Inserita in Politica il 12/02/2014
da Michele Caltagirone
Camillo Iovino interviene sulla riforma delle Provincie in Sicilia
Riceviamo e pubblichiamo una nota dell´ex sindaco di Valderice, Camillo Iovino, in merito alla riforma delle Provincie siciliane attuata dal Governo Crocetta.
Riforma delle provincie alla siciliana
Con l’abolizione delle provincie da parte dell’Ars, avvenuta lo scorso 27 marzo con la legge n.7., il governo Crocetta pare che si sia comprata “la zotta” prima di avere “lo scecco” ossia la riforma vera e propria che è stata posticipata a data da destinarsi, lasciando a bagnomaria personale e politiche di sviluppo delle nove provincie siciliane in mano a Commissari straodinari che più che amministrare in attesa della riforma regionale hanno gestito il loro compito da Commissari liquidatori, facendo in alcuni casi danni irreparabili al territorio siciliano. Quello della riduzione e riorganizzazione delle Province è un tema ricorrente del dibattito politico sia siciliano che italiano degli ultimi anni, anche se finora tutti i tentativi di riforma sono sempre falliti Anche il Parlamento italiano sembra vicino a cogliere il risultato di riformare definitivamente il sistema degli enti locali. Il testo originario anche se rimodulato , è stato, infatti, approvato con un’ampia maggioranza alla Camera ed ora è all’esame della Commissione Affari Costituzionali del Senato. La riforma “Italiana” prevede 23 articoli, propone una disciplina organica su Città metropolitane; Province; Roma capitale ed Unioni (e fusioni e incorporazioni) di Comuni. Gli articoli dal 2 a 10 sono dedicati alle nove citta metropolitane che dovranno essere costituite, entro la data di entrata in vigore della legge, sul territorio delle province di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Roma avrà una disciplina analoga a quella delle altre città metropolitane, salvo i poteri speciali derivanti dal suo status di Capitale. Le regioni a statuto speciale Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia potranno istituire città metropolitane nei rispettivi capoluoghi di regione, nonch´ nelle province già individuate come aree metropolitane dalle rispettive leggi regionali vigenti alla data di entrata in vigore della legge. Si tratta di Trieste, Palermo, Catania, Messina, Cagliari. Gli organi delle citta metropolitane sono il Sindaco metropolitano eletto a suffragio universale da tutti i cittadini facente parte dei comuni metropolitani ed automaticamente diventa anche sindaco della citta capoluogo, poi c’è il Consiglio metropolitano formato dal sindaco e da un numero variabile di consiglieri in base alla popolazione e la Conferenza metropolitana composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana La nuova disciplina nazionale delle province prevede che vengano destinate a quest’ultime funzioni non attribuibili ai comuni, pertanto non saranno un consorzio di comuni, n´ tanto meno una grande unione di comuni, ma un ente di secondo livello, espressione territoriale dei comuni, per impedire sovrapposizioni di competenze e conflitti politici. L’obiettivo è quello di consentire, attraverso la cessione di proprie competenze all´area vasta, ai comuni un recupero di efficienza e alle Regioni di privilegiare la propria vocazione costituzionale di ente di legislazione e di programmazione. Gli organi delle “nuove” province italiane saranno: il Presidente della provincia che sarà un sindaco in carica eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia, poi ci sarà il Consiglio provinciale costituito dal Presidente della provincia e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione, ed infine l’Assemblea dei sindaci composta dai sindaci dei comuni della Provincia. l´incarico di Presidente della provincia, di Consigliere provinciale e di componente dell´Assemblea dei sindaci è svolto a titolo gratuito. Non è più prevista la nomina della giunta provinciale, ma il Presidente potrà assegnare deleghe a consiglieri provinciali secondo le modalità e i limiti stabiliti nello Statuto. Poi il decreto legge n. 188 del 2012 sulla base di requisiti minimi definiti dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012, ossia: popolazione di almeno 350 mila abitanti e superficie territoriale non inferiore ai 2.500 chilometri accorpava alcune provincie che da 110 passavano a 63 ed istituiva 16 citta metropolitane. Una bella cura dimagrante che attraverso la