di reperti di grande valore storico, archeologico e documentario pertinenti la Battaglia delle Egadi che pose fine alla prima guerra punica il 10 marzo del 241 a.C. a favore dei Romani. Entro l’anno, o al massimo agli inizi del 2016, ha detto Tusa, i reperti della Battaglia delle Egadi verranno esposti nell’ambito di una sezione espositiva dello Stabilimento Florio di Favignana dove grande spazio avrà la multimedialità mirata a rendere possibile una ricostruzione virtuale della battaglia. Eccone la ricostruzione: L’ammiraglio romano, Lutazio Catulo, intuisce la rotta delle navi cartaginesi che, da Hierà (Marettimo), evitando la costa pattugliata tra Drepana (Trapani) e Lilibeo (Marsala), avrebbero puntato su Erice, ampliando il raggio di navigazione verso l’accesso nord-orientale dell’attuale Torre di Bonagia. Occorreva tagliarne la rotta, volgendo a favore dei Romani quel forte vento di libeccio che, pur propizio alle vele nemiche, non le avrebbe comunque alleggerite del pesante carico di vettovaglie in caso di un attacco a sorpresa. Lo scontro avvenne a Nord di Levanzo, laddove le ricerche archeologiche hanno messo in evidenza le prove che ormai fugano ogni dubbio sulla reale cinetica della battaglia. Lutazio Catulo si nascose dietro l’alta mole di Capo Grosso di Levanzo e, quando vide sopraggiungere il nemico a vele spiegate, diede ordine di salpare in fretta in modo da colpire le navi nemiche al traverso. Ci volle poco a scatenare la confusione e lo sgomento tra i marinai cartaginesi. In preda al panico parte della flotta rientrò verso Cartagine, parte fu distrutta o catturata da Lutazio Catulo. Sebastiano Tusa ha anche affrontato i temi della pesca nell’antichità. Il suo racconto inizia nel paleolitico superiore e mesolitico, cioé al primo periodo di diffusa e corposa presenza dell´uomo nelle caverne della Sicilia, tra i 14.000 ed i 6.000 anni fa. Alla dominanza della caccia, si sovrappose la raccolta di molluschi marini e, successivamente, la pesca. Nell’arcipelago delle Egadi ce lo dimostrano le pitture rupestri della Grotta di Cala dei Genovesi, gli stabilimenti per la produzione del garum di Levanzo e Favignana e, quale apoteosi di una millenaria tradizione mediterranea di cultura e coltura del mare, quell’eccezionale complesso che è l’ex stabilimento Florio di Favignana, il più grande complesso ittico-industriale mediterraneo mai creato per la pesca e la lavorazione del tonno tra il ‘700 ed il ‘900. Il ruolo della pesca è molto importante in epoca romana. Lo vediamo sia attraverso una ricca iconografia, ma anche mediante l’evidenza architettonica delle istallazioni per la lavorazione del pesce, sia per essiccarlo e salarlo che per produrre il garum. Anche a proposito di quest’attività sono le Egadi a fornirci una delle evidenze più significative, a Levanzo, sulla suggestiva lingua di terra che si protende sul mare con al culmine la Punta Altarella. Qui si trova un impianto costituito da numerose vasche quadrangolari rivestite di cocciopesto con gli angoli smussati. La loro profondità originaria doveva aggirarsi sui cm 80 /90. Dal materiale raccolto si evince che l’impianto ebbe una lunga vita tra il III secolo a.C. ed il III d.C. Mare come veicolo di commerci, mare come mezzo di collegamento culturale, mare come ponte per migrazioni, mare come serbatoio di energia alimentare. Il legame tra passato e presente ci aiuta a comprendere ancora una volta come il destino di tutti noi sia legato ai destini del mare. Sebastiano Tusa ha concluso sottolineando l’importanza del rapporto tra uomo e mare e la necessità di mantenere, questa risorsa integra, rispettandone caratteristiche e naturalità. Il dibattito prosegue con Rosario Lentini che propone