Quello che resta di questa attesa": un progetto fotografico che ha restituito egregiamente dignità, dopo 52 anni, ai luoghi colpiti dal terremoto che nel 1968 distrusse, anche per mano dell´uomo, talvolta, la valle del Belice.
La mostra fotografica, dell´artista alcamese Tiziana Catania, curata da un´altra promessa della città di Cielo Marilena Garofalo (consulente di digital Marketing), chiude, oggi (dopo 8 giorni), i battenti, dopo un flusso costante di pubblico e una critica assai positiva.
La mostra è stata allestita ad Alcamo, presso la chiesa di San Pietro, in via Barone San Giuseppe che, grazie alla personale, con genialità collocata in questa significativa traccia della memoria Alcamese, è tornata a vivere, a far parlare di sé, a sentire anime e palpitare cuori. Gli stessi palpiti che ti lasciano attonito difronte alla capacità della fotografa di immortalare, a volta a colori, nella maggior parte dei casi in bianco e nero, il fruscio del vento e il cinguettio d´un cardellino, unici superstiti di una fastosa Poggioreale e d´una altrettanto bella Salaparuta, lasciando fuori, da questo sogno drammatico di sogni spenti (in quella catastrofica notte), il grande cretto, che narra, come sublimazione dei silenzi profondi e disumani, di scheletri di case ormai abbandonate, di speranze troncate e sogni definitivamente sepolti, come certamente volle Alberto Burri e il nostro grande Ludovico Corrao incapace di arrendersi innanzi alle atrocità di quelle ore e all´immobilismo, talvolta disarmante, d´una burocrazia troppo lenta e incapace di vibrare le corde del suo cuore.
La fotografia di Tiziana Catania è uno splendido esempio di scrittura visiva: è una fedele e originale «trascrizione» della immaginazione narrativa di tre città che sono morte e che, nei suoi fotogrammi risorgono. La sovrapposizione, l´incontro-scontro dei collage, l´incastro tra natura e immaginazione, tra colori e suoni, la polifonia che sale dalle note dell´anima di ogni artista si colgono con la stessa semplicità, con la stessa originalità e con la stessa profondità passionale sia nel diario d´un bene artistico e architettonico che torna ad illuminarsi (la Chiesa di San Pietro in Alcamo) sia negli scatti, singolarissimi, di Tiziana Catania.
Un viaggio al Sud, solitamente, è un viaggio verso il Sole, verso il Mare, verso il Fuoco: è un viaggio che va dall´immobile imponenza del mare, alla drammatica quotidianità di una terra a stento capace di leggersi e apprezzarsi. Quello che propone Tiziana Catania, nella mostra spettacolare curata da Marilena Garofalo, è il viaggio della speranza e dell´anima, che l´artista propone senza mai banalizzarlo e senza intenti diversi se non il recupero dell´anima e, attraverso essa, dei luoghi.
Il viaggio di Tiziana Catania, quello che ci costringe a fare con lei, è la ricerca infinita della luce, della libertà, dell´armonia: è l´incontro rinnovato e ripetuto con i colori (terra, cielo, anima e corpo), con i sapori, con le sensazioni, con le emozioni dei luoghi narrati e non più vivi, se non nei suoi scatti indelebili; è l´incontro di un uomo gelato dagli eventi catastrofici acque con il calore che emana chi, nel silenzio assordante d´una città morta, l´attraversa e la rivive.
La mostra, che oggi si conclude, presentata nella splendida cornice della chiesa di San Pietro, è un omaggio rinnovato e tacito, rafforzato, a chi ha donato vita a Gibellina, Ludovico Corrao, non permettendo che morisse, col terremoto, un popolo, la sua tradizione, la sua anima. Se ci fosse stato, e se ci fosse, un Ludovico Corrao in ogni città, Salaparuta, Poggioreale e tante altre ancora vivrebbero e non solo nei ricordi silenziosi o tramite artisti come Tiziana Catania. Ludovico Corrao, spirito libero dell´età contemporanea, novello Voltaire del nostro secolo, che ha saputo coniugare con acume e fantasia la forza della volontà, la bellezza della natura e la sapienza dell´uomo, continua a cantare la sua storia con Burri, Pomodoro, Consagra e, oggi, con Tiziana Catania che non s´arrende e non tace. Lo scempio della memoria va fermato.
Antonio Fundarò