Inserita in Politica il 14/01/2019
da Direttore
Lettere a Tito n. 234. Shoah 2019 ed il libro del giovane Alberto Forte pensando alla Shoah nostra e degli altri.
Caro Tito,l’imminente domenica 27 gennaio 2019 significherà, tra l’altro, il 74° anniversario la liberazione del campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz (in Polonia), dove, appunto, il 27 gennaio 1945 erano ancora reclusi in condizioni disumane migliaia di persone (in gran parte vittime ebree della Shoah, cioè l’olocausto messo in moto anni prima, 1938, dai nazisti di Hitler per lo sterminio del popolo ebraico, mediante camere a gas e forni crematori).
Personalmente (condannando tale abominevole violenza così come tutti i massacri e gli stermini subìti da tanti altri popoli) mi sono espresso pubblicamente (pure nero su bianco) sulle pulizie etniche, scritte con il sangue della Storia, sempre ed ovunque ricordando anche il genocidio del popolo meridionale italiano per mano dei Savoia a partire dal maggio 1860.
Il sangue versato dalle genti è come la matematica … non ammette opinioni dissimili, interpretazioni o addirittura negazionismi!
1860 INIZIO DELLA “SHOAH MERIDIONALE ITALIANA”
Come calabrese (ma pure come “Università delle Generazioni”) ho più volte rivendicato per il Sud Italia (in coro a tante altre voci e grida) una completa verità su decenni di massacri (i cui archivi pare siano in gran parte ancora chiusi agli storici, caso unico nel mondo dopo 150 anni da quei tragici eventi!) così come rivendico l’istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo delle vittime della cosiddetta “Conquista del Sud” (dal 1860 in poi), da celebrare ogni 17 marzo, data di “fusione a freddo” e proclamazione unilaterale dello Stato unitario italiano nel 1861 in Torino. Italia è, dunque, uno Stato nato da uno stupro, nella ferocia e nel sangue, senza una gioiosa festa tra tutte le sue regioni, alcune delle quali stavano ancora subendo un autentico genocidio storico, sociale ed umano.
E, a distanza di 158 anni da quella proclamazione imposta, non si intravede ancora da parte delle Istituzioni alcun segno di verità ufficiale documentata ed esibita, né di pentimento, né di necessaria riconciliazione!… Anzi, la “conquista del Sud” continua ancora oggi con altri metodi, non riconoscendo alcuna dignità al suo popolo!… L’importante è assoggettare ed umiliare, sempre e comunque! Come o peggio delle colonie!
SAVOIA STRANIERI D’OLTRALPE
Come è noto, la famiglia dei Savoia è nata feudataria di una regione d’Oltralpe, la Savoia appunto di lingua francese, incastonata tra Francia-Svizzera e Piemonte. Le vicende storiche del 15° secolo hanno portato tale famiglia (semplicemente “ducale”) in Piemonte. Sicuramente voraci quanto abili, i Savoia hanno condotto sempre politiche espansionistiche, approfittando della debolezza dei vari feudatari italiani fino a diventare Re.
L’aspetto più importante e qualificante di tale Casa regnante è che la lingua ufficiale di corte sia stata sempre e comunque quella francese, nonostante fossero, con il dominio sul Piemonte, ormai in pieno territorio italiano fin dal lontano 1416 e, paradossalmente, persino quando si erano autoproclamati “re d’Italia” nel 1861, dopo una delle conquiste più feroci ed arbitrarie della Storia umana!
In ben 445 anni di regno in territorio italiano (al Piemonte si sono poi aggiunte Liguria e Sardegna), questo fatto della permanenza della lingua francese a corte ( e tra le pareti domestiche) può essere interpretata come “disprezzo” per tutto ciò che era italiano e come “superiorità” e presa di distanza dal paese reale, dal popolo che governavano!… Come se schifassero il loro stesso Regno! Insomma, in 445 anni i Savoia non hanno mai voluto oppure non sono riusciti a imparare e parlare la lingua dei loro sudditi!
Tale distanza e tale disprezzo si sono poi trasformati in “furia sanguinaria” (una delle più gigantesche che la Storia ricordi!) quando si è trattato di aggredire uno Stato sovrano come il Regno delle Due Sicilie (con le innumerevoli complicità anche e soprattutto estere). E il disprezzo è documentato dalle espressioni usate dai generali savoiardi e dalle loro truppe … quasi che l’invasione del Sud Italia fosse stata una benemerita “Crociata” per civilizzare popoli indegni di stare al mondo.
La barbarie dei Savoia, evidentemente connaturata nella loro stirpe di rudi montanari d’Oltralpe, si è tramutata in un genocidio vero e proprio nel Sud Italia, date anche le premesse ideologiche e non soltanto metodologiche dell’invasione! Nessun esercito di regnanti originari dell’Oltralpe ha fatto tante stragi e tali massacri come quello dei Savoia!
Doppio tradimento, doppia deturpazione!… Uno Stato come quello italiano, nato nel 1861con tali nefaste premesse, non potrà mai essere felice, né tanto meno normale e concorde finché non cesserà tale ennesima occupazione oppure finché non si farà verità e giustizia per un Sud ancora schiavo di impenitenti predatori, veri eredi savoiardi!
I NEGAZIONISTI NOSTRANI
Spesso vengono citati i “negazionisti della Shoah ebraica” non evidenziando che ci sono pure “i negazionisti” di tanti altri sterminii, compreso quello meridionale da parte dei Savoia … indegna casa regnante, per fortuna, solo fino al 1946, anche se in giro ne è rimasta la mentalità. I Savoia, dopo il genocidio del Sud Italia, infatti, sono stati recidivi, dal momento che (con la complicità fascista) si sono pure distinti per i grandi massacri coloniali in Libia, Etiopia, Eritrea e ovunque abbiano calcato il loro tallone.
I LAGER DEI SAVOIA DOPO IL 1860 CONTRO IL SUD
Caro Tito (studiando da me stesso quella Storia che nelle scuole pubbliche di Stato non ci hanno – forse volutamente – insegnato adeguatamente o per nulla) mi sono convinto che, alla prova dei fatti, il dittatore nazista Hitler ha imparato almeno due cose dall’Italia: i massacri di massa ed i lager dai Savoia e il fascismo da Mussolini (sempre e comunque avallato e condiviso dalla complicità dei Savoia). Non a caso Hitler si riteneva alunno di Mussolini. E un buon alunno, di solito, supera sempre il maestro!
Alcuni storici calcolano che la “conquista del Sud” abbia causato oltre due milioni di morti meridionali, interi paesi incendiati o desertificati e tante altre incredibili crudeltà, comprese le conseguenti bibliche emigrazioni. Nemmeno gli eserciti dell’antica Roma (abituati a radere al suolo interi territori e a deportare gran parte di quelle genti che l’abitavano) hanno avuto la crudeltà dell’esercito savoiardo nel nostro Sud!