la formazione di un Museo di Storia delle Tonnare Siciliane con sede all’ex stabilimento Florio di Favignana e Formica. Lo stabilimento, costruito nella seconda metà dell’800, costituì un’opera avanzata e innovativa per la lavorazione del tonno. La necessità di preservare ciò che rimane e di dare una visione unitaria ad una delle attività produttive più antiche, imporrebbe di destinare alcuni ambienti dell’Ex Stabilimento Florio ad un istituendo museo di storia delle tonnare siciliane Lo stabilimento, dice Lentini, ha tutte le caratteristiche e i requisiti per aspirare a diventare luogo privilegiato della memoria storica dell’economia plurisecolare della pesca del tonno. Subito dopo, l’avvocato Pier Paolo Greco, racconta le esperienze dell’unica tonnara italiana ancora in funzione all’Isola San Pietro in Sardegna e spiega come il concetto di importanza delle tonnare non sia legato solo alla produzione del tonno, ma abbia un valore aggiunto non quantificabile come capitale socioculturale generato dalle tonnare . La produttività delle tonnare, dice, dovrebbe essere basata su adeguati modelli bioeconomici. Le quote tonno dovrebbero tener conto anche degli aspetti culturali. E’ necessario sostenere le tonnare con programmi scientifici di monitoraggio per verificare l’efficacia del Piano di ricostituzione del tonno rosso. Sarebbe utile continuare a promuovere programmi di ricerca e di formazione per studenti e ricercatori. Infine, conclude Greco, si dovrebbe promuovere un programma per preservare e conservare la memoria storica della cultura delle tonnare che comprende il patrimonio architettonico, le usanze, i canti, coinvolgendo gli enti locali, i privati, gli uffici del turismo, le organizzazioni no-profit e sostenere un Consorzio internazionale tra le tonnare atlantiche e del Mediterraneo. Il programma prosegue con Tonnare: un’altra storia è possibile? E’ il titolo del lavoro presentato da Antonio Di Natale, biologo marino e ricercatore Iccatt. La pesca del tonno, racconta, è una attività che si pratica da circa 7.000 anni e le tonnare sono attive da 2.600 anni. Sono la prima vera attività industriale dell’uomo. Fin dagli albori, l’organizzazione era basata sia sul prelievo organizzato a mare, sia da un successivo trattamento a terra, con stabilimenti di salatura e conservazione che raggiungevano anche dimensioni rilevanti, distribuiti ovunque nel Mediterraneo, nel Mar Nero e nelle aree costiere vicino allo stretto di Gibilterra. La prima descrizione di questo tipo di pesca ci viene fornita da Oppiano nel 177 a.C. e nel 1154, El Idrissi, ci tramanda una prima indicazione su quelle distribuite in Sicilia. Per secoli, hanno rappresentato un’attività economica molto importante, estremamente rilevante e hanno dato luogo anche ad architetture specializzate con un progresso tecnologico settoriale che ha avuto ricadute anche su altre attività. La cultura delle tonnare, prosegue Di Natale, fatta da antiche sapienze, da canti e tradizioni, resta probabilmente la più solida pagina della cultura marinara mediterranea. Dopo la II guerra mondiale, le tonnare si avviarono velocemente verso una drastica riduzione numerica, dovuta a diversi fattori. L’elevata necessità di manodopera, insieme alla diminuzione della popolazione di tonno, dovuta alla sovraproduzione, causarono la riduzione delle tonnare solo a una ventina di stabilimenti di cui solo tre sono ancora attivi nel Mediterraneo. Ora le condizioni sono cambiate e sembrano essere molto favorevoli: la popolazione di tonno è tornata ad alti livelli, l’elevata disoccupazione rende i sistemi ad alta intensità di lavoro socialmente importanti, la qualità del prodotto può assicurare un valore aggiunto e le tonnare