Inserita in Cultura il 13/12/2020
da Cinzia Testa
La tradizionale Festa di Santa Lucia
La tradizione di Santa Lucia, in Alcamo, ha una forte tradizione. Che l’abbia lo testimonia il fatto che, nella città di Cielo, esisteva, già nel 1528, una chiesa dedicata al suo culto come testimonia lo storico prof. Gaspare Mirabella (docente e poi preside) in Alcamo, quello che resta…”, edito per i tipi della “Tipografia Sarograf” di Saro Carrubba, di Alcamo. Scrive il Mirabella che detta chiesa era “una delle più antiche di Alcamo, nella contrada Molinelli. Dov’era la chiesa fu poi costruita una cappella o “tribona” poi distrutta perché vi fu costruito un pastificio”. Diremmo noi, purtroppo.
Che i festeggiamenti siano sentiti e duraturi nel tempo, non lo testimonia solo il fatto che arancine, cuccia e panelle, siano così diffusi nelle nostre case, quanto il fatto che, parzialmente, continua a vivere l’aspetto devozionale per la santa di Siracusa.
L’esposizione al culto della statua di Santa Lucia
Il 12 dicembre, vigilia della festa di Santa Lucia, infatti, come sottolinea Roberto Calia, storico e unico vero bibliotecario alcamese, la chiesa di Santa Maria Assunta di Alcamo viene ornata a festa, e la statua lignea di Santa Lucia (custodita tutto l’anno nella sua cappella) veniva esposta al culto dei fedeli sull’altare maggiore, addobbato con tovaglia ricamata in oro, vasi di fiori con le tradizionali palme e candelieri. Oggi, invece, tutto avviene nella cappella omonima, nella quale, congiuntamente alla statua viene collocato uno splendido reliquario, in argento, della Santa siracusana, tra vasi di fiori, candelieri e numerosi ceri devozionali. Come scrive lo storico Roberto Calia in “Usanze e costumanze”, edito per i tipi di Sarograf Editore di Alcamo (il grande tipografo ed editore che lega il suo nome al prestigioso mensile “Il Bonifato”), “in chiesa poi vengono predisposti tre tavoli: uno dietro l’antiporta dell’ingresso principale, uno sul lato sinistro e un altro sul lato destro della navata centrale, su ognuno dei quali vengono predisposti tre vassoi d’argento per la raccolta delle elemosine e una statuetta o quadretto di Santa Lucia.
I vasi porta palme e gli ex voto esposti nella cappella
Ad adornare l’altare di Santa Lucia una serie di quattro vasi porta palma, realizzati da maestranze siciliane del XIX secolo, in legno intagliato e lamina dorata e argentata. Nel manufatti, scrive Maria Laura Celona, “si possono riconoscere tipologie decorative già diffuse in epoca tardo-seicentesca come la presenza del fiocco che, nel corso del tempo, ha subito varie evoluzioni”. Nel corso dell’anno detti vasi sono conservati e esposti alla visione nel “Museo d’Arte Sacra” della Chiesa Madre di Alcamo. Nella parte bassa dell’altare, ai piedi di Santa Lucia, gli ex voto, tantissimi, in argento, anch’essi custoditi nel museo della basilica.
La vigilia dei festeggiamenti
La sera stessa del 12 dicembre, alla chiusura della chiesa, si faceva seguire un lungo scampanio dei sacri bronzi, che preannunciava la festa del giorno dopo”.
Nella tradizione, purtroppo oggi dimenticata e fatta vivere grazia allo storico a cui Alcamo deve tanto, sul fronte delle usanze (devozionali e tradizionali), “alle quattro antimeridiane, veniva bruciata una botte davanti la chiesa (la cui cenere veniva utilizzata per l’imposizione sul capo dei fedeli il mercoledì delle ceneri), mentre le campane davano l’annunzio della celebrazione della prima messa e la banda musicale suonava per le strade la tradizionale pastorale (o ninnaredda) del maestro Girolamo Surdi”.
Naturalmente l’evento pandemico ha, di molto, rivoluzionato, tale tradizione, ma di certo c’è che andrebbero riproposte annualmente le devozionali tradizioni che rappresentano, senza dubbio alcuno, le radici che danno linfa all’odierna società, troppo ancorata ai social, al consumismo, e poco alla sua storia e alle identità che rappresentano il vero patrimonio demoetnoantropologico della nostra società.
