Inserita in Un caffè con... il 22/04/2015
da REDAZIONE REGIONALE
Roberto Tumbarello - Fuori i ribelli ed altre riflessioni
Fuori i ribelli Deputati e Senatori non hanno vincolo di mandato, ma non in commissione, dove li designa il partito, che può sostituirli quando teme che votino secondo coscienza. I robot danno maggiore affidamento perché non hanno l’esigenza di pensare. La libertà l’hanno ceduta in cambio della candidatura. Sembra che il regolamento parlamentare congiuri contro il paese. La sostituzione degli inaffidabili avviene alla vigilia del voto sulla legge elettorale. Il cittadino non potrà scegliere il proprio rappresentante. Ecco perché ai migliori non è consentito fare politica. A ribellarsi sono solo una decina di deputati del PD, che mettono in pericolo il parlamento di nominati. Gli altri ubbidiscono. Non sono al servizio degli italiani ma di chi li dovrà candidare. Ai tempi dell’URSS erano costretti a eseguire, come sotto qualsiasi dittatura. Oggi a Montecitorio si prestano spontaneamente a tradire l’elettore. Tanto, le coscienze sono sopite, la famiglia è d’accordo, gli italiani dimenticano. Tutto andrebbe per il verso giusto se non fosse per quei dieci guastafeste. Meglio rimuoverli e sostituirli con colleghi più compiacenti. Chi non è d’accordo non ha il coraggio di votare contro una legge iniqua e sceglie un inutile ma accomodante Aventino. Che differenza c’è tra democrazia e dittatura, se decide solo chi comanda? Oggi è meglio essere uomo o burattino? Domande cui nessuno sa rispondere. Dipende dai punti di vista. La dignità è una vecchia moneta di cui non si conosce più il valore, perché da tanti anni ormai fuoricorso.
Riproduzione sterile È morto un grande uomo, che la stoltezza umana avrebbe voluto eliminare da giovane, privando, così, l´umanità del suo prezioso contributo di intelligenza, sensibilità, generosità e saggezza. Un tempo ce n´erano tanti come il Rabbino Toaf. Erano loro a guidare il mondo. Infatti, seppure a caro prezzo, riuscimmo a sconfiggere il Male. Purtroppo non si sono riprodotti. Quei pochi, alimentano illusioni e speranze. Ma vengono sempre emarginati perché oggi la dignità crea disagio. Si riconoscono dalla lealtà, dall’onestà e dall’ingegno. Sono impotenti ma non inermi. Con le dimissioni Benedetto XVI scosse la Chiesa, oggi non più corrotta. Violentato dalla politica, Enrico Letta lo ha imitato. La decisione, seppure proclamata in TV, luogo deputato ai grandi annunci, non ne ha sminuito il messaggio. Allora nessuno lo difese. Si crede erroneamente, che, come gli incidenti stradali, ingiustizie e prevaricazioni capitino solo agli altri. Eppure Martin Niemöller avvertì i pavidi (ma noi, chissà perché, attribuiamo la massima a Bertold Brecht): “Deportavano ebrei e comunisti, che chiedevano aiuto. Io non intervenivo perché non mi riguardava. A poco a poco arrestarono tutti. Quando vennero a prendere me, urlai a squarciagola, ma non c’era più nessuno a difendermi”. Letta insegnerà alla Sorbona. I cervelli, in realtà, non sono in fuga, ma sollecitati ad andarsene per fare spazio ai mediocri.
La Scuola sono io! Ovunque un uomo solo al comando in Italia. Adesso anche il dirigente scolastico. È lui a nominare i supplenti. Se è un uomo probo sceglierà chi merita. Se no, agirà come chiunque, approfitterà della situazione, farà i propri interessi. Un frustrato dietro la scrivania che gestisce professionisti da cui dipende la futura classe dirigente. Per lui è un’occasione per togliersi i sassolini dalla scarpa, tenere in pugno la ragazza che non gli dà retta, trascurare gli antipatici che si danno le arie, farla pagare a quelli che l’art 18. Quanti uomini ci sono nel paese sulla cui equità si può mettere la mano sul fuoco? Ormai siamo ai ferri corti, ci si contende un tozzo di pane con qualsiasi mezzo, figuriamoci alcune ore di supplenza. Lo stipendio di un insegnante è ancora misero, ma con i tempi che corrono molto ambito. Le donne incinte saranno escluse. Dovranno aumentare i controlli. Ci vorrà un’autorità apposita, un Cantone per ogni istituzione. Se no, sarà la Babele. La corruzione non è solo nelle gradi opere, ma anche in quelle piccole della pubblica amministrazione, dove anche un usciere è un caporale. Figuriamoci un preside, novello Luigi XIV della scuola italiana.
Soluzioni finali variegate Finisce giustamente in cibo ai pesci chi veniva per rubare il nostro. Non è uno slogan elettorale, ma la filosofia di alcuni politici che nei naufragi vedono la mano della Provvidenza. Affondare i barconi quando sono ancora nelle acque territoriali africane è, però, la soluzione più umana e gettonata. È da decidere se distruggerli mentre sono ancora attraccati alla banchina o già in navigazione, con tutto il carico di profughi. Altra corrente di pensiero vorrebbe che la marina militare costituisse una barriera davanti alle coste libiche per evitare che qualcuno scappi dalla guerra e dalle persecuzioni. Non è un’idea originale, ma l’evoluzione del vecchio sistema dei respingimenti che, qualche anno fa, seminò migliaia di cadaveri nel Mediterraneo. C’è, poi, chi, più timido, non trova le parole per suggerisce di eliminarli durante la traversata, bombardandoli mentre dormono. Non se ne accorgerebbero nemmeno e non soffrirebbero. Tanto, la maggior parte muoiono ugualmente, annegati. I più saggi se la prendono con l’Europa – come se fosse un’entità a noi estranea – perché non condivide le responsabilità di assistere chi sbarca sulle nostre coste. Ma fino a quattro mesi fa non c’era il semestre di presidenza italiana? Non potevamo metterlo in agenda noi il problema anziché scodinzolare davanti a Merkel e Junker? C’è anche una proposta geniale per evitare che qualche clandestino si spacci per profugo. Censire gli aventi diritto in Libia stesso, prima della partenza, proprio sotto gli occhi di coloro dai quali uomini, donne e bambini fuggono. Un commissione dell’ONU dovrebbe gestire la gara tra chi è più crudele o idiota.
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