stanno sperimentando diversi approcci all’utilizzazione della risorsa tonno che consentono un migliore bilanciamento tra costi e ricavi. Conclude, Di Natale, uno studio del Parlamento Europeo ha proposto che le tonnare vengano dichiarate dall’Unesco Patrimonio Culturale dell’Umanità. Si prosegue con Andrea Gabbrielli, scrittore e giornalista che presenta il suo volume “Il vino e il mare - guida alla vita difficile delle piccole isole” della casa editrice Iacobelli. Luigi Veronelli, dice, li chiamava “angeli matti” perché rincorrono un sogno combattendo contro ogni genere di avversità geografica e climatica. Il volume di Gabbrielli prende in considerazione i vignaioli delle piccole isole italiane che producono vini unici per intensità ed aromi e con il loro lavoro svolgono un ruolo fondamentale per la manutenzione del paesaggio insulare continuando una tradizione produttiva millenaria. Sino a qualche anno fa, racconta Gabbrielli, paesaggio e vitivinicoltura insulare stavano scomparendo, ora piccoli tentativi, affiancati da importanti investimenti stanno segnando una nuova fase della sua storia e rappresentano una limitata inversione di tendenza. Se l’analisi delle isole come zone vinicole di grande pregio di alto valore storico, ambientale, paesaggistico, sociale e turistico è valida, è necessario che queste colture, definite “eroiche” vengano incentivate e sostenute dalle istituzioni. Gabbrielli, infine, evidenzia l’attualità di questa produzione vitivinicola e al tempo stesso rivolge un omaggio agli “angeli matti” che ogni giorno continuano a coltivare la vite e a produrre vino nelle piccole isole, come i Firriato a Favignana. E’ quindi naturale per gli ospiti, subito dopo la presentazione del vino Firriato effettuata da Federico Lombardo di Monte Iato, assaggiare questo vino che si produce a Favignana e la cui vite viene anche concimata con i resti spiaggiati della posidonia oceanica, di cui sono ricchissime queste isole. Il vino verrà accompagnato da tartine di tonno elaborate da Salvatore Tammaro del Bar del Corso di Favignana. Successivamente tutti si trasferiscono in piazza Madrice al ristorante A’ Cialoma, dove li aspetta Giovanni Grammatico, nel suo locale incastonato tra due giardini ipogei, con la sua area all´aperto irresistibile punto di forza. Si mangia cucina locale e il luogo è così suggestivo che sembra di sentire da un momento all’altro lo Scialomatore che canta Aja mola aja mola dando inizio alla pesca del tonno nella tonnara fissa di Favignana. Tornati allo stabilimento Florio, Josè Lopez, presidente della muy noble Associacion del Amigos de atun ( thunnus thinnus) y amantes del vino de la Isla Cristina in Spagna, racconta le esperienze dei Rais Spagnoli nel Golfo di Cadiz nell’ultimo quatto del secondo XX. Racconta anche la storia del Rais Josè Martin che negli anni 60 aveva partecipato alla pesca del tonno nella tonnara di Favignana insieme al Rais Sebastian Carrillo. Dice Josè Lopez, i Rais Spagnoli formatisi nelle tonnare del Consorzio Nazionale e in quelle del Marocco, rimasti in attività fino agli inizi del XXI secondo, hanno catturato più di 500.000 tonni con un peso superiore ai 180 Kg. E’ stato quindi naturale l’incontro con l’attuale Rais di Favignana Gioacchino Cataldo e il tonnaroto Clemente Ventrone, il più famoso e fotografato della tonnara di Favignana. Quando era ancora in funzione la tonnara, Gioacchino e Clemente pescavano insieme tonni che arrivavano al peso di 500 Kg. Questo scambio di informazioni anche sulle diversità delle tonnare di “andata” e di “ritorno” è stato suggellato dal sindaco delle Egadi Giuseppe Pagoto, che ha donato a Lopez, il bellissimo volume fotografico “ I Volti del mare” di Jò Martorana. Josè