Inserita in Politica il 18/11/2020
da Rossana Battaglia
L’America del divenire
“Noi sosteniamo che queste verità sono per sé evidenti: che tutti gli uomini sono creati uguali; che sono dotati dal Creatore di certi diritti inalienabili, tra i quali sono la vita, la libertà e la ricerca della felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini i governi, che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che, ogni qualvolta una forma di governo diventi perniciosa a questi fini, è nel diritto del popolo di modificarla o di abolirla.”
(Dichiarazione d´Indipendenza degli Stati Uniti d´America) Thomas Jefferson
Gli Stati Uniti d’America (U.S.A.) 50 Stati confederati, dall’Alabama al Wyoming, ancora una volta, sono stati i protagonisti dell’interesse internazionale;
Le grandi elezioni americane in particolar modo l’Election Day, da sempre, solleticano l’interesse di molti, ma gli accordi geopolitici che vedono protagonista la terra delle opportunità risultano un ottimo incentivo per gli auditori più attenti. Non possiamo di certo negare le conseguenze che ne derivano dall’elezione di un presidente Repubblicano o Democratico oggi giorno.
L’elezione di un candidato alla Casa Bianca, per noi europei è senza dubbio motivo di forte interesse, poiché nessuna elezione di un capo di stato europeo suscita tanto scalpore quanto le elezioni presidenziali americane; questo dipende senza dubbio dal sistema politico americano, differente da qualunque altro in occidente, basato su una repubblica presidenziale di tipo federale.
L’elezione del presidente degli Stati Uniti, passa attraverso un sistema elettivo un po’ astruso. Ogni stato americano, con poche eccezioni, è chiamato ad eleggere i propri rappresentanti del Congresso, i tanto nominati grandi elettori, i quali verranno formalmente chiamati ad eleggere il presidente; i grandi elettori sono 538 (ovvero i rappresentanti statunitensi, senatori e 3 grandi elettori per Washington, che non appartiene a nessuno stato);
per accertarsi la vittoria un candidato presidenziale dovrà avere 270 voti dei grandi elettori.
I Partiti politici di rilievo negli USA, come è noto sono due, il Partito Repubblicano ed il Partito Democratico, ad essere eletti il giorno delle elezioni sarà il numero maggiore di grandi elettori per Stato, appartenente ad uno dei due Partiti.
Il conteggio dei voti, argomento particolarmente discusso durante la lotta alla presidenza tra Biden e Trump (oggi conta 306 voti per Biden e 232 per Trump) è calcolato sulla base statale, il sistema tanto dibattuto prende il nome di “Winner takes all”, maggioranza secca; alcuni stati, in queste appena trascorse elezioni, erano considerati in bilico, come ad esempio: Florida, Iowa, Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin; il propendere per uno o l’altro partito, in determinati stati, come ad esempio il Pennsylvania che ha attribuito la vittoria della Casa Bianca a Biden con 20 grandi elettori, non è semplice, poiché la vicinanza geopolitica all’Ohio, da vent’anni assolutamente repubblicano o allo stato di New York, democratico ,avrebbe potuto incidere sulla scelta di voto;
la sempre eterna verità sta nell’evoluzione intrinseca della società, non si parla di mere dissertazioni pseudo politiche scaturite dai fatti di cronaca evidenziate strategicamente dai media per alimentare una preferenza politica anziché un’altra, ma dalla volontà e strategia della lettura degli eventi di una data società, in un determinato contesto socio – culturale.
Uno degli esempi più semplici ricade sullo Stato del Texas, come è noto è lo stato più densamente popolato con la maggiore presenza di petrolio, possedendo un quarto delle risorse di idrocarburi degli USA e nel 2006 il primo stato con maggiore presenza eolica, oltre ad una sempre viva produzione di bestiame. Essere uno dei più grandi produttori del PIL del paese e la nota operosità del popolo texano, hanno portato il Texas seguire maggiormente il partito repubblicano, noto per la sua politica al libero possesso delle armi e alla deregolamentazione sociale; ma negli ultimi anni, in città come Austin, popolata da una grossa fetta di latini americani e figli di “immigrati”, ha influenzato le preferenze di voto sul partito democratico, anche se l’ultima preferenza degli elettorati texani è ricaduta sul buon vecchio Trump.
È apparentemente semplice riuscire ad esprimere un’opinione sulla politica d’azione di un candidato e sulle scelte che vedono protagonisti i singoli stati; purtroppo il gioco delle parti è molto più di un parere di opinionisti europei che non vivono le dinamiche di un paese o che basano la propria preferenza su analogie politiche.
