Inserita in Un caffè con... il 03/02/2020
da Cinzia Testa
L´Italia, ultima in Ue per fondi a ricerca e istruzione, ha isolato il coronavirus
Questi sono giorni importanti per l’Italia, giorni che stenteremo a dimenticare grazie all’operato di tre ricercatrici dell’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma riuscite a isolare il coronavirus: stiamo parlando dottoressa Concetta Castilletti, 57 anni originaria di Ragusa, responsabile della Unità dei virus emergenti, specializzata in microbiologia e virologia, di Francesca Colavita, ricercatice 30enne precaria ma con un curriculum già degno di nota e di Maria Rosaria Capobianchi, 67enne nata a Procida, laureata in scienze biologiche e specializzata in microbiologia.
Per tanto, troppo tempo, la donna è stata relegata a condizioni subalterne. Considerata inferiore e inadatta a lavori intellettuali (ancora oggi frasi di dubbio gusto fanno pensare che non sia chiara la condizione di parità). Eppure chissà come avrebbero reagito i sostenitori di tale idee sapendo che un giorno sarebbero state proprio delle donne a isolare un virus che stava scatenando il panico in tutto il mondo.
Questo risultato è una vittoria sotto diversi punti di vista: è una vittoria italiana, che ha mostrato il suo potenziale in campo medico, è una vittoria delle donne, che hanno confermato ancora una volta l’insensatezza dei pregiudizi che le hanno colpite per troppo tempo e che ancora oggi le rendono vittime (si pensi ai dati allarmanti di femminicidi con cui abbiamo iniziato questo 2020). Ma questo traguardo dal sapore patriottico offre al contempo spunti di riflessione un po’ amari che meritano di essere discussi:
il fatto che la corsa alla soluzione sia stata vinta dalla nostra nazione sembra quasi paradossale.
Mentre gli altri stati investono sulla ricerca e nutrono i talenti offrendo loro le condizioni per poter restare, la soluzione di quest’enigma è stata trovata dall’Italia, nazione che, stando al report Istat 2019, ha investito in ricerca e sviluppo solo l’1,38% del Pil, percentuale nettamente al di sotto della media europea di 2,03%. All´atto pratico la nazione italiana oggi è l´ultima in Ue per fondi a ricerca e istruzione.
Ci è impossibile scordare che l’Italia è la stessa che sta facendo terra bruciata ai giovani che scappano per ottenere un futuro stabile. Il contratto a tempo determinato (prima co.co.co., adesso annuale) di Francesca Colavita, una delle ricercatrici, disposta a fare ricerca per 1,500 euro al mese e in attesa di rinnovo la dice lunga a riguardo.
Per questi motivi questo trionfo arriva come uno schiaffo che deve far prendere consapevolezza del potenziale e della fortuna che abbiamo, affinché si inizino a coltivare le menti che desiderano fiorire nella loro terra e si dia loro la possibilità di fare la differenza. Ma non per un caso fortuito, ma grazie alla sistematicità di investimenti in ricerca e sviluppo che facciano ripartire il mondo del lavoro.
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