Lopez, infine, ha invitato tutti i partecipanti alla Settimana delle Egadi, alla festa dei Rais spagnoli, dal 6 al 12 settembre 2015, sull’isola Cristina in Spagna. Dopo i rappresentanti dei Rais Spagnoli è la volta di Sonia Chellini, vice presidente Slow food Italia, che parlerà del lavoro svolto da Slow food e la formazione dei Presidi. Abbiamo coinvolto, ha detto, migliaia di agricoltori, allevatori, pescatori. artigiani dell’agroalimentare così da consentire l’affermarsi di valori fondamentali come la tutela della biodiversità e dei saperi produttivi tradizionali. In tal modo abbiamo contribuito a salvare numerose razze animali, specie vegetali, formaggi, pani e salumi che rischiavano l’estinzione. I Presidi hanno contribuito a dimostrare che un’altra agricoltura e un’altra produzione alimentare è possibile. Con i Presidi del mare ora tuteliamo anche i prodotti della pesca e quelli della terra che con il mare hanno una stretta relazione. I Presidi nelle piccole isole dovranno avere il ruolo di “sentinelle ambientali” con la loro profonda identità delle comunità locali. I libri hanno avuto in questa Settimana delle Egadi, un ruolo importante, sia con la Mostra, sia per la presentazione di volumi, tra cui quello di Nadia Repetto e Sergio Rossi: “ Le ragioni del Tonno” della casa editrice Sagep. L’autrice, ligure, biologa marina, da sempre collabora con le cooperative dei pescatori e quindi si occupa dei problemi della pesca. Conoscere le diverse specie di tonni del Mediterraneo, ha detto, serve a capire se e quali di esse siano a rischio. Sul tonno si leggono diverse opinioni e considerazioni che spesso disorientano chi voglia semplicemente saperne di più su questo grande pesce. “Le ragioni del tonno“ non è una sintesi dei singoli interventi, ma un percorso informativo globale intorno ad uno straordinario abitante dei nostri mari. Il libro si avvale di numerosi interventi di scienziati ed esperti del settore dando modo al consumatore di avere tutti gli strumenti per decidere cosa comprare e cosa mangiare. A seguire, Sebastiano Tusa presenta il suo ultimo volume, fresco di stampa “Euploia”, una buona navigazione alla scoperta del patrimonio storico-archeologico e culturale marino nella Sicilia occidentale. Il libro descrive quanto è stato fatto nel campo della ricerca archeologica subacquea nella Sicilia occidentale nell’arco di un decennio. Ma racconta anche quanto è stato fatto prima dai pionieri dell’archeologia subacquea in Sicilia. Un racconto attraverso scoperte e luoghi che hanno contribuito a accrescere le conoscenze dell’isola nel suo millenario rapporto con il mare. Tutto ciò che viene descritto, dice Tusa, non è il frutto di un lavoro solitario, bensì di gruppo, infatti l’esperienza mi induce ad essere sempre più convinto che solo il lavoro di squadra, ben diretto sia l’unica via valida verso il successo. Quindi interviene Maria Guccione, che parla di pesci poveri e umili e prodotti della terra per piatti saporiti. Se dovessi indicare la mia preferenza verso una delle categorie tematiche sul cibo, scelte dall’Expo, afferma Maria, sceglierei “cibo sostenibile per un mondo equo”. In questa categoria sicuramente potrebbe avere un posto d’onore la cucina povera. Quella cucina che, grazie alla fantasia di chi sta ai fornelli, riesce a creare dei veri capolavori utilizzando in modo parco ingredienti poveri che poco tolgono al pianeta. Molte ricette che utilizzano questi ingredienti, prosegue Maria, sono descritte del libro “Fracatole” elaborato insieme a mia sorella Giovanna. Anche il pesce, prosegue, ha la sua parte nella gastronomia povera delle Egadi. Ci hanno abituato per anni a comprare il pesce di prima e a scartare i pesci di poco