Le scelte che vedono un paese in perenne divenire come l’America non sono semplici da abbracciare e spesso non possono essere totalmente comprese ad esempio, da un popolo come il nostro, fondamentalmente pacifista che aborra l’idea di possedere un’arma, poiché non cresciuto nell’ottica dei padri fondatori di vivere la libertà del singolo in maniera totale, che vede nel II emendamento della Costituzione l´esecuzione del I, la salvaguardia del concetto di “Freedom”, diffidando da organi governativi che presumono di poter conoscere i propri interessi e difenderli, soprattutto in seguito ai tragici eventi dell’11 settembre 2001.
La storia politica di uno stato è il sunto della storia del suo popolo, dalle conquiste o dalle sconfitte che si sono iniziate ad apprezzare per il cambiamento avvenuto o per intraprendere un processo di cambiamento sempre più vicino alle esigenze dei propri cittadini;
per il continente americano la storia delle sue conquiste è inversa a quella di un qualunque popolo in occidente, l’America è nata per essere libera, un nuovo mondo, ed il processo che da secoli è in atto, attraversando guerre civili, di indipendenza, lotte per l’uguaglianza di genere sono l’evoluzione della libertà di pensiero, di scelta.
Scelta che abbiamo visto ricadere sulle due forze antagoniste che si sono susseguite ed alternate alla leadership del paese in maniera costante, basti vedere le ultime presidenze, quelle del XXI secolo, da G. W. Bush al neo eletto Joe Biden;
L’elezione di B. Obama, primo presidente nero, avvenuta nel 2008, ha segnato la svolta per la storia politica del Partito Democratico e di tutti gli Stati Americani. La figura di Obama, insieme a quella di H. R. Clinton, la sua avversaria, prima donna candidata alla presidenza, hanno semplicemente dato voce alla volontà e necessità di un cambio rotta del popolo americano, focalizzato nelle prime campagne di risonanza di espressione delle “minoranze”; impossibile dimenticare le vittorie riscontrate negli otto anni di presidenza di Obama, dall’aumento del salario minimo all’integrazione delle diversità; come non possiamo non vedere le sconfitte riscontrate dalla cosiddetta riforma “Obamacare” che ha avuto il pregio di fornire coperture sanitarie a milioni di persone sprovviste ma incrementando notevolmente il costo delle polizze sanitarie.
Successivamente l’elezione nel 2016 di D. J. Trump ha segnato la preoccupazione di una crisi economica in essere, la paura ha dato vita all’ennesimo scontro tra classi, quella medio e medio – bassa di Obama contro quella medio – alta dei repubblicani di Trump, i grandi magnati preoccupati per il declino dei propri interessi e capitali; il mandato Trump verrà senza dubbio ricordato per una politica interna basata su una concezione pseudo liberista incentrata sulla convinzione e prevaricazione dei “ricchi sui poveri” “potenti sui deboli”, sulla creazione dei dazi doganali e la chiusura delle frontiere ai migranti, una politica suprematista legata allo scenario accentrista di molti paesi esteri.
Dunque come si poteva pensare in una rielezione direte voi?!
Dal canto suo, l’aggressività del metodo Trump ha avuto appiglio nei rapporti con le politiche internazionali (Cina e Korea del Nord) e la mediazione con Israele. Bisogna ricordarsi che vi sono due facce nella stessa medaglia, comprendere se in questo caso si propenda per il blu o rosso!
Concludendo, la vittoria di Joe Biden e della sua Vicepresidente Kamala Harris, prima donna non bianca a ricoprire questa audace carica e appartenente alla parte più progressista del Partito Democratico è senza dubbio la volontà di vedere un’ America unita :“Let us be the nation that we know we can be” – “lasciateci essere la nazione che possiamo diventare”(…)”, “a nation united, a nation strengthened, a nation healed” – “una nazione unita, una nazione rafforzata, una nazione guarita”(…) “I pledge to be a president to seeks not to divide, but to unify. Who doesn’t see red and blue states, but United States” – “mi impegno di essere un presidente che cercherà di non dividere ma di unire. Che non vede Stati rossi o blu ma Stati Uniti”. Queste alcune delle parole estrapolate dal “discorso della vittoria” del neo presidente democratico, che ne possa Twittare Trump
è il Nuovo Presidente degli Stati Uniti D’America!
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