Inserita in Un caffè con... il 26/08/2019
da Cinzia Testa
L´evoluzione del trasformismo e la scomparsa della coerenza politica
In questi giorni in cui instabilità e legami politici altalenanti e inaspettati fanno da padrone è bene rispolverare un fenomeno storico sviluppatosi negli anni 80 del XIX secolo al fine di comprendere meglio il nostro quadro politico attuale.
Nato all’indomani dell’unità d’Italia, il trasformismo identifica quel fenomeno di trasformazione politica che permetteva di confluire dalla destra moderata alla sinistra o viceversa. Grazie a ciò si aveva la possibilità di cambiare schieramento al fine di poter votare una determinata legge in parlamento.
Sono passati più di cento anni dalla sua nascita e tutto ciò non ci suona affatto nuovo: proprio adesso stiamo assistendo ad una possibilità di coesione di forze politiche distanti tra loro, quali M5s e Pd; solo un anno fa tale situazione era assolutamente impensabile dati gli attriti tra i due partiti.
I cambiamenti “ideologici”odierni ci riportano spontaneamente alla mente la politica trasformista, ma al fine di delineare un disegno preciso di ciò che sta accadendo adesso, occorre distinguere tra trasformismo agli albori e le sue successive evoluzioni.
Il trasformismo nasce per scopi costruttivi, al fine cioè di risolvere controversie politiche per trovare una soluzione per il bene comune. Alla fine dell’800 si poteva assistere al confluire di una destra moderata in una sinistra o viceversa. Ma ben presto, quando le divisioni tra destra e sinistra si fecero più nette, dunque da Giolitti in poi, un cambiamento di schieramento politico divenne chiaramente il pretesto per rimanere sulla cresta dell’onda. Al bene comune, cioè quello che dovrebbe essere lo scopo primario della politica, si sostituiscono i bisogni egoistici e individualisti. Così questo fenomeno si rivelò il distruttore della coerenza politica italiana.
Avendo chiara la distinzione, a che tipo di trasformismo appartengono i nostri politici attuali, da sempre nemici e rivali che adesso si ritrovano a trattare per un possibile governo di coalizione?
La risposta appare ovvia: i meccanismi di coalizione a cui stiamo assistendo sono il frutto della degenerazione del trasformismo politico, quello che diviene alibi per poter cambiare idea ogni volta che conviene. E tutto ciò semplicemente perché l’amore per il proprio posto di prestigio supera quello per i princìpi, si tenta il tutto per tutto pur di non perdere le luci della ribalta. Ma durante la strada si perde qualcosa: la credibilità. Tutti stanno venendo meno alla parola data perdendo così il senso profondo delle ideologie di partito. E se si giungerà ad un accordo (tra chiunque) possibilmente ci ritroveremo dinnanzi a un governo già diviso prima di cominciare, ma unito solo al fine unico di non perdere i seggi tanto cari.
In questa smania di conquista si sta come dimenticando, o si cerca di far dimenticare, il principio su cui si basa la nostra costituzione,che ricorda come teoricamente dovrebbero andare le cose:
"La sovranità appartiene al popolo", popolo che all’atto pratico, a meno che non si decida di andare alle elezioni, è inerme in attesa di un responso nel quale tutti confidano più o meno fiduciosi. In due parole, il popolo deve credere che l´accordo tra le prime due forze delle elezioni del marzo 2018 sia cercato per il suo supremo interesse o certificare la verità, cioè che due partiti - anzi , uno e una parte dell´altro - vogliono a tutti i costi evitare che il popolo sovrano (SIC!) li mandi a casa inevitabilmente?
Sembra quasi che ci sia un grosso divario tra precetti e realtà, parole e fatti. Basti pensare all´Italia, che è una Repubblica democratica, ma quanto può definirsi concretamente democratica una nazione che non elegge direttamente suoi rappresentanti dal lontano 2008?
Cinzia Testa
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