prezzo come sarde, sauri, sgombri, aguglie, lattarini, pettini rosa, palamiti, quasi fosse vergognoso ricordare i tempi in cui eravamo poveri. Per fortuna, prosegue Maria Guccione, le cose cambiano e ci rendiamo conto che mangiando pesce povero non solo evitiamo il supersfruttamento del mare, ma aiutiamo il bilancio familiare e ci alimentiamo con un prodotto salutare, saporito e ricco di grassi polinsauri. Sicuramente tutti considerano la pasta con le sarde e anche le sarde a beccafico, ambasciatrici di sicilianità nel mondo. Abbiamo anche le polpette di sarde, le sarde allinguate, le sarde arrosto, ma anche lo sgombro e palamito cotti in agrodolce “ è la morte d’iddi” dicono i vecchi pescatori siciliani. Prosegue, Maria, avete provato a mangiare un fritto di lattarini o di aguglie o anche di pettini rosa? Provateci, conclude, dimenticherete triglie e dentici e tornerete in queste isole dove è ancora possibile trovarli e mangiarli. Dopo questo intervento era d’obbligo degustare nei vari ristoranti convenzionati, un piatto della casa, quindi anche la degustazione delle Frascatole all’aragosta, preparate dall’Associazione La Cucina Siciliana delle “Cummari Trapanisi” e servite nel ristorante Tempo di mare. Questo particolare piatto, nato a Favignana, è stato inserito nel registro delle eredità immateriali locali (REIL). Varrebbe la pena di effettuare una gita alle Egadi solo per gustarlo. Si continua il programma a piazza Europa, con la proiezione dei video: La pesca del tonno in Sicilia dell’Istituto Luce; Pesca del tonno, tonnare e tonnaroti di Paolo Notarbartolo di Sciara; Il Castello di rete di Gianfranco Bernabei e Mare verticale di Marco Ferrari Domenica 7 giugno tutti in aliscafo da Favignana per andare a Levanzo a visitare gli antichi stabilimenti per la lavorazione del pesce e la produzione del garum, con guide d’eccezione: l’archeologo Roberto La Rocca e Sebastiano Tusa della Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia. Natale Castiglione ha messo a disposizione tre barche e un gommone per le molte persone aggregate che hanno partecipato all’evento. Il racconto del ritrovamento di un impianto di lavorazione del Garum risalente dal III secolo a.C ad il III secolo d.C., con numerose vasche quadrangolari rivestite di coccio pesto lungo la costa di Cala Minnola, ha entusiasmato i partecipanti, che poi hanno seguito il gruppo, sempre in barca, per andare a visitare la Grotta del Genovese con i suoi disegni e graffiti di animali, tonno compreso. Anche qui c’erano guide molto esperte e famose. Oltre a Sebastiano Tusa e Roberto La Rocca si è aggiunto anche il geologo Francesco Torre. La Grotta del Genovese si trova 35 m. sopra il livello del mare e prende nome dall’omonima caletta sulla quale affaccia, ha detto Torre. Fu esplorata per la prima volta nel 1949 ed è una testimonianza archeologica di grande rilevanza perché conserva tracce del passaggio degli uomini del paleolitico e del neolitico attraverso graffiti e pitture. Le escursioni sono organizzate da Natale Castiglione che fornisce anche informazioni dettagliate e corrette. Nel periodo estivo si deve prenotare la visita dalle 10,30 alle 14,30, (tel. 0923924032) perché la grotta è tutelata dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA e non si possono fare né foto né video. Prima del ritorno a Favignana il Residence Lisola ha offerto, antipasti e tonno arrostito sulla carbonella, con foglie di menta, alla maniera di Apicio, l’antico romano che per primo ha redatto un testo di gustose ricette. Al ritorno a Favignana, un Apericena con vista del tramonto del sole dietro Marittimo, viene offerto dall’Approdo di Ulisse, uno dei primi villaggi vacanze aperto sull’isola di