Inserita in Cultura il 22/04/2015
da REDAZIONE REGIONALE
In ricordo di Emanuele Gioia
In ricordo di Emanuele Gioia ed il κτῆμα ἐς αἰεί
Ricordo da lontano l’amico e collega Emanuele Gioia, non potendogli porgere l’estremo saluto, questa mattina, in Castellammare del Golfo. Emanuele è stato, per decenni, pungolo sensibile e valido per ogni donna e uomo che abbia voluto, con lui, condividere un ragionamento profondo sul senso dell’impegno civico e culturale in una terra come la nostra in cui la via dell’arte ha ceduto il posto alla indifferenza, alla denigrazione che ha portato ad una inevitabile frattura nella nostra società. Incontrare nel corso della propria vita persone di grande valore è un dono ed un privilegio particolare, che segna in profondità. Questo ricordo vuole essere un piccolo rendimento di grazie al Professor Emanuele Gioia, mio Amico, alla cui amplissima e poliedrica Sapienza in molti hanno avuto la fortuna e l’onore di attingere, io, tra gli altri fortunati, da studente, sin dagli anni dell´adolescenza, nella scuola media Bagolino di Alcamo presso la quale egli insegnò, giovanissimo, pur se non nella classe che frequentai. Con la scomparsa del professor Emanuele Gioia, Castellammare del Golfo, sua città natale, e Alcamo, città in cui ha prestato, per decenni, al Liceo Classico “Cielo d’Alcamo”, la sua attività di docente, perdono uno dei suoi cittadini più illustri. Non solo la famiglia e noi che ci siamo onorati della Sua amicizia e che oggi lo piangiamo, avvertiamo con dolore la profondità e la vastità del vuoto da Lui lasciato, ma l´intera cittadinanza partecipa mesta alla dipartita di uno dei suoi figli migliori: un uomo che ha disdegnato il palcoscenico, le futili discussioni, le inutili prevaricazioni dell’altro, le infruttuose ed ineducative fratture che pure, taluni nostri colleghi, sponsorizzano e pilotano, talvolta facendo leva proprio su queste per adombrare il vuoto culturale che c’è nella loro vita e l’incapacità educativa che impedisce d’essere modello. Egli, infatti, è diventato, nel tempo, il testimone più autorevole della nobile tradizione culturale di questo comprensorio, del mitico Liceo Classico che ha avuto, spesso, docenti eccellenti, e che ha dato alla società menti e professionisti eccellenti. Diceva, Emanuele, pensandosi tra questi che hanno lasciato una traccia, qualunque essa sia, in ciascuno degli alunni che hanno, diceva, «percorso le scale di marmo grigio» di questo Liceo, «sarò stato capace di contribuire a formare uomini e donne di questa terra, inorgoglirli per la fortunata coincidenza della loro nascita in questo magnifico Golfo, farli diventare liberi anche dagli stessi condizionamenti a cui, talvolta, soggiacciono ascoltando chi s’erge ad educatore non avendone lontanamente il piglio e la levatura?» A distanza di tempo, adesso, devo confessarti che tu avevi ragione ed io torto. Eccessiva fiducia avevo riposto in chi è vittima della sua ignoranza e della rabbia, conscia, per esserlo e non poterne più modificare la traiettoria, caro Emanuele. Molto apprezzati sono i suoi studi sul mondo classico ed in particolare le traduzioni degli autori greco-latini. Molte di queste traduzioni ci auguriamo che possano diventare patrimonio comune della nostra collettività. In questo saluto ultimo, tuttavia, più che l´eminente uomo di cultura, ci piace ricordare i tratti dell´umanità del professor Gioia. Uomo integerrimo, rigoroso ed esigente prim´ancora con se stesso che con gli altri ha esercitato il suo alto Magistero fecondando le giovani coscienze di intere generazioni non solo con il germe della cultura, ma dando ad esse il prezioso esempio della rettitudine, della serietà, dell´onestà della vita come della professione e, l’esempio del perdono, a cui molti siamo stati abituati in una società incapace di essere benevole con chi ne ha bisogno. Quel perdono che egli, più volte, rileggo un suo SMS di quelche mese fa, definì «il viatico per l’Uomo che vuole essere il più possibile vicino alla sua coscienza, alla sua essenza, alla sua anima, all’Eterno che, possiamo cogliere, solamente, quando siamo capaci di spogliarci da pregiudizi, preconcetti, precostituite e volontarie denigrazioni dell’uomo che ciascuno vorrebbe essere e non è capace di diventarlo». Era sempre molto felice quando veniva coinvolto in iniziative culturali, era per Lui una ulteriore occasione per corrispondere al bisogno innato di adoperarsi per la Sua terra. Terra della quale si sentiva cosi pienamente parte da non disdegnare - lui che poteva conversare finanche in greco o in latino - di parlare il dialetto, si potrebbe dire con assoluta proprietà di linguaggio, poiché lo conosceva per averlo parlato e vissuto come si conveniva anche nelle famiglie dell´alta borghesia cittadina, quale era la Sua. Quanti aneddoti, quanti racconti, non ci si stancava mai di ascoltare dalla Sua bocca: le storie di vita vissuta e quelle che lui, da bambino e da giovane, aveva ascoltato dalle generazioni che lo avevano preceduto ed aveva avidamente interiorizzato. Nel ricordare il rientro da studente in Castellammare del Golfo, dalla città metropolitana che lo ospitò, per le vacanze natalizie il professore scriveva: " …rivedere le nostre vetuste pietre, le nostre case, i nostri vicoli e le nostre strade, ed ancora tante persone, tanti visi ... la suggestione di quel mare azzurro, tutto questo ci accompagnava in quei viaggi di ritorno a casa". Così continua quella penna opportunamente ispirata di Emanuele Gioia, parole che oggi suonano come una sorta di testamento per il suo paese natio: "E non fu soltanto un modo di pensare o di sentire collegato alle mille fantasie che sono la sostanza degli anni della giovinezza, ma fu ed é rimasto un perenne atteggiamento dello spirito. Perché anche quando, con il passare degli anni, vedemmo, in tutto o in parte, realizzate le speranze vagheggiate nei tempi lontani, quando già il cammino della vita, piegando verso il crepuscolo appariva ormai avviato a sbocchi certi e non più modificabili, abbiamo sentito ancora viva in noi la forza di quella suggestione lontana, di quelle onde biancheggiati del mare Tirreno, di quel Natale, e ci siamo ricondotti a queste pietre, e alla sabbia ardente delle pietre sgretolate ed erose dal tempo, che ancora dicono tante cose, anche se ancora - oggi come ieri - fanno apparire sul ciglio una lacrima, che non vuol tornare indietro". Quella lacrima, così come la preziosa eredità che abbiamo ricevuto dalla Sua esistenza, vogliamo averla in possesso perenne, facendo nostre le parole di Tucidide che il professor Gioia ha fatto scolpire nei nostri cuori e che da oggi accoglierà la sua bella persona. Si carissimo professore: κτῆμα ἐς αἰεί. La storia è, come ci hai insegnato, possesso perenne, ha cioè dei principi universali che sono validi per ogni epoca, per ogni uomo, per ogni società. Tu, Caro Emanuele, quei principi li hai insegnati e, prima ancora, li hai fatti tuoi, con sincerità, con altruismo, con amorevolezza verso tutti. Grazie Emanuele Antonio Fundarò
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