Inserita in Politica il 20/11/2020
da Cinzia Testa
“La mediatizzazione della violenza nel fanatismo islamico dietro gli attentati di Nizza e Vienna”, intervista al politologo Alexandre del Valle
Abbiamo intervistato Alexandre Del Valle, politologo, docente, commentatore, esperto di geopolitica e Islam e autore di numerosi testi, per discutere con lui delle ragioni della strage nella chiesa della Nostra Signora dell’Assunzione di Nizza e dell’attentato di Vienna e analizzare la complessa questione del fondamentalismo islamico
Qual è il suo parere in merito ai recenti attentati di Nizza e Vienna?
Secondo me questi attentati (scaturiti dalla concorrenza tra Al Qaeda e Isis in competizione per reclutare nuovi adepti) hanno due cause principali. La prima delle quali è riconducibile al fenomeno del terrorismo pubblicitario: bisogna considerare un attentato non come progetto per punire qualcuno che odiamo (questa è la visione dell’occidentale che crede che dietro un attacco si celino rabbia per la colonizzazione o l’imperialismo), ma come strumento per produrre una grande mediatizzazione. Nessuno fra i mass media ha capito le ragioni del terrorismo islamico. I veri conoscitori del terrorismo ne conoscono lo scopo, che non è colpire qualcuno perché ha criticato l’islam, perché ha partecipato alla guerra in Iraq o in Libia, ma è solo di fare pubblicità, perché la violenza crea una grande mediatizzazione, soprattutto nelle democrazie dove i media sono incontrollabili e questa mediatizzazione fa parlare dell’islamismo, fa parlare del califfato, fa parlare della sharia, quindi è una pubblicità e pur essendo negativa, va a favore dell’islamismo, quindi è marketing che permette di far avanzare il progetto islamico. Quando un infedele critica questo progetto, permette agli islamici, anche i non terroristi, di presentarsi come vittime dell’islamofobia; e quindi paradossalmente più colpiscono più ci sono musulmani che diventano islamici radicali. Questo si può provare perfettamente analizzando la crescita delle comunità di islamisti radicali dall’11 settembre 2001. Tra loro, quelli a favore della sharia, del velo islamico, stranamente crescono sempre di più.
Seconda causa di questi due attentati, indiretta, è l’atteggiamento del sultano Turco, Erdogan, che dal 2014 si è mostrato sempre più radicale nella critica all’islamofobia europea: ha paragonato i francesi ai nazisti, arringa milioni di persone (abbiamo dei video tracciabili, non è un interpretazione mia) sostenendo che in Europa i musulmani sono trattati come in Bosnia durante il genocidio, ha duramente condannato l’espulsione dall’Austria di iman e minaccia: “attenti, avete sbagliato e sarete puniti, ci sarà una guerra di civiltà contro quelli che in Europa perseguitano i musulmani, come furono perseguitati gli Ebrei negli anni 30″. Ciò provoca fanatizzazione, quasi una chiamata a una crociata islamica contro i miscredenti. È casuale che subito dopo le feroci polemiche con Francia e Austria , questi due paesi abbiano conosciuto attentati?
Senza l’ascesa al potere di Erdogan il processo di integrazione nell’Ue avrebbe incontrato gli stessi ostacoli?
Non è solo lui, la verità è che è in crisi il processo di integrazione stesso: non si possono lasciare i musulmani nostri compatrioti (perché alcuni sono anche delle nostre cittadinanze) nelle mani degli imam radicali; uno stato sano, sovrano, dovrebbe impedire che loro facciano propaganda; anche a quelli che non sono jihadisti, perché si può essere radicali anche senza le armi, predicando la separazione, l’odio verso i miscredenti e gli ebrei, l’inferiorità delle donne. Tutti questi predicatori, come i fratelli musulmani almeno dagli anni 80 hanno creato questo clima di paranoizzazione e Erdogan è solo il loro capo politico (prima non c’era un leader politico che parlasse in nome dei fratelli musulmani). Nel 96 io incontrai il capo dell’UCOI, l’organizzazione della comunità e organizzazioni islamiche italiane, il ramo italiano dei fratelli musulmani, che già allora diceva “siamo perseguitati, però nessuno ci impedirà un giorno di trasformare l’Italia in un paese islamico” : si chiamava Nurdasha, capo dell’Islam, fu uno dei capi ufficiali dell’islam l’italiano, era un iper radicale, molto antisemita, molto antimiscredente, totalmente a favore della sharia. Questo lavoro di penetrazione dei fratelli musulmani, la più grande organizzazione sunnita, islamica, radicale mondiale, legata al movimento terroristico palestinese Hamas, porta a una paranoizzazione volta a far credere a tutti i musulmani che se non hanno il velo islamico, le piscine separate, le leggi speciali per loro, sono perseguitati da noi che siamo tutti colonizzatori razzisti, islamofobi. E’ una cosa molto pericolosa, i nostri stati e dirigenti, siano essi di destra o di sinistra, lasciando i nostri fratelli compatrioti musulmani nelle mani di questi fanatici hanno fatto un errore immenso e dopo quarant’anni è molto difficile rimediare. Quindi è molto più grave di quanto si pensi e Erdogan non fa che continuare un processo cominciato dagli anni 80, in primis dai salafiti che rispondono all’Arabia Saudita (i salafiti non sono tutti jihadisti, alcuni sono conservatori ufficiali perché il Salafismo è la lettura più dura dell’islam, in vigore nell’Arabia saudita). Siamo stati compromessi con i sauditi, li abbiamo lasciati fanatizzare tante mosche in Europa, siamo stati compromessi anche dai fratelli musulmani, che più o meno aderiscono alla stessa visione e questi hanno penetrato le moschee, i centri culturali, le associazioni, le scuole islamiche, anche club di sport, si sono infiltrati anche nei centri sociali di sinistra e estrema sinistra; sono stati molto furbi perché hanno capito che con il pretesto dell’ antirazzismo potevano fare penetrare la loro strategia di paranoizzazione, e più rendi un musulmano paranoico che pensa che tutti gli italiani sono razzisti più separi te stesso. Per questo il nostro presidente Macron ha parlato di separatismo islamico, è vero: lo scopo è che una donna musulmana non possa mai frequentare un ragazzo cristiano; da voi ci sono stati già alcuni casi di donne pakistane, algerine, massacrate dai fratelli perché la peggior cosa per una donna musulmana è proprio frequentare un cristiano.