Favignana, che si trova nella parte dell’isola che guarda Marittimo. Alla fine della giornata I Malastoria, gruppo musicale folcloristico nato nella piccola isola di Levanzo, si esibirà nel giardino del Comune con lo spettacolo “Donne, femmine e Madonne”. Francesco Marrazza, fondatore del gruppo dedicherà la canzone Vitti una crozza a Giulia D’Angelo. In onore delle ricerche di canti popolari effettuate dalla giornalista in collaborazione con il Nuovo Canzoniere Italiano e Dario Fo. Pietra Bertolino ha chiuso lo spettacolo cantando magistralmente Madonna dello Carmine, una canzone popolare napoletana, molto applaudita dal pubblico presente. Alle percussioni Walter Burgarella accompagnava i cantanti. Mentre i Malastoria si esibivano nel giardino del Comune, a piazza Europa venivano di nuovo proiettati i video riguardanti la pesca del Tonno e le Cinque terre. Lunedì 8 giugno: Relatori, giornalisti, accompagnatori e turisti si sono imbarcati per l’isola sacra degli antichi, Marettimo. L’isola dei pescatori professionisti che vanno a pescare fino in Alaska, l’isola dove trova rifugio, nelle sue numerosissime grotte, la foca monaca, sorvegliata speciale dall’Area Marina Protetta, che ha una sede proprio qui a Punta Troia. Tutti sono accolti dall’Associazione CSRT Marettimo, con il suo presidente Vito Vaccaro. Con numerose imbarcazioni, tipiche dei pescatori marittimari, ci si imbarca per arrivare a punta Troia. Lungo il tragitto si visitano le grotte del Cammello e quella del Tuono, quindi si sbarca a terra per effettuare la salita sul Castello di Punta Troia, recentemente restaurato . Il Castello si trova a 116 m. sul livello del mare e fu costruito nel XVII secolo dagli spagnoli, ma nel 1795 re Ferdinando II lo destinò a carcere per i reati politici. Vi fu rinchiuso anche Guglielmo Pepe, patriota della Repubblica Partenopea. Quando dopo il 1844 fu abolito il carcere, divenne un semaforo militare fino all’ultima guerra. Sulla cima del Castello, hanno accolto il gruppo, il direttore artistico Enzo Di Stefano con i musicisti del complesso Ericeetnika. Di Stefano ha presentato un suo poema, simile a quelli elaborati in passato, dai cantastorie siciliani, mostrando anche i disegni della storia, catturando così, anche l’attenzione dei molti bambini presenti. Dal Castello l’occhio spazia dalla Sicilia alle altre due isole dell’Arcipelago delle Egadi ed è possibile notare in mare numerosi animali marini. Si trova qui il punto di avvistamento della AMP delle Egadi. Tornati in paese si visita la sede dell’Associazione e il museo ricco di vecchi cimeli di pesca e altri oggetti marinari. A far gli onori di casa, oltre Vito Vaccaro, accolgono il gruppo, i pescatori marettimari Pippo Incaviglia con i suoi due figli Peppe e Nino. Offrono a tutti un ottimo cous-cous, arricchito da pesci prelibati e preparato dalle loro mogli. Ci parlano delle storie di pesca e delle loro comunità che si trovano a Monterey, San Diego e San Francisco, ma ci dicono che i marettimari ritornano sempre sull’isola, soprattutto per la festa di San Giuseppe il 19 marzo, alla quale invitano tutti a partecipare il prossimo anno. Nel pomeriggio ritorno a Favignana. Questa volta la cena è offerta dal ristorante dell’Hotel Cave Bianche, che si trova in una Cava di calcarenite bianca scavata, a cielo aperto, negli anni 60. Ci accoglie, in questo luogo inserito in un contesto ambientale esclusivo, molto particolare e arredato con gusto minimalista, Livio Gandolfo, che ha fatto preparare per gli ospiti, un menù caratterizzato da pesce povero e non, dallo chef Benito Ingraudo. Si mangiano sformatini di sarde, mezze busiate mantecate con tonno rosso e melanzane, spatola farcita con verdure di stagione, per