Inserita in Politica il 13/06/2015
da REDAZIONE REGIONALE
ORDINE CONSULENTI DEL LAVORO DI PALERMO: IN SICILIA IL JOBS ACT DA SOLO NON BASTA
DATI INPS: GLI INCENTIVI DEL JOBS ACT NON POSSONO DA SOLI FUNZIONARE IN SICILIA, POCHE ASSUNZIONI A TEMPO INDETERMINATO, BOOM DI QUELLE A TERMINE, E C’E’ UN PICCO DI CIG PER L’AGGRAVARSI DELLA CRISI BARBARO: “CARENZE DI INFRASTRUTTURE E STRADE CHIUSE, NON SI PUO’ PRODURRE DI PIU’ NE’ FARE NUOVE ASSUNZIONI; MOLTE AZIENDE HANNO DOVUTO RINUNCIARE A COMMESSE E LE IMPRESE CHIEDONO CHE I SOLDI DEGLI SGRAVI CONTRIBUTIVI VADANO ALLE INFRASTRUTTURE E ALLA MANUTENZIONE DEL TERRITORIO; GOVERNI E PARTI SOCIALI CONDIVIDANO INTERVENTI STRUTTURALI SUL COSTO DEL LAVORO IN SICILIA”
Palermo, 13 giugno 2015 –
“I dati Inps sull’occupazione confermano quanto avevamo percepito: in Sicilia gli incentivi del Jobs Act non possono funzionare da soli, perché la carenza delle infrastrutture, la continua chiusura di strade per frane, il crollo dei viadotti autostradali, le piogge che allagano zone industriali e fanno ribaltare i Tir, sono alcuni dei tanti elementi che impediscono di produrre di più, di prendere nuove commesse e, quindi, di assumere ulteriore personale. Per questo le imprese chiedono che gli sgravi contributivi del Jobs Act in Sicilia siano destinati alle infrastrutture e alla manutenzione del territorio e che il taglio del costo del lavoro avvenga solo tramite interventi strutturali sulle retribuzioni per favorire nuove assunzioni”.
Lo dichiara Vincenzo Barbaro, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Palermo, anticipando uno dei temi del “Festival del lavoro” che il Consiglio dell’Ordine nazionale dei consulenti del lavoro terrà a Palermo dal 25 al 27 giugno prossimi.
I consulenti del lavoro chiedono ai governi nazionale e regionale e alle parti sociali, “nell’ambito delle previsioni di legge – spiega Barbaro – di aprire una discussione per una riduzione strutturale del costo del lavoro in Sicilia anche con interventi della contrattazione sulla parte retributiva facendo uso di una contrattazione collettiva territoriale per un determinato periodo. Purché – aggiunge Barbaro – a fianco del taglio delle buste paga si creino le condizioni per un aumento dell’occupazione e del reddito complessivo nei territori, attraverso investimenti sulle infrastrutture e sulla competitività che consentano alle aziende di produrre di più favorendo l’incremento del personale e un recupero di redditività nel tempo. In caso contrario, ridurre le retribuzioni senza sviluppo non farebbe che aggravare la povertà dei territori”.
I dati Inps parlano chiaro Nel periodo gennaio-aprile 2015 la Sicilia - cioè la regione con la più alta disoccupazione d’Italia - è quella che, dopo Basilicata e Calabria, ha fatto meno nuove assunzioni a tempo indeterminato rispetto allo stesso periodo del 2014 (+3.719), sia perché ha meno contratti precari da convertire sia perché le condizioni strutturali non consentono di aumentare gli organici a lungo periodo. Infatti, mentre in quasi tutte le altre regioni c’è un calo, la Sicilia, sempre secondo i dati Inps, è fra quelle che invece nello stesso quadrimestre hanno fatto più contratti a termine (+5.945), più dell’Emilia Romagna; mentre nell’Isola crolla l’apprendistato (-527) perché, spiega Barbaro, “questo strumento, utilissimo per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, è stato ucciso dalle Regioni che hanno voluto mantenere sotto la propria competenza la formazione degli apprendisti, bloccando tutto”.
Altro indicatore preoccupante è l’aumento della cassa integrazione nel trimestre gennaio-marzo 2015 (fonte Inps Sicilia). Se quella in deroga è crollata, come nel resto d’Italia, passando da 5.121.594 a 146.877 (perché, essendo le imprese ancora in attesa dei pagamenti dell’intero 2014, quasi nessuna la richiede più), quella straordinaria, cui si fa ricorso negli stati di crisi, ha avuto un picco da 1.825.549 a 2.895.383 ore (oltre 1 milione di ore in più). Inoltre, la Cig ordinaria, che si utilizza per fermi stagionali o temporanei, ha avuto un calo di 580.254 ore (da 1.570.736 a 990.482) perché nel frattempo buona parte delle imprese ha chiuso battenti.
Le imprese costrette a rinunciare alle commesse “Denunciamo – aggiunge Barbaro – che molte imprese medio-grandi della Sicilia orientale hanno dovuto rinunciare a commesse per clienti della Sicilia occidentale a causa della chiusura del viadotto Himera che ha allungato i tempi di percorrenza rendendo obbligatorio il doppio autista sul mezzo e un insostenibile raddoppio dei costi di consegna. Infatti, dopo alcune ore per legge occorre il cambio alla guida, ma sulla Messina-Palermo non ci sono aree di sosta dove servirebbero per effettuare il cambio, ma ci sono puntuali le pattuglie che elevano multe salatissime. Dopo le prime dolorose esperienze le imprese hanno rinunciato”.
“Ecco – incalza Barbaro – uno dei tanti esempi di come sia impossibile fare impresa in Sicilia, altro che aumento della produzione e internazionalizzazione! Qui le imprese, prima di investire sulla qualità e sull’innovazione del prodotto, devono inventare packaging che impediscano il deperimento delle merci a causa dei lunghissimi tempi di percorrenza dei mezzi di trasporto, anche sui sistemi intermodali”. “Dunque – conclude il presidente dei consulenti del lavoro di Palermo – le imprese siciliane non hanno bisogno di sgravi contributivi, anzi preferirebbero che queste risorse finanziarie venissero dirottate sulle infrastrutture e sulla manutenzione del territorio sempre più colpito dal dissesto idrogeologico. Il pubblico deve agire sulle condizioni di sviluppo, spetta alla contrattazione fra le parti condividere condizioni minime di trattamento dei lavoratori idonee a fare crescere una terra fin troppo impoverita da decenni di abbandono”.
Ufficio stampa: Michele Guccione
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