Inoltre, centinaia di migliaia di soldati e ufficiali borbonici, di semplici cittadini ed ecclesiastici meridionali fedeli alla propria Patria, cioè il Sud invaso proditoriamente (senza alcuna dichiarazione di guerra, si badi!) sono stati deportati in numerosi lager del nord Italia, dove sono stati derisi, torturati e lasciati morire di fame, di stenti o passati per le armi. Tutto ciò avveniva sempre arbitrariamente, in barba alle leggi o alle consuetudini internazionali allora in vigore e persino contro ogni accordo di resa, specialmente durante il lungo e tragico assedio di Gaeta, caduta eroicamente il 13 febbraio 1861!…
Così facendo (con inaudito e non giustificato odio e massimo e immeritato disprezzo) i Savoia non potevano che generare quel fenomeno conosciuto come “brigantaggio” che altri non è stato se non una ribellione di dignità ai metodi brutali subiti da una nazione pacifica e laboriosa, che se ne stava per i fatti suoi, senza dare fastidio a nessuno!
A ben vedere, usando un linguaggio attuale, si è trattato di uno stupro storico vero e proprio, su cui non s’intravede ancora né verità né giustizia! … Quasi come nelle cosiddette “Stragi di Stato” (dal 1969 in poi) che tutt’oggi non hanno né verità né giustizia. Forse quest’Italia stragista, pure ai tempi della Repubblica, ha radici proprio nei metodi stragisti e massacratori dei Savoia dal 1860 in poi!
Bisognerebbe riflettere molto su tutto ciò e trovare il bandolo della verità, non fosse altro che per guarirci tutti, indistintamente tutti, da un eredità di incomprensioni reciproche affinché si compia veramente e finalmente un’Italia unita pure dal rispetto e possibilmente dall’affetto reciproco.
A mio modesto parere, non ci sarà mai vera e sostanziale pacificazione per come vanno ancora adesso le cose tra Nord e Sud, tra Stato e popolo meridionale. Di questo passo, prima o poi, qualcosa di brutto succederà!… Si sta accumulando sempre più energia negativa, nel Sud, in Italia e nella stessa Europa! E nel resto del mondo non si sta affatto meglio!…
AUSCHWITZ COME DISTRAZIONE DI MASSA IN ITALIA?
Ho sempre avuto il dubbio che possa rappresentare una vera e propria “distrazione di massa” (almeno per noi italiani) l’insistenza (anche istituzionale) di indirizzare sistematicamente l’attenzione sociale (specie scolastica) sui campi di concentramento e di sterminio nazisti. Infatti, tale insistenza (assai organizzata) a guardare altrove (sebbene necessaria, ma in proporzione) può distrarre dai campi di concentramento dei Savoia inerenti la loro conquista del Sud.
Parlando con alcuni docenti di scuole medie-superiori ho appreso che, ad esempio, sono poco conosciuti i tantissimi campi di concentramento dei Savoia disseminati in Italia dopo il 1860… da Finestrelle (detto lo Spielberg piemontese) a tutte le altre fortezze militari del centro-nord (simili, nella sostanza, ai gulag sovietici). Né sono conosciuti e visitati i tantissimi campi di concentramento savoiardi-fascisti disseminati in Italia (dal 1940 al 1945). Sarei proprio curioso di leggere le statistiche (se ci sono) di quante scolaresche e quanti turisti italiani vanno ad Auschwitz e quanti vanno a Finestrelle e similari gulag o nei cosiddetti “lager del duce”!
SUD ITALIA e SUD DEL MONDO – LA SHOAH INFINITA
Caro Tito, sai bene che non sono assolutamente un “neo-borbonico” e che, essendo da sempre uno spirito libero, a me piace quella Verità intelligente che poi deve portare unicamente all’Amore. Inoltre, sono talmente sensibile al dolore altrui (di qualsiasi colore, latitudine e bandiera) che, credimi, a volte addirittura “somatizzo” la sofferenza che c’è non soltanto attorno a me ma anche quella che mi proviene dal mondo, specialmente tramite i multimedia! Pure per questo non ci dormo la notte e vorrei fare chissà che cosa pur di vedere la gente almeno serena se non proprio e del tutto felice! Credimi, tale somatizzazione ha condizionato davvero tanto l’intera mia esistenza!
Non m’illudo che sostanzialmente possa migliorare niente dinanzi non tanto alle mostruosità del mondo, ma persino dinanzi alle mostruosità presenti nel mio metro quadrato d’esistenza. Tuttavia, niente che niente, vorrei spendere una buona parola per “buoni e cattivi” esortandoli ad un’Armonia condivisa. Ecco, la “Giornata della Memoria” per me non significa tanto ricordare la Shoah ebraica, tutte le altre Shoah (piccole o grandi, presenti e passate) … quanto tenere alta l’esortazione alla felicità e all’Armonia, testimoniando che si può essere felici ed armonici soltanto se si è onesti soprattutto, ma anche solidali e altruisti, cercando di ridurre il più possibile la sofferenza propria e degli altri.
LA SHOAH DEL SUD ITALIA E LA SHOAH EBRAICA
Caro Tito, tornando alla molto probabile e sostanziale similitudine della Shoah del Sud Italia ad opera dei Savoia con la Shoah degli Ebrei, ritengo che sarà molto difficile trovare una verità storica ed obiettiva (specie se condivisa) per queste come per altre controversie. Cosicché ognuno resterà fondamentalmente con il proprio dolore e con la propria verità. Si troverà sempre un autorevole negazionista (fanatico ed esagitato da se stesso o ben pagato) per rovesciare l’evidenza storica dei fatti e delle vistose conseguenze! Spesso chi fa il male è sempre molto più bravo di chi sta nel bene!
Ci sono troppi falsari, troppi pennivendoli in giro perché si possa giungere alla verità e, con la verità, alla pacificazione e alla riconciliazione. Pure per questo penso ad una “Shoah infinita” E non soltanto per quella ebraica e meridionale italiana, ma anche per tutti i Sud del mondo e per tutti i popoli subalterni o schiavizzati sotto ogni cielo e in qualsiasi epoca!
SAVOIARDI PEGGIO DEI NAZISTI?
Comunque, vorrei qui riportare la semplice considerazione che, scritta da Franco Molfese (Roma 1916-2001), potrebbe “illuminare” le menti, anche quelle negazioniste: “Alcuni comandanti piemontesi emanarono, fra il 1861 e il 1862, bandi che i nazisti mai avrebbero sognato di applicare a popolazioni di origine germanica”.!!! [da F. MOLFESE, Storia del brigantaggio dopo l’Unità; Milano, Ed. Feltrinelli, 1966, p. 54].
Ma, evidentemente, i Piemontesi invasori non si consideravano italiani … ma soltanto razza superiore che era in diritto di massacrare una razza inferiore, come consideravano i meridionali, cui portavano la civiltà (nordica)!
Infatti, prima dell’eccidio, del massacro e del genocidio fisico, delle devastazioni predatorie e della più completa desertificazione del meridione italiano (“Regno delle Due Sicilie”) dal 1860 in poi, c’è da considerare l’atteggiamento culturale dei Savoia, della loro classe dirigente (prima di tutto militare) e, in pratica, di quasi tutto il Nord (italiano) verso le popolazioni del nostro Sud Italia. Questo è un ennesimo esempio di come la Storia sia davvero figlia della Cultura!
Ci sono, infatti, documenti ufficiali, corrispondenze tra generali e il capo del governo piemontese Cavour, ed altri scritti autentici dell’epoca (persino atti parlamentari e testimonianze di politici esteri) che non possono essere smentiti o negati … in cui il popolo meridionale veniva descritto e denigrato, ingiuriato e concepito non soltanto peggio degli africani ma addirittura peggio delle bestie!