finire con una composta di frutta e un semifreddo al pistacchio. Agli ospiti viene dato in ricordo il menù stampato su cartoncino con l’indicazione riguardante la Settimana delle Egadi. L’ultima giornata della Settimana delle Egadi al tempo dell’Expo si è conclusa con il seminario GeoSwim, organizzato dall’AMP. Si tratta di un progetto scientifico di monitoraggio delle coste rocciose del Mediterraneo che lo scorso anno ha fatto tappa nell’arcipelago. Metro dopo metro, bracciata dopo bracciata, in nove giorni i ricercatori dell’Università di Trieste e dell´ENEA hanno mappato a nuoto pareti, grotte, sorgenti sottomarine e i solchi scavati da onde e maree lungo 76 km della costa di Favignana, Levanzo e Marettimo. L’esplorazione delle Egadi è solo una delle tappe del progetto GeoSwim: dopo Istria, Malta e Gaeta i ricercatori (tutti volontari in questo progetto autofinanziato, al quale l’Area Marina Protetta delle isole Egadi ha offerto il proprio supporto) si trovano ora a Ustica per spostarsi poi in luglio in Sardegna. L’obiettivo è osservare e descrivere tutti e 23.000 km di coste rocciose del Mediterraneo. La fascia tra la superficie e i 10 metri di profondità, dove satelliti e sonde oceanografiche sono ciechi, è incredibilmente un ambiente ancora poco conosciuto, dove solo l’occhio umano può arrivare a rilevare la morfologia e ottenere indizi sulla storia passata e l’evoluzione futura delle isole, oltre che delle specie marine che la popolano. Dopo l’introduzione di Stefano Furlani dell’Università di Trieste, sul progetto GeoSwim, Fabrizio Antonioli, dell’ENEA, ha illustrato i risultati del monitoraggio delle Egadi fra i quali una grotta non ancora segnalata, tracce di antichi tsunami e i resti fossili del pasto di uomini di 11.000 anni fa. Renato Chemello, dell’Università di Palermo, si è soffermato sulle comunità animali che vivono nell’intervallo di marea, alcune delle quali formano dei veri e propri reef, mentre Fabrizio Antonioli ha tracciato la storia antica delle Egadi a partire da 20.000 anni a questa parte, illustrando l’arrivo dell’Uomo sulle isole. Piero Renda, dell’Università di Palermo, ha mostrato come i sedimenti costieri depositati nel Pleistocene superiore consentano di ricostruire la storia dell’arcipelago negli ultimi 125.000 anni mentre Carolina di Patti, del Museo Gemellaro di Palermo, ha illustrato la storia degli elefanti che un tempo vivevano in Sicilia e sulle isole. Hanno chiuso l’incontro Eleonora de Sabata (MedSharks) e Pietro Patti Genovese dell’Università di Palermo e AMP Egadi, con un intervento sulla Patella ferruginea, uno degli animali più a rischio del Mediterraneo: predata sin dall’antichità in queste isole, sopravvive ancora nell’arcipelago delle Egadi. L’incontro è stato introdotto da Stefano Donati, presidente dell’Area Marina Protetta, e coordinato da Franco Foresta Martin, decano dei giornalisti scientifici italiani. Naturalmente non poteva mancare il cibo: il convegno si è concluso con un buffet a base di pesce, offerto dall’Amp delle isole Egadi e a cura del Bar del Corso di Salvatore Tammaro. A chiusura della Settimana delle Egadi, tutti gli operatori turistici e commerciali, aderenti all’Associazione Assimpregadi dell’isola di Favignana, hanno offerto, ai giornalisti e ai turisti presenti, i piatti della loro ricchissima e varia cucina tradizionale, a base soprattutto di tonno e di pesce: una festa nel centro storico di Favignana per fare onore all’Expo di Milano. Come ha scritto la giornalista Giuliana Gandini " è stata una partecipazione corale, l´abbraccio di un Arcipelago, ancora più sorprendente, in questi anni aridi e senza valori”.
Giulia D’Angelo
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