Ci sarà mai una soluzione al conflitto tra occidente e Islam?
Secondo me il conflitto tra l’islam e occidente è solo una parte del problema, che ha il suo epicentro dentro il mondo islamico: se un tempo, leader come come Ataturk in Turchia, Bourghiba in Tunisia, volevano degli stati nazionali gestiti secondo la legge temporali, i leader odierni sognano di fare un califfato mondiale che riunisce tutti i musulmani; quindi parliamo di un virus islamo-fascista iper violento, califfale, conquerente, suprematista con alla base un ‘ideologia islamica transnazionale imperiale che ha come scopo di distruggere gli stati nazione, imporre la sharia come unica fonte di governo. E’ una lotta molto violenta interna al mondo musulmano, una vera guerra civile tra nazionalisti patrioti e dall’altra parte quelli che sognano di ricostruire un califfato teocratico basato sulle leggi di Dio. Questo islamismo, che chiamo nazismo religioso, colpisce anche le società non occidentali: in Thailandia ad esempio da 50 anni ci sono attentati ogni giorno nelle parti musulmane, in Cina, in Birmania, in India, in Africa (la Nigeria, paese metà cristiano, metà musulmano, è il paese dove ci sono più morti per mano dell’Islam radicale, da 5 anni, 15.000 persone sono state ammazzate solo dai jihadisti radicali, cioè molto di più che in tutta l’Europa) che non sono società bianche e occidentali, lo scontro tra islam e induisti o tra Islam e comunisti è odierno. Quindi se capiamo questo colpevolizziamo di meno: non ci colpiscono perché siamo ex colonizzatori, è una barzelletta: la Sicilia non ha mai colonizzato nessuno, anzi è stata colonizzata dagli altri, la Svezia non ha mai colonizzato un paese musulmano, però è colpita, stessa cosa per l’Austria, anch’essa colpita, idem il Belgio. Ci troviamo di fronte a un pericolo mondiale e non limitato all’occidente, che deve smettere di credere di essere il centro di tutto.
Volevo chiederle, perché secondo lei il grido di allarme di Oriana Fallaci contro l’islamismo radicale è rimasto inascoltato?
Secondo me c’è una spiegazione che ha a che fare con il buonismo di sinistra e quello cattolico, volti entrambi all’accoglienza dell’immigrato. In questa ottica l’immigrato è necessariamente buono e vittima di noi carnefici; la realtà è che può esserci un immigrato bravo, come uno delinquente o terrorista. Ma la presa di posizione aprioristica ha impedito di vedere la realtà delle cose. Seconda causa, secondo me, la Fallaci (che ho ben conosciuto, ha scritto la prefazione del mio primo libro, una lettera scritta al presidente del Senato per chiedere di fare pubblicità delle mie teorie, mi ha anche menzionato nella Forza della ragione) aveva un difetto: a mio parere c’era un ego troppo pieno e un’assenza di sfumature. Quando, riferendosi ai musulmani magrebini disse che si riproducono come i ratti, ha oltrepassato un confine; quando uno comincia a animalizzare l’altro, che comunque è un umano, oltrepassa una linea rossa. Quindi lei con alcune piccole esagerazioni, dettate dalla rabbia, ha screditato una parte del suo messaggio perdendo così la battaglia della convinzione, ed è triste perché era l’unica veramente di sinistra, ex partigiana, antifascista, molto dura e chiara sull’islamismo. Con queste esagerazioni è stata targata quasi di estrema destra, il suo discorso è cominciato a piacere anche ai razzisti. Secondo me, se vogliamo fare aprire gli occhi, il nostro discorso deve rimanere umano, umanista, dobbiamo mostrare che siamo noi i veri partigiani, che non utilizziamo l’antislamismo come pretesto per essere razzisti, anzi il vero anti razzismo è liberare i musulmani dall’influenza dei radicali.