Caro Tito, ricordi quando, presso alcuni popoli (persino nella cattolicissima Europa medievale), veniva negato che le donne avessero un’anima come gli uomini?… Ecco, siamo là! … D’altra parte, se tu volessi (senza farti scrupoli, ma anzi sublimando presunti meriti) depredare un popolo dei suoi beni, della sua terra (mantenendo la coscienza tranquilla, anzi ancora più gagliarda per aver contribuito a ripulire il mondo) … dovresti per forza di cose negargli la dignità naturale e sociale, persino quella umana!… Sarà così più facile renderlo schiavo e addirittura annientarlo!… Così il Sud Italia così gli Ebrei!!!… Così l’Africa, i nativi delle Americhe e di tante altre nazioni definite “etniche” non popoli!!!…
NEGATE LE VERITA’ E PERSINO LA RICONCILIAZIONE
Noi meridionali, consapevoli delle remotissime origini della nostra civiltà (“Quando noi avevamo la toga gli altri avevano la coda”) non ci siamo mai lasciati intimidire o avvilire per qualsivoglia razzismo o genocidio subìti. Abbiamo dimostrato nei e con i fatti, ovunque nel mondo, il nostro valore individuale e collettivo. E il vero Sud vivrà fin quando sarà in vita un solo seme, un solo vero meridionale e primo italiano ovunque disperso nel mondo! Abbiamo il nostro naturale ed originale “Sperma Power” (fisico e spirituale). Significheremo anche da schiavi! Qui da noi c’è una Luce che il mondo non può ignorare così a lungo.
E ciò nonostante i troppi traditori interni ed esterni (si badi bene)… nonostante il sempre tanto da me denunziato dal 1977 “Suicidio del Sud” … l’Anima della vera ITALIA (cui il Sud e solo il Sud ha dato i natali, primariamente la Calabria) sopravviverà (volenti o nolenti) a qualsiasi altra pseudo-civiltà (come spesso afferma, da me e da tanti altri ben condiviso, lo Scolarca neo-pitagorico Salvatore Mongiardo, filofoso che sarebbe opportuno conoscere e possibilmente seguìre, specie su http://www.salvatoremongiardo.com/).
LA RICONQUISTA DEL SUD 158 ANNI DOPO
Anche come storici o intellettuali e semplici cittadini, noi meridionali siamo sempre stati propensi a riconciliarci con il Nord che dal 1860 in poi ci ha sempre martirizzati e vituperati e continua ancora a insultarci, nonostante sia in atto l’ulteriore tentativo di “riconquista del Sud” (questa volta politico-elettorale della Lega che ha fatto cadere la parola “Nord” pur di sedurci …. Ma sarà vero, visti i precedenti?!).
Il Nord (Italia) o Padania deve sapere che non conquisterà mai e veramente l’anima del Sud Italia se non darà al Meridione (ucciso e abbandonato) la Verità che gli spetta, le scuse ed un risarcimento adatto a far riprendere quella dignità storica, economica e culturale cui ha diritto. Anzi, se leggo bene i fatti, il Nord-Padano sta per essere attirato in un tranello (non so ancora quanto tremendo o quanto controrivoluzionario) proprio da chi pare lo stia aiutando a ripetere la conquista del Sud.
La riconquista del Sud?! … Siccome ciò non succederà mai (anche se tutto il Sud sarà presto Leghista persino con la paradossale, cosciente o convinta complicità di parte dei meridionali, come già sta avvenendo), la sottile “guerra civile” tra Nord e Sud, continuerà, purtroppo, a danno di una Italia-Stato (dalle Alpi alla Sicilia) che, proprio per tale irrisolvibile divisione, resterà debole ed insignificante soprattutto al cospetto delle Nazioni più forti che piloteranno sempre e comunque i nostri Governi.
PER CHI VUOLE APPROFONDIRE
Caro Tito, restare ignoranti è il miglior modo di suicidarsi socialmente e purtroppo questa lettera non è la sede adatta per dare un’adeguata o completa informazione sui temi qui accennati né può trattare compiutamente del parallelo (che pure c’è) tra le crudeltà dei Savoia e le crudeltà di Hitler. Ma è stato opportuno ed utile averne almeno accennato. Infatti, chi vuole approfondire il discorso ha la possibilità di trovare diverse fonti affidabili e utili resoconti storici (però ancora non del tutto sufficienti ma assai dimostrativi) presenti in cartaceo nelle librerie, nelle biblioteche e su molti siti web, come ad esempio all’indirizzo: https://www.vietatoparlare.it/unita-ditalia-e-pulizia-etnica-fenestrelle-lager-savoia/ oppure http://timesicilia.it/le-bugie-sullunita-ditalia-libri-verita-sulla-violenta-conquista-del-sud/.
Specialmente in occasione dei 150 della cosiddetta “Unità d’Italia” (anno 2011) molti scrittori hanno pubblicato libri assai critici sulla fraudolente conquista del Sud da parte dei Savoia. In particolare l’accorato storico calabrese Antonio Grano (nato a Cosenza nel 1938 e deceduto in Macchia di Isernia nel 2014) ha dedicato all’argomento ben sei volumi che sarebbe utile leggere: Io, brigante calabrese (2009), La chiamarono unità d’Italia (2009), Pietà per i vinti (2011), Le parole sono pietre (2011), Il male oscuro dell’Italia unita e separata (2012), A sinistra della Questione Meridionale (2013).
Ma c’è tanta altra letteratura a riguardo! E ancora tanta altra ci si attende che esca fuori, finalmente, dopo 158 di negazionismo, depistaggi, inganni e occultamenti! Infatti, i negazionisti si stanno dando da fare, persino nelle Università italiane che dovrebbero essere la sede della verità storica e scientifica!… Figurati, caro Tito, i che mani siamo!… Alla faccia della verità storica e scientifica dei fatti realmente accaduti!
LA PULIZIA ETNICA DEI BORBONI DOPO IL 1799
Dobbiamo, quindi, ringraziare doppiamente gli arditi storici che continuano a indagare e a rivelare il genocidio del Sud da parte dei Savoia, nonostante i documenti dell’epoca siano stati in parte distrutti, in parte inibiti alla visione o addirittura negati. Così come, in verità, gli stessi Borboni avevano già fatto nei riguardi della cosiddetta Rivoluzione napoletana del 1799, per reprimere meglio la quale hanno giustiziato quasi completamente la “migliore gioventù” meridionale, desertificando il Sud per intere generazioni.
Ho motivo di credere che i Borboni non avrebbero perso il Regno delle Due Sicilie nel 1860 se avessero, con lungimiranza, risparmiato le classi intellettuali e produttive trucidate immediatamente dopo la rivolta 1799. Si dice che solitamente la Storia non porta pietà per chi pietà non ha avuto! Così è in corsi e ricorsi storici!…
IL SUD ITALIA TRATTATO PEGGIO DEGLI EBREI?
Mi sembra di aver capito, studiando la Storia, che nei millenni il Sud Italia sia stato continuamente invaso e maltrattato peggio degli Ebrei, i quali, nonostante le ripetute persecuzioni fin dalle loro origini, si sono sempre rialzati come popolo riuscendo (per pochi che siano sempre stati) a significare ovunque abbiano messo piede o radici nelle varie diaspore e adesso riescono ad essere tra i più rigorosi ed inflessibili padroni della globalizzazione.