riforma degli enti locali avrebbe permesso un maggiore risparmi attraverso il più indispensabile accorpamento degli uffici periferici delle amministrazioni statali. Alla diminuzione delle provincie sarebbe coinciso anche l’accorpamento per fare un esempio delle direzioni provinciali delle agenzie delle Entrate e del Territorio, dell’Inps delle Questure, dei vari comandi provinciali delle forze armate, dei provveditorati e quant’altro, con risparmi sulla finanza pubblica più sostanziosi rispetto al solo accorpamento delle provincie. La conclusione anticipata della precedente legislatura impedì la conversione del provvedimento, poi la sentenza della Corte costituzionale n. 220 del 2013 ha tuttavia ritenuto illegittime le disposizioni relative a Province e Città metropolitane contenute in tali provvedimenti in quanto la riforma doveva essere fatta con legge ordinaria e non con decreto legge. Ora andiamo alla riforma Crocetta che in queste ultime ore ha trovato l’avallo di una pseudo maggioranza costringendo il presidente a rimodularne i contenuti. Nella prima versione il disegno di legge prevedeva lo smembramento delle provincie con la proliferazione di autonomi accorpamenti di comuni con un minimo di 150.000 abitanti che venivano chiamati “liberi consorzi”. Nell’ultima versione con DL 642 Crocetta e con “l’Accordo” cambia totalmente idea e scopiazza la proposta Romana, le provincie rimangono al loro posto così come succederà in Italia diventando enti di secondo livello. Con l’unica differenza che al posto di chiamarle provincie prenderanno il nome di liberi consorzi provinciali “obbligatori” con la possibilità che qualche comune potrebbe richiede di aderire ad un altro “consorzio” confinate mentre la giunta provinciale sarà costituita dai sindaci. che dovranno essere eletti anche dai consiglieri comunali. Il limite dei nove enti sarà solo un dato "di partenza", nuovi liberi consorzi infatti potranno formarsi sulla base di alcuni requisiti, tra cui quello del limite minimo dei 150 mila abitanti e sulla continuità territoriale tra Comuni. Gli organi di comando dei liberi consorzi come delle citta metropolitane siciliane replicano gli organi dei comuni stabilendone nella legge anche le cariche sostitutive: Presidente, Vice Presidente, Assessori in maniera tale che la loro nomina dovrà essere frutto di mediazione politico-partitica anche se a titolo gratuito. Con la riforma nazionale la Sicilia avrebbe accorpato tra di loro le provincie di Siracusa con Ragusa e Enna con Caltanissetta: sette provincia sarebbe state un grosso snellimento amministrativo. Invece no! Ai siciliani piacciono le complicazioni, La Sicilia a quanto pare va in controtendenza rispetto all’Italia, al posto di accorpare vuole dividere, cosicch´ un comune ed i suoi abitanti oltre alla Provincia dovranno misurarsi con una miriade di consorzi a cui anche i comuni trapanesi aderiscono in ordine sparso : Associazioni: Anci, Città del Vino, Città dell’Olio, Citta del Sale; Distretti Territoriali: Marmo, Pesca, Turismo; Distretti Tematici: Antichi Mestieri, Strade del Vino; Reti Progettuali: Agende 21 locali, Patto dei Sindaci; Gestione progetti di sviluppo:Gal Elimos, Gal Ericina Tellus, Patto Territoriale, Gac Torri e Tonnare del trapanese, Pist; Consorzi obbligatori: ex Ato rifiuti, ex Ato idrico, Distretto sanitario 50; Ambiti di programmazione sovracomunali: Ambito 1 paesaggistico, Riserva marine e terrestri, zona Zps, Zone Sic. Unione dei Comuni: Elimo Ericini, Valle del Belice, Valle degli Elimi. Per molti bastava lasciare ai Comuni la possibilità di applicare autonomamente le forme associative già previste dal testo unico degli enti locali, con un poderoso incentivo economico all’accorpamento dei Comuni ed avere il coraggio di fare l’unica riforma innovativa che potrebbe essere da apripista per l’Italia intera: Abolire le provincie e farle diventare dipartimenti regionali senza che consiglieri e sindaci ci mettano mano per complicare le cose, sempre meglio che litigare su una cattiva legge scopiazzata! Siamo ancora in tempo….
Camillo Iovino
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Commenti |
14/02/2014 - Approvo.Parola per parola fino ad ´Abolire le Province´ e poi da ´Sempre meglio che litigare etc.. Dissento dal trasformare le province in dipartimenti regionali. Perch´? Molto meglio sbarazzersene del tutto. (pammilo) |
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