Com’è possibile che il ruolo di sentinelle della civiltà debba essere sempre sostenuto da scrittori giornalisti, come lei che, sia pur autorevolissimi, possono risultare comunque indifesi di fronte al radicalismo?
Secondo me è abbastanza evidente, ho fatto un po’ di politica all’epoca di Sarkozy (che però ho lasciato quando ha fatto la guerra in Libia), ero consigliere di un suo braccio destro, che fu Ministro degli Interni, per cui conosco bene il mondo politico e mi ricordo che loro in privato mi dicevano “lei ha ragione, il radicalismo islamico è un pericolo” però nello stesso momento alcuni di loro andavano due, tre volte al mese in Qatar, immagina più o meno perché, e tornavano con sacchi pieni di contanti. Questa non è una barzelletta o un’accusa alla sinistra, ma è una cosa che ho visto da dentro. Perché in Messico non riescono a sconfiggere le mafie? Perché le mafie pagano molto meglio che gli stati corrotti. Non è solo l’Italia ad aver conosciuto problemi di delinquenza, conosco bene anche il Belgio, la Francia e posso affermare che ci sono tanti politici che sono stati comprati dall’ Arabia Saudita, dalla Turchia dalla Serbia, dall’Azerbaijan e ovunque si trovano persone corrotte, compromesse. Fuori dalla corruzione, mi ricordo di aver parlato con Andreotti nella sua Fondazione De Gasperi: ricordo ancora che gli espressi il mio disaccordo sul fatto di aver permesso la costruzione della moschea radicale di Monte antenne, costruita dai sauditi, cioè coloro che hanno la lettura più barbara dell’islam, lui mi rispose “abbiamo interessi con questi stati, per cui non possiamo fare nulla”; subito pensai che un politico non dovrebbe parlare così, però i politici devono gestire interessi complessi e a volte compromissioni mentre lo scrittore è libero.
Un giorno Sarkozy mi disse “è facile per lei parlare così, dire che dobbiamo smettere di intrattenere rapporti con gli imam radicali, lei non ha a che fare con la politica attiva per cui non ha bisogno di sporcarsi le mani andando nei quartieri quando tutto brucia – perché in Francia ci capita spesso – e quando accade a volte gli unici che possono calmare le cose sono gli imam radicali, che proprio perché temuti, hanno l’autorità morale dell’islamismo radicale e riescono a calmare le acque”. Mi ricordo che non ero d’accordo con lui, però in quel momento capii che nel suo cinismo aveva ragione: chi fa politica si deve sporcare le mani e quindi deve rapportarsi anche col diavolo, mentre lo scrittore, la Fallaci, Marcello Pera o Magdi Allam o umilmente un Del Valle, sono scrittori che possono permettersi di dire le cose chiare. Quindi possiamo suonare il campanello d’allarme, mantenendo la purezza delle idee. All’epoca di De Gaulle o di De Gasperi era difficile tradire la patria, perché tutti erano patrioti. Mi ricordo un libro scolastico di mio nonno dove era scritto “tu non ti devi nascondere alla morte se c’è una guerra per l’Italia”; perché una volta si insegnava nelle scuole che la patria era quasi come Dio, c’era Dio dopo la patria, ci si doveva sacrificare per essa. Oggi come oggi, col mondialismo, il buonismo e il pensiero di essere cittadino del mondo è stata svalutata la visione di patria, di interesse nazionale, quindi i politici tradiscono molto di più e più facilmente la propria nazione. Cento anni fa uno che tradiva la patria era picchiato, mandato in galera o anche fucilato, oggi un politico italiano si può permettere di processare un Salvini per difendere i musulmani clandestini illegali. Una cosa simile non sarebbe stata possibile cinquant’anni fa, anche nel mondo della sinistra, perché anche la sinistra doveva essere patriottica; prima il clandestino non aveva nessuna legittimità perché era fuori legge, oggi l’uomo che vuole applicare duramente la legge è mal visto al contrario di coloro i quali, in buona o cattiva fede, agiscono per l’accoglienza ad ogni costo. Chi aiuta i criminali in nome del buonismo è visto meglio del diavolo Salvini che ha voluto fermare gli sbarchi. Io non sono Pro Salvini, però non sempre quel che dice è falso. Un grande esperto di criminologia francese ha detto di recente che se ci fosse stato ancora lui al Ministero dell’Interno, magari a Nizza oggi non ci sarebbero stati tre sgozzati; quel clandestino assassino non sarebbe potuto sbarcare a Lampedusa e comunque sarebbe stato rimandato nel suo paese e tre persone innocenti non avrebbero perso la vita.
Cinzia Testa
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