Invece, quel che resta del popolo meridionale italiano, pur eroicamente ribellandosi o resistendo, è stato ridotto all’insignificanza e all’impotenza, in balìa ora dell’uno ora dell’altro. Le cause, secondo me, sono dovute principalmente al fatto che il Sud non è storicamente sufficientemente unito come popolo, ma anche al fatto che ci siano sempre stati troppi corrotti e traditori. E con i corrotti e i traditori non c’è popolo che si possa salvare.
Oggi il Sud italiano è stato ridotto al quasi completo silenzio storico, umano e civile in una specie di nuovo tipo di schiavitù che accetta, senza eccepire, altri tipi di tristi schiavitù come quella degli immigrati presenti nel suo territorio (vedi, ad esempio, a Rosarno, nel Foggiano, nel Casertano, ecc.).
E, paradosso dei paradossi, pare che, addirittura, si compiaccia quando gli si dice, ad esempio, che la ‘Ndrangheta calabrese è la mafia più forte, diffusa, ricca e pericolosa del mondo, ancora di più delle altre mafie meridionali (siciliana, campana, pugliese, romana, ecc.) o estere! In mancanza d’altro, il Sud ha almeno questo “primato” ampiamente riconosciuto ed esaltato, persino in campo internazionale! Che suicidio epocale!
ELIMINARE SAVOIA & CO. DALLA TOPONOMASTICA !!!
Caro Tito, che strano popolo è quello meridionale italiano!… Non soltanto è stato tragicamente vandalizzato, straziato ed umiliato dai Savoia & Co. (complici!), senza alcun risarcimento né storico né morale, ma ha sempre dovuto intitolare strade, piazze, scuole e innalzare monumenti ai distruttori del Sud e persino a coloro che (come Cavour, Garibaldi e persino i generali massacratori, Cialdini, Fumel, Pinelli, Della Rocca, Fanti, Solaroli e altri criminali di guerra) hanno realizzato il più efferato massacro di un popolo! Quale atroce paradosso, subìre apaticamente e acriticamente di tutto e di più per secoli!… Sud senza più anima e dignità, dunque?!… Sud suicida totale?!… Come solitamente accade, al danno si unisce la beffa!
Tuttavia, qualcosa si muove, timidamente, mentre almeno una minima parte del meridione italiano comincia a prendere coscienza del genocidio patito e non ancora finito. Infatti, mercoledì 19 dicembre 2018, il Comune di Campobasso, città capoluogo regionale del Molise, ha eliminato l’intitolazione della centrale Piazza Savoia per dedicarla ai magistrati-martiri, vittime della mafia, Falcone e Borsellino. Oh, che soddisfazione!… Piazza Falcone e Borsellino e non più Piazza Savoia! Speriamo che sia di esempio generale e che i simboli dei vandali-predoni vengano rimossi dalle vie, dalle piazze, dai monumenti, dagli edifici e dalla memoria del Sud!
Il Sud Italia è ancora, purtroppo, invaso e pervaso a tappeto dalla toponomastica e dalla monumentistica, entrambe persino grate e celebrative dedicate ai Savoia e associati. Però, che io sappia, la Germania non ha intitolato alcunché a Hitler e ai suoi nazisti, e la stessa Italia nulla a Mussolini e ai suoi fascisti. Perché il Sud deve sorbirsi i nomi di coloro che l’hanno massacrato e annesso con una arbitraria aggressione e invasione più che coloniale e con una barbara guerra mai dichiarata?…
IL GIORNO DELLA MEMORIA SULLA SHOAH EBRAICA
Ma, adesso, è tempo di concentrarci di più sulla “Shoah ebraica” e, in particolare, sui campi di concentramento e di sterminio messi in opera dai nazisti hitleriani. Li ricordiamo attraverso il racconto appassionato che ne ha fatto il giovane Alberto Forte di Castelpetroso (Isernia) nel suo libro “Lo sterminio visto da un giovane” (2017). Un esercizio di memoria e di “pietas” pure per come voluto dalla Legge dello Stato Italiano n. 211 del 20 luglio 2000 i cui due unici e brevissimi articoli riporto qui di séguito ad ogni buon fine.
LEGGE 20 LUGLIO 2000 n. 211
Titolo: “”Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti””. Tale legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (GURI) n. 177 del 31 luglio 2000.
Articolo 1
1 – La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Articolo 2
1. In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.
IL DONO DI UN LIBRO SULLA SHOAH
Caro Tito, come già sai, domenica pomeriggio 10 giugno 2018, in Agnone del Molise, alla forgia del maestro Guido Mazziotta, si è svolta una utile quanto significativa manifestazione pubblica nel contesto della seconda giornata mondiale per la distruzione delle armi (promossa dal nostro conterraneo e comune amico Salvatore Mongiardo, filosofo, il quale l’ha realizzata nel medesimo giorno a Serra San Bruno, molto più in grande). Hai pubblicato questi miei riferimenti il 06 giugno (come preavviso) e il 14 giugno 2018 (come “Lettere per stupire il mondo” n. 3 capitolo 2).
Forse non a caso o forse per una semplice coincidenza, il professore Francesco Mazziotta, fratello dell’ospitante fabbro, mi ha donato il libro “Lo sterminio visto da un giovane” accolto nel luglio 2017 tra le importanti e gloriose “Edizioni Qualevita” fondate e dirette dal sacerdote Pasquale Iannamorelli, uno dei pacifisti italiani più impegnati e più noti, in Torre dei Nolfi in provincia de L’Aquila (www.qualevita.it – info@qualevita.it tel. 0864-460006 e 349.5843946).
Molti anni fa, su segnalazione del prof. Remo de Ciocchis (fondatore in Agnone del “Centro di Spiritualità Nonviolenta) ho aderito a tali Edizioni nonviolente abbonandomi alla rivista “Qualevita” il cui titolo mi ricorda le Edizioni “Qualecultura” di Vibo Valentia fondate dal sempre stimato avvocato Francesco Tassone, conosciuto nella mia Badolato Marina nel giugno 1975 quando siamo diventati amici di lotta e di valori universali.
L’AUTORE? … IL GIOVANE ALBERTO FORTE
Nel donarmi la copia di tale libro, il prof. Francesco Mazziotta si è soffermato a parlarmi dell’autore Alberto Forte, il quale, nato a Sora (Frosinone) il 26 maggio 1978, attualmente vive a Indiprete, popolosa frazione del comune di Castelpetroso (Isernia), noto ai più come la sede del bellissimo Santuario della tanto invocata Madonna Addolorata, ma anche per aver partecipato recentemente alle qualificazioni del “Borgo più bello d’Italia” nella trasmissione televisiva turistica “Kilimangiaro” su Rai Tre.
Dopo aver letto tutto il libro, mi sono reso conto che la figura della Madonna Addolorata può aver avuto un ruolo anche inconscio o di sottofondo in questa Opera, per il significato specifico delle sue apparizioni che, per me personalmente, sono ancora più importanti di quelle vere o presunte avutesi a Lourdes o in qualsiasi altro Luogo mariano, come ho detto o scritto più volte ai vari Arcivescovi metropoliti del Molise, come nel 2008 allo stesso neo-insediato GianCarlo Maria Bregantini, il quale firma la prefazione all’ottimo lavoro di Alberto Forte (ma dirò meglio, più avanti).