Il giorno della festa di Santa Lucia
Il giorno 13 dicembre la basilica viene aperta presto affinché venga celebrata la prima messa (oggi alle 6.30, come da tradizione antichissima, rispettata da mons. Aldo Giordano, cavaliere di grazia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio); altre ne seguono ogni ora, circa, fino a mezzogiorno (8.30, 10.30, 12.00), con adesione del clero della città, che si dà il turno nella celebrazione (nel pomeriggio 16.30 e 18.30). Nonostante il tempaccio, con fare molto ordinato e rispettoso delle regole e del distanziamento sociale, stamattina, molti fedeli sono andati a rendere omaggio alla protettrice degli occhi, tra la luce dei lampadari accesi e il luccichio delle candele dell’altare dedicato a Santa Lucia (entrando sulla navata destra), riccamente ornato. La chiesa rimarrà aperta tutto il giorno. La sera, nel passato, con situazione migliore, si svolgevano i vespri solenni cantati. Il popolo, un tempo, pregava la Santa Martire con questo rosario in vernacolo, come ricorda nel pregevole e già citato volume lo storico Calia:
«Nni lu nomu di lu Patri, di lu Figghiu e di lu Spiritu Santu,
Santa Luciedda siracusana,
Granni Santa di carità,
Cunciritimi la vista di l’arma
Pi raggiungiri l’itimità
Patri nostru chissi ni lu celu….”
Ripetere 10 volte:
“S. Luciedda, martiri bedda,
Pi la vostra virginità
Custuditimi la vista di l’occhi
Pi lu tempu chi virra».
La tradizione
Molti devoti, come già scritto in un altro mio precedente articolo dedicato alla cucina, non mangiano per tutto il giorno né pane né pasta, ma solo “cuccia”, ossia frumento bollito e poi condito con vino cotto o miele di fichi, e riso al ragù o con broccoli, e fave bollite.
Secondo la secolare tradizione, l’uso di mangiare la “cuccia”, è legata ad uno strepitoso miracolo avvenuto nella città natale della santa, Siracusa. Ecco quanto ci tramandano gli antichi:
«Lu tririci dicembri di lu millicincucentudurici, jomu di la festa di S. Lucia, a Siracusa ci fu ‘nna tirribili caristia tantu chi li cristiani murianu a li canti canti di listrati e di li campagni.
La pupulazioni davanti a tanta dispirazioni, cu granni firie cu firvuri priaru S. Lucia, Propriu ni ‘ddi iorna du navi carrichi di furmentu, chi vinianu di luntana via, nni li paraggi di lu mari di Siracusa, pi in mari marusu avianu iutu a funnu. S. Lucia, davanti a tanta dispirazioni di li Siracusani, tramiti lu Signuri fici lu mbraculu di fari acchianari lu furmentu c’havia carutu a funnu e lu fici ittari supra la spiaggia, Li Siracusani, a stu prodigiusu ‘mbraculu curreru a la spiaggia e si misiru a manciari furmentu, ch’era unciatu, picchi avia statu ammoddu.
Di tannu ‘npo’, a ricordu di stu mbraculu, lu jomu di Santa Lucia, pi divuzioni si mancia lu furmentu cottu cu lu vinu cottu, chi si chiama “cuccia».
Altre chiese devozionali in Alcamo
In un manoscritto del Sacerdote Paolo Amato, si ricorda, inoltre, che Santa Lucia era solennizzata nella chiesa del Crocifisso, oggi di S. Francesco di Paola. Così si legge nel prezioso documento: “Il culto di Santa Lucia è antichissimo, rimanda ai Padri Minimi. Ogni anno addi 13 Dic., giorno della festa, si celebra solenne. La statua di Santa Lucia in legno, scolpita da Giovanni Stellino, non è d’un valore artistico. Anticamente si esponeva un quadro in pittura e sembra di un certo valore, si conserva nella sagrestia. La statua si colloca all’altare maggiore, poi messe al mattino, messa solenne alle ore 9 con panegirico, la sera chiesa illuminata, vespro e benedizione. Sempre con intervento di numerosi fedeli, che nutrono verso la Santa molta devozione. La festa viene celebrata con l’obolo dei fedeli, i quali non solo concorrono il giorno della festa, ma anche durante l’anno versando nella cassettina il loro obolo».
Antonio Fundarò
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