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Inserita in Cronaca il 18/11/2014 da REDAZIONE REGIONALE

LEGA DIFESA DEL CANE - Scandalo delle piume sporche di sangue: Lega Nazionale per la Difesa del Cane chiede una presa di posizione da parte delle autorità

LEGA
Non si spegne l´indignazione, pienamente condivisa dal Lega Nazonale per la Difesa del Cane, suscitata dall´inchiesta della trasmissione televisiva ´´Report´´ relativa agli allevamenti di oche in Ungheria finalizzati alla raccolta di piumaggio destinato all´industria manifatturiera.

La telecamera è riuscita a cogliere le immagini riferite alla spiumatura manuale di questi poveri animali: sequenze rivelatrici di una pratica cruenta e che smentisce le affermazioni delle case produttrici di piumini che da sempre hanno rassicurato la clientela sul loro rispetto del benessere animale. Rassicurazioni peraltro poco credibili, in quanto è difficile immaginare una quantità così ingente di piume “raggranellata”, secondo le industrie coinvolte, semplicemente dalla raccolta delle stesse durante la fase della muta o addirittura mediante spazzolatura degli animali.

Nonostante la normativa europea imposta dall´EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) preveda una spazzolatura e una pettinatura che non causino sofferenza o lesioni è molto difficile immaginare pazienti e amorevoli operatori di un allevamento alle prese con questo delicato metodo di raccolta. Raccolta che, come hanno evidenziato i filmati della trasmissione, hanno mostrato una realtà ben diversa, con oche immobilizzate a forza e spiumate senza pietà per interminabili minuti, arrivando persino a causare contusioni e lacerazioni poi sommariamente ricucite in loco.

L´Ungheria, come sottolinea LNDC, è un paese estremamente ospitale ma che non desidera intromissioni nelle sue attività commerciali. La nostra associazione ricorda al proposito un altro tristissimo esempio di come in quella nazione regni la logica del profitto a dispetto di qualsiasi rispetto dei valori etici. L´Ungheria infatti pullula di allevamenti di cuccioli di cane finalizzati all´esportazione; strutture definite anche fattorie dei cuccioli, nelle quali le fattrici vivono perennemente rinchiuse con lo scopo di riprodursi a ritmo di una catena di montaggio; in questo modo il “prodotto”, ovvero i giovanissimi esemplari destinati al mercato estero, ha la caratteristica di avere costi estremamente bassi ma come sempre a farne le spese sono sempre gli animali. Strappati alle madri troppo presto e introdotti nel nostro Paese in età inadeguata, accompagnati da documentazioni sanitarie solitamente false e costellate da improbabili dichiarazioni anagrafiche, i cuccioli risultano esposti a malattie mortali quali la parvovirosi o il cimurro e spesso soccombono nel giro di qualche giorno.

Torniamo però al problema delle piume che a nostro parere non riguarda solamente le industrie della moda su cui ha puntato i riflettori ´´Report´´. Siamo di fronte a una problematica che riguarda tutti gli operatori del settore e non unicamente chi produce giacconi e altri capi di abbigliamento bensì anche piumioni da letto,cuscini, divani e vari oggetti per l´arredamento. Insomma un fiume di piume immenso che da qualche parte dovrà pur arrivare.

Facciamo presente che l´Ungheria è, dopo la Cina, il secondo produttore ed esportatore mondiale di questo prodotto, pertanto risulta alquanto difficile ritenere che i materiali impiegati dal made in Italy siano “cruelty free´´ e provenienti esclusivamente da allevamenti certificati in Francia, Stati Uniti e Italia stessa.

Il ´´made in Italy´´ in realtà è molto poco italiano, in quanto le attività manifatturiere, e non soltanto quelle delle griffe più famose, sono quasi tutte dislocate nei Paesi dell´est Europa, nord Africa o sud est asiatico, dove i costi di gestione sono decisamente più bassi rispetto a quelli
della nostra realtà. Le aziende dunque per puro guadagno non hanno remore nel stabilire i loro complessi industriali in paesi come la Transnistria, al confine con la Moldavia, nemmeno riconosciuta dall´ONU. Una nazione ombra dove i traffici più turpi e la criminalità organizzata sono la legge e che pur tuttavia è diventata l´eldorado del tessile italiano, in quanto un operaio percepisce meno di 100 euro al mese ed è privo di qualsivoglia tutela sindacale. Con questi presupposti, non stupisce più di tanto se nel contempo vengono violati anche i diritti degli animali; per certuni purtroppo il profitto è sempre prioritario.

Lega Nazionale per la Difesa del Cane si augura che lo scalpore mediatico sollevato dall´inchiesta di ´´Report´´ attivi una presa di posizione concreta da parte delle autorità comunitarie e italiane in merito a queste problematiche e che sia di stimolo per una svolta “politica” da parte per le aziende manifatturiere italiane le quali dovrebbero avere tutto l´interesse, per il lustro della loro immagine pubblica, a dimostrare che le piume contenute nei loro prodotti non sono macchiate di sangue.


Michele Di Leva - Responsabile LNDC Caccia e Fauna selvatica


18 novembre 2014

Lega Nazionale per la Difesa del Cane
Ufficio Stampa

 

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