Alberto Forte (come descrive la nota biografica nella quarta pagina di copertina) è stato colpito da tetraparesi spastica da sofferenza neonatale; ma, grazie ad un intervento chirurgico subìto all’età di 8 anni, ha acquistato una parziale autonomia motoria. Per la sua forza di volontà nel formarsi culturalmente da autodidatta, Alberto mi ricorda Tonino Trapaglia, il giovanissimo poeta e faro di Belmonte del Sannio (Isernia), al quale è stato dedicato, sabato 07 luglio 2018 (a 20 anni dalla morte), un lodevole evento commemorativo voluto e curato dall’Associazione culturale locale “Musae” cui ho dato la mia affettuosa adesione come amico e come editore delle sue tre pregiate pubblicazioni a stampa (1995-1997-1999).
DEDICA E PRESENTAZIONE
Dedicato a tutte le vittime dello sterminio nazista (1938-45), il libro è presentato (alle pagine 7-10) dallo stesso prof. Francesco Mazziotta e dalla moglie Maria Clementina Forte che, insegnante elementare originaria di Castelpetroso, ha più volte sollecitato il giovane Alberto a pubblicare le pagine che andava scrivendo con la collaborazione dell’amico Addolorato Notte. Così, finalmente, quel manoscritto, molto apprezzato da insegnanti ed amici, è andato alle stampe e, adesso, scritto nero su bianco in modo indelebile, può viaggiare per il mondo anche nella sua versione web.
PREMESSA
Scrive l’Autore il 24 luglio 1995 (cioè, 22 anni prima della stampa del suo manoscritto) come “Premessa”: “”Questo libro, incentrato sullo sterminio degli ebrei, (…) si propone di far conoscere ai giovani ciò che è stata la Shoah e ciò che rappresenta a cinquanta anni di distanza. Fermiamoci a pensare solo per un momento a tutte quelle persone che provarono sulle loro carni la durezza e la spietatezza dei nazisti. Pensiamo ancora a tutti coloro che si macchiarono di quelle colpe, che minoranze di ignoranti vorrebbero cancellare; questo libro si propone inoltre di far mutare idea a tutti quelli che si definiscono neonazisti o che addirittura approvano l’olocausto””. Così Alberto Forte.
72 FOTO EMBLEMATICHE
Oltre alla bella foto a colori della prima di copertina (che riporta uno suggestivo disegno pieno di speranza realizzato da Doris Weiserovà, una bambina poi morta nel campo di concentramento di Auschwitz il 4 ottobre 1944 a soli 12 anni), l’Autore ha voluto inserire tra le 96 pagine del suo lavoro ben 71 eloquenti fotografie del periodo considerato (alcune delle quali riporto a corredo di questa mia lettera). Ho sempre considerato le foto o altre immagini come necessarie a commento e come documento di qualsiasi narrazione. La multimedialità arricchisce e rafforza sempre e comunque qualsiasi discorso.
DIECI BREVI CAPITOLI
Alberto Forte, nella pur breve trattazione per un periodo così esteso e complicato, ha avuto una capacità di sintesi veramente inusuale in un giovanissimo e, per di più, autodidatta … segno che ha ben interiorizzato come far capire, specialmente ai suoi coetanei, una fase storica tra le più terribili dell’Umanità. Gli bastano, così, dieci capitoli di poche pagine ciascuno per spiegare anche il suo tormento personale anche di fronte all’immane tragedia vissuta pure da nostri nonni e bisnonni. Per orientarsi nei convulsi e violentissimi anni 1939-1945, essenziale risulta la “Cronologia della seconda guerra mondiale” che occupa il primo capitolo. (pagine 13-24). Seguono “Hitler e l’antisemitismo” (capitolo 2), Espressione in fotografia della follia nazista (3), Modi, tempi e metodi della follia nazista (4), Dati e cifre approssimative dell’olocausto (5), Liberazione dei vari campi e scoperta della crudeltà nazista (6), La fine dell’incubo e la morte di Hitler (7), La fine della guerra e il lancio della bomba atomica (8), La punizione dei criminali nazisti: il processo di Norimberga (9), Gli ultimi mesi di Anna Frank (10). Seguono due pagine, una per la “Bibliografia” consultata e l’altra per il “Glossarietto” che traduce e spiega alcuni termini essenziali usati nella narrazione.
LA SUA CONFESSIONE – SONO UN NEONAZISTA PENTITO
Il giovanissimo Alberto Forte, per avvalorare il suo racconto anti-nazista, non tralascia di scrivere nel “Messaggio per i giovani” (alla pagina 88): “Devo dire che alcuni anni fa anch’io ero dell’idea nazista, ma allora non sapevo quello che aveva fatto Hitler”. Stupisce più il candore in questa sua confessione che la confessione stessa, pure dal momento che, purtroppo, aumenta sempre di più in Europa e in altre parti del mondo (specialmente negli USA e in altre nazioni notoriamente a vocazione guerrafondaia) l’ondata di simpatie neo-naziste o neo-fasciste. Tutto ciò preoccupa assai il nostro Autore e perciò cerca (con tutta la passione umana e sociale che lo contraddistingue) di dissuadere i giovani dall’essere tentati da idee ed atteggiamenti contrari alla pace e alla convivenza pacifica. Ma, a questo punto, è meglio dare voce a lui stesso, riportando per intero il suo “MESSAGGIO PER I GIOVANI” posto come conclusione alla pagina 88 di questo benemerito libro.
ALBERTO FORTE – MESSAGGIO PER I GIOVANI
In queste ultime pagine non racconterò cose accadute negli anni della guerra, ma vi lascerò un messaggio che speriamo serva a far mutare idea ai tanti giovani che, forse nell’ignoranza o forse perché spinti da altri, credono al nazismo e negano l’esistenza dei campi di sterminio. Del resto emerge in tutto il libro che non si può negare l’esistenza di quello che è realmente provato. E’ documentato infatti che circa sei milioni di persone furono annientate dalla furia e dalla sete di potere di Hitler. Io non penso che tutte le cose fatte da Hitler siano brutte; ma non si possono negare le nefandezze da lui commesse.
Devo dire che alcuni anni fa anch’io ero dell’idea nazista, ma allora non sapevo quello che aveva fatto Hitler. Un giorno, visitando una mostra sull’antisemitismo e sulle persecuzioni degli ebrei, vidi una foto che mi fece venire il voltastomaco. Si vedono infatti due bambini morti nelle camere a gas e non ancora cremati; pensai allora che cosa avevo fatto appoggiando un’idea che si era resa responsabile di una tale spietatezza; proprio per questo pensiero, sorse l’idea di scrivere un libro sull’argomento.
Il libro si rivolge soprattutto ai giovani che non hanno visto con i loro occhi quello che è successo e perché è successo. Voglio dire che bisogna conoscere queste cose per poter giudicare; ricordatevi che fino a quando il mondo disprezzerà le cose giuste, la Fede in chi è giusto e fino a quando ci sarà gente pronta a calpestare i diritti degli altri, come il diritto inalienabile alla libertà e all’autodeterminazione dei popoli, fin quando ci saranno persone che vogliono affermare con la forza le proprie idee, il mondo non avrà pace; ricordiamoci che la causa primaria della seconda guerra mondiale è il fatto che i nazisti volevano schiacciare le libertà dei popoli.
Un consiglio ai giovani: siate giusti perché solo nella giustizia e nel rispetto della volontà degli altri si potrà costruire una società giusta.
Giunto al termine, mi è sembrato opportuno dare ai lettori, e in particolare ai giovani, uno spunto di riflessione alla luce di ciò che lo sterminio ha rappresentato e rappresenta tuttora. Il motivo primario che scatenò quell’orribile negazione dell’uomo è da ricercarsi, oltre che nella sete di potere che Hitler perpetrò in Europa, anche nell’assenza di una riflessione critica del movimento di pensiero in Germania. Hitler aveva completamente annullato il suo popolo, lo aveva modellato a suo esclusivo servizio. Tuttavia oggi troviamo ancora vive nel mondo le radici di quel sonno della ragione che portò all’annientamento di un popolo; basti pensare che il nazismo e lo sterminio non furono solo conseguenza diretta del razzismo di Hitler. Va detto infatti che il popolo tedesco, pur conoscendo quello che avveniva, preferì tacere, un silenzio che costò e costerà ai tedeschi una condanna senza appello.
Oggi dobbiamo lavorare perché i giovani perpetuino il ricordo dello sterminio, vedendone il riflesso nelle varie negazioni del diritto alla vita. Un accenno critico va fatto a quanti, con il suddetto revisionismo storico, negano lo sterminio come se ciò fosse facile. L’invito che mi preme rivolgere ai giovani è di essere costruttori di un futuro in cui la giustizia e la conoscenza delle diverse culture evitino mostruosità come quelle narrate in questo libro.
Non dimentichiamo che il razzismo è presente in tutte le società moderne: esso si manifesta ogni quel volta ci si chiude nelle nostre realtà e si rifiuta di scoprire nell’altro un interlocutore che può arricchirci. Nel Medioriente, per esempio, oggi, proprio perché il popolo ebraico ha sofferto, deve riconoscere la sofferenza del popolo palestinese.
La costruzione del futuro passa attraverso la riflessione sulle tragedie passate, come quelle che hanno funestato il ventesimo secolo. Apertosi con la prima guerra mondiale, possiamo affermare senza ombra di dubbio che esso, nonostante le grandi scoperte tecnologiche e i grandi personaggi che ci ha regalato, è stato il secolo della barbarie, del lancio della bomba atomica. Avrei sperato che il ventunesimo secolo fosse iniziato nel segno dell’unità e della fratellanza fra i popoli. L’undici settembre 2001, con l’attacco alle Torri Gemelle, ha cancellato questa mia speranza. Viviamo in un mondo profondamente ingiusto, dove non siamo capaci di guardarci e di rispettarci a vicenda.
La sproporzione fra ricchezza e povertà è la fonte primaria della diseguaglianza; essa porta a sconvolgimenti che si possono definire olocausti accettati, come la fame che opprime intere nazioni. Oggi non è più pensabile, o almeno spero, vedere ciò che è stato l’olocausto del popolo ebraico; i giovani tuttavia devono sapere quello che è accaduto e porsi questa domanda: io come avrei reagito di fronte a uomini rapati a zero, di fronte a donne annullate nella loro personalità? Il mondo contemporaneo ha bisogno più che mai di riflettere sul suo passato, mentre possiamo vedere il progressivo annullamento della memoria.
Lo sterminio diventa persino argomento di scherno negli stadi, ove compaiono spesso frasi che riconducono all’antisemitismo di Hitler. Ciò rappresenta una forma di ignoranza di quello che è stato, eppure basterebbe un film, un libro o una semplice foto, per rendersi conto che quello che è stato non può essere oggetto di frasi che ne fanno argomento che* sconfina nel tifo calcistico.
Il mio libro, a partire dal titolo, come già detto, vuole essere una provocazione, soprattutto per i giovani come me, che non hanno conosciuto direttamente quell’orrore. In esso cifre, numeri, foto riconducono a ciò che è stato. Vorrei che, al di là delle parole, riflettano soprattutto sulle foto, provando a pensare che ogni istantanea rappresenta una vita, o più vite strappate prematuramente.
L’augurio che posso fare, a conclusione di questo lavoro, è che il nuovo secolo, malgrado la sua tragica fase iniziale, diventi il secolo della conoscenza e della cooperazione tra le diverse culture, le diverse religioni, in modo da creare un mondo che lavori per il bene comune.
Sulla cancellata di Auschwitz si può ancora leggere la frase strumentalmente usata dai nazisti: “Il lavoro rende liberi”. Io vorrei trasformare, senza presunzione, queste parole, coniando un’altra frase: “La cultura rende liberi”. Attraverso queste parole possiamo sperare che tragedie come la Shoah non abbiano più a ripetersi. Solamente attraverso la conoscenza e la cultura potremo costruire la società del XXI secolo.
AMENO 4 ALTRE CONSIDERAZIONI
Caro Tito, mi sembra opportuno inserire in questa pur lunga lettera n. 234 qualche altra utile considerazione dopo averti informato sull’esistenza di questo bel libro di Alberto Forte, il quale (come accade a troppi ragazzi di ieri e di oggi) si è lasciato attrarre e sedurre da slogan e ideologie divisive, suprematiste e dittatoriali. Però, poi, quando ha riflettuto, non soltanto è tornato sui suoi passi, ma ha sentito il dovere (forse pure purificatorio) di rivolgersi a tutti e specialmente ai giovani addirittura con questo “libro-monito” (che avrà la possibilità di sopravvivere e significare a lungo, sicuramente oltre la stessa vita terrena di tutti noi e dello stesso Alberto).
1- LA INDISPENSABILE PEDAGOGIA – L’Arcivescovo Bregantini (già stimatissimo vescovo di Locri-Gerace – RC – dal 1994 al 2007 e quindi Arcivescovo metropolita di Campobasso), nella sua prefazione a tale libro, evidenzia a pagina 5 il fatto che sono state principalmente le tremende parole del nonno a far cambiare percorso di pensiero e di comportamento ad Alberto: “Guarda che anche tu, con la tua carrozzella, saresti stato vittima designata dal nazismo a finire nei campi di concentramento”. E’ lo scossone della redenzione! Questo perentorio intervento di un nonno affettuoso, di un anziano consapevole, di un adulto pedagogo è paradigma per altri momenti educativi verso le giovani generazioni che potrebbero ripetere errori ed orrori del passato.
2- NON LIMITARSI ALLA SHOAH E AL NAZISMO – Ammiro e sostengo coloro che descrivono l’ultimo olocausto degli ebrei, in forma di monito (specialmente con i multimedia di scuola, cinema, TV, libri, teatro, musica, ecc.) a tutte le persone e in particolare alle nuove generazioni. Tuttavia, c’è da rilevare che, a furia di evidenziare quasi unicamente la Shoah ebraica, restano in ombra le immani tragedie di altri popoli (prima e dopo la Shoah), di altre categorie sociali come i rom, gli omosessuali, i disabili, gli oppositori, ecc.. Gli stessi ebrei di oggi, consci del loro martoriato passato, potrebbero e dovrebbero (a mio modesto parere) mettersi a capo di un movimento antiviolenza (come molti anni fa ho scritto alla UCEI – Unione Comunità Ebraiche Italiane) per contrastare (da “popolo eletto” quale dicono di essere) le tragedie che si verificano dopo la loro “Shoah” dal 1945 in poi. Altrimenti possono rischiare (come in effetti rischiano) di diventare “antipatici” e autoreferenziali o addirittura ancora bersaglio di ulteriori persecuzioni, nonostante godano di enormi appoggi internazionali. Ed ha fatto bene Alberto Forte ad annotare alla pagina 89 (nel suo “Messaggio per i giovani”): “Nel Medioriente, per esempio, oggi, proprio perché il popolo ebraico ha sofferto, deve riconoscere la sofferenza del popolo palestinese”. Il discorso è senza dubbio assai complicato ed anche per questo sarebbe troppo lungo insistere su tale aspetto, che è necessario comunque approfondire in altre sedi. Ma, a volte, i problemi più complicati possono essere risolti tanto brevemente quanto efficacemente … con umiltà, saggezza, intelligenza, lungimiranza e, soprattutto, con l’Amore!
3- I GENOCIDI PRIMA E DOPO LA SHOAH – Sappiamo tutti che i libri di scuola sono scritti con il sangue di milioni e milioni di persone così come di innumerevoli popoli. Eppure ci esaltiamo ancora alle conquiste dell’impero romano o di altri imperi chiamandole addirittura “conquiste di civiltà” e quando visitiamo le grandi capitali ci stupiamo dei loro imponenti monumenti o dei loro superbi grattacieli senza pensare o chiederci quale e quanto costo di schiavitù umana e di sfruttamento oltremisura di risorse ci siano state, quante e quali ingiustizie ci siano dietro il nostro benessere a scapito di altri popoli che deprediamo continuamente. Piangiamo l’olocausto ebraico, ma non vediamo tanti altri olocausti passati e presenti: i genocidi europei nelle Americhe (Indiani pellerossa, Olmechi, Maya, Atzechi, Inca ecc.), il genocidio degli Armeni da parte dei Turchi, l’ancora irrisolto genocidio del Sud Italia dal 1860 ad oggi, i genocidi imposti dall’ Unione Sovietica e da tutti i dittatori comunisti e fascisti in ogni parte del mondo, i genocidi silenziosi provocati per testare nuove armi (specie nucleari) e quanto altro ancora purtroppo avverrà per la troppa violenza che cova in alcuni popoli guerrafondai e predatori. C’è infatti bisogno di una rilettura e riscrittura della storia alla luce della Nonviolenza e dell’Amore, della civile convivenza o del semplice beneficio della pace. Lo stesso inquinamento è da considerarsi silenzioso genocidio o geocidio (uccisione del pianeta). Per non parlare delle devastazioni alimentari e delle ideologie che cambiano il DNA dell’intera umanità. E che dire dei “genocidi” più o meno “silenziosi” come gli aborti evitabili, le morti dei poveri e dei diseredati per malattie, fame, siccità, migrazioni, ecc.?
4- ATTUALIZZAZIONE DEI GENOCIDI – Lo stesso nostro giovane Autore, già addolorato per l’olocausto ebraico e di altre categorie, si dice deluso che il terzo millennio inizi con il terrorismo (l’abbattimento delle Torri Gemelle di New York), mentre tutti ci aspettavamo (forse ingenuamente) un mondo senza più violenza e guerre. Così, anche il giovanissimo scrittore Alberto Forte prova il disincanto che hanno provato tutti coloro i quali, come noi un po’ più avanti con gli anni, dubitano ormai che la cattiveria umana possa attenuare quel “mattatoio” che è sempre stato il mondo. Lo provano tante guerre ancora attive, persino alle porte di casa nostra, come le guerre balcaniche con i loro tentativi di pulizia etnica soltanto 25 anni fa e adesso, con le guerre di Siria, Libia, Crimea e sempre israele-palestinese. Lo provano ancora le tensioni nucleari che pensavamo sopite nella consapevolezza che a rischio sarebbe l’intero pianeta. Purtroppo le guerre e i genocidi continuano e, a farne l’elenco, ci vorrebbe un altro libro per descriverle. Ci rendiamo così conto che quello ebraico è soltanto uno dei tanti olocausti della Storia più recente. Auspicare che si torni alla ragionevolezza appare un pio esercizio per esorcizzare la possibilità che possa toccare, prima o poi, anche a noi. Intanto, assistiamo quasi del tutto inermi all’olocausto mediterraneo con le tante morti quotidiane nel nostro mare di migranti e profughi che già scappano da guerre, persecuzioni, terrorismi, disastri climatici e sociali. E, nella stessa Europa e in altri continenti (come le Americhe), si raddensano le fosche nubi già tragicamente conosciute negli anni venti e trenta. Il nostro Autore si meraviglia come mai i popoli abbiano permesso, senza fiatare (ma anzi con entusiasmo), l’ascesa di idee e uomini pieni di odio e di razzismo verso popoli, categorie e persone. Ieri nessuno si è opposto ai campi di concentramento e alle discriminazioni razziali … e oggi, oggi cosa stiamo facendo noi per impedire gli attuali “olocausti” visibili alle cronache ed invisibili come gli inquinamenti silenziosi e subdoli che causano più morti e feriti che nelle guerre!?…
Caro Tito, mi conosci bene e sai come la penso e non occorre andare oltre con le considerazioni. Già queste quattro appena accennate potrebbero comprendere tutte le altre per quanto sono globali e ricorrenti nella storia dei popoli. Spero quindi che le 96 pagine di Alberto Forte possano contribuire al massimo possibile per almeno far riflettere sulla necessità (anzi, l’urgenza!) dell’amicizia e della pace tra i popoli e le persone.
3 LETTURE PARALLELE
Caro Tito, qui di sèguito vorrei sottoporre alla tua paziente attenzione (di cui ancora e sempre ti ringrazio!) tre brevi “Letture parallele” che avallano ed estendono ancora di più i contenuti e i valori del prezioso libro di Alberto Forte “Lo sterminio visto da un giovane” (2017).
LA PRIMA LETTURA è una mia “annotazione” del 31 gennaio 1980 (quasi 39 anni fa), precisamente la n. 30 della raccolta “30 annotazioni come i nostri 30 anni” (edita poi nel 1995 nel contesto del libro “Prima del Silenzio” pagine 219-250 e dedicata ad una mia amica, rimastami grande fin dalla prima media). Per motivi prettamente tecnici, ne trascrivo i versi in modo continuo, quasi fosse un pezzo di prosa. L’importante è coglierne il messaggio etico più che estetico. Grazie!
LA SECONDA LETTURA è tratta dal Capitolo “Tutti perdenti” (pagine 119-122 del primo volume del “Libro-Monumento per i miei Genitori, edito nel 2007), in cui tratto del 60° anniversario (1945-2005) della liberazione del campo di concentramento nazista di Auschwitz. Il breve brano riguarda l’Africa, il continente più martirizzato del nostro pianeta (pure con le attuali migrazioni, non si sa quanto provocate e strumentalizzate, ma sicuramente dolorose e, in parte, persino mortali).
LA TERZA LETTURA è il testo della lettera che il prof. Francesco Mazziotta (il quale tifa molto per il libro del giovane Alberto Forte) ha indirizzato a tutti i suoi alunni come saluto accorato al momento del suo pensionamento dalla docenza di Storia e Filosofia al Liceo Scientifico di Agnone del Molise (2016).
PRIMA LETTURA: L’AMICIZIA
L’Amicizia non è quella sottile parete che ci possa dividere o salvaguardare dall’amore ma che ti permette di origliare. L’Amicizia è invece il letto universale su cui conviene fare sempre l’amore. Intendersi. Non ha anticamere la tenerezza né riserve mentali. CHI DIFENDE IL PUDORE E’ LO STESSO CHE COSTRUISCE LE ARMI NUCLEARI E MANTIENE A GHETTO IL MONDO. Non esitare, dunque, perché bisognerà VINCERE CON I BACI I TENTATIVI DI UN GENOCIDIO COMPLETO. Ed Amicizia diventerà anche IL MARE CHE VOGLIONO UCCIDERE. Amicizia diventerà LA CITTA’ MAI NEVROTIZZATA COME OGGI. L’Amicizia un futuro cui adesso l’animo più segreto non sa credere proprio perché comincia da te che non sai o non vuoi usare la tua mano per una tenerezza, i tuoi occhi per nuovi orizzonti, il tuo corpo per la gioia, il tuo impegno per vincere la mediocrità. L’assenza.
SECONDA LETTURA: AUSCHWITZ-AFRICA
L’Africa è un’immensa Auschwitz. Le nazioni cosiddette potenti hanno cercato di impadronirsi dell’Africa e delle sue ricchezze in ogni modo. Dopo la scoperta dell’America hanno deportato in quel super-continente milioni e milioni di africani. Poi, con l’era del colonialismo, hanno cercato di depredare ogni genere di risorse. Adesso, nonostante l’indipendenza conquistata con sangue e sudore dai vari Stati africani, l’onnipotenza imperialista sta adottando altri metodi, più silenziosi ed efficaci, per devitalizzare il continente nero. E’ di questo tipo di “campi di sterminio” che oggi non si parla sufficientemente e adeguatamente. L’Africa muore, così come morivano gli internati nei campi di concentramento nazisti, e quasi nessuno vuole fare nulla di efficace e decisivo. L’Africa muore per fame, per sete, per malattie (specialmente di Aids), per guerre e per ogni altro genere di assedio occidentale e orientale … e non c’è alcuna mobilitazione. Silenzio! … Alla fine, però, ci accorgiamo di essere … tutti PERDENTI !!!.
TERZA LETTURA: LETTERA DEL PROF. FRANCESCO MAZZIOTTA ANDATO IN PENSIONE
Carissimi alunni ed ex alunni del Liceo Scientifico “Giovanni Paolo I” di Agnone,
giunto al capolinea del mio percorso di docente di Storia e Filosofia, non riesco a fare a meno di rivolgervi un saluto speciale, comunicandovi le seguenti riflessioni.
Innanzitutto vi ringrazio per quanto mi avete dato. L’insegnamento vero infatti non è mai a senso unico dall’alto in basso, dal docente all’allievo, ma ha una struttura orizzontale e circolare. Già Paulo Freire, noto pedagogista brasiliano, sosteneva che “nessuno educa nessuno: ci si educa insieme attraverso la mediazione del mondo”.
Il docente che si pone in rapporto agli allievi su un piano comunitario e dialogico, nel fornire loro gli strumenti della crescita umana, intellettuale e cognitiva, mentre educa, viene a sua volta educato da loro.
È proprio questa prospettiva democratica che mi ha permesso di considerare l’aula scolastica sede privilegiata per una pratica attiva di libertà.
La libertà vera del resto consiste nel trasferire le coscienze dalla condizione umiliante di oggetto a quella di soggetto.
L’oggetto subisce le azioni altrui, viene plasmato dalla società, con i suoi mezzi di comunicazione, i martellanti messaggi pubblicitari, con i suoi modelli di vita, i suoi paradigmi, i suoi schemi conformistici, con la sua studiata tendenza ad addomesticare le coscienze rendendole passive e ciecamente obbedienti. Il soggetto è attivo, non subisce le decisioni altrui, partecipa alla vita comunitaria, è intellettualmente autonomo e capace, se necessario, di esprimere il proprio dissenso.
In tanti anni di insegnamento non sono mai riuscito a prescindere da questa prospettiva dialogica, che mi ha portato a considerare il lavoro di docente tra i più belli del mondo e a vivere con entusiasmo il mio rapporto con voi studenti, a mettervi sempre al centro, perché veri soggetti nei processi educativi e didattici. Siete voi l’anima e il motore della scuola. Senza di voi la scuola non ci sarebbe.
Ed è in questa prospettiva che ho operato per fare di voi tante “teste pensanti”, educandovi a non essere mai pavidamente e ipocritamente neutrali dietro lo scudo del più forte, ma sempre schierati dalla parte del debole, di chi non conta, di chi non ha voce ed è calpestato nella sua dignità e nei suoi diritti.
Con questo spirito sono stati organizzati i viaggi a Nomadelfia, comunità presso Grosseto, fondata da don Zeno Saltini, dove il denaro non è al primo posto, non c’è proprietà privata e non ci sono né servi né padroni, ma fratelli che cercano di vivere in concreto stili di vita e valori ispirati alle comunità cristiane primitive.
La scuola italiana di oggi ha tanto bisogno di spirito comunitario: essa si è troppo inaridita nella burocratizzazione e spesso rassomiglia a un tribunale che giudica in base a un sistema valutativo complesso e fiscale, in cui, per giunta, l’utilizzo di parole tecniche quali ‘crediti’ e ‘debiti’, ricalca il linguaggio delle banche e la logica del mercato, onnipresente nel nostro mondo, sottomesso al potere finanziario.
È questo ciò che vogliono: fare della scuola un’azienda, in cui ciò che conta è l’efficienza, non la persona, la paura non la fiducia, la quantità non la qualità, la produttività non la profondità, la fretta di chi esegue senza pensare, non la lentezza della coscienza in formazione, da cui fiorisce il pensiero critico e l’agire consapevole.
Ai docenti non tanto si chiede di insegnare, di amare i propri alunni, di creare un clima sereno sul piano relazionale – presupposti indispensabili per una “buona scuola” – quanto di giudicarli, mediante il ricorso continuo a meccanismi burocratici, griglie di valutazione, certificazione di competenze, o mediante la somministrazione di test, quali le prove invalsi, che hanno la pretesa di essere oggettive, ma che finiscono con il finalizzare il sapere a obiettivi di tipo aziendalistico riducendolo a merce e togliendo ad alunni e docenti quanto la scuola ha di più bello, cioè il tempo e il gusto dell’approfondimento e del dialogo.
Iniziative e progetti che ho proposto nel corso degli anni – e che ho potuto realizzare anche per la disponibilità dei dirigenti scolastici, dei colleghi e del personale non docente, che tutti ringrazio di cuore – miravano a mettere voi studenti di fronte a tematiche decisive del mondo contemporaneo o ad approfondire personalità significative e divergenti, capaci di vivere con coerenza radicale la fede negli ideali, pagando di persona fino a dare la vita.
In quest’ottica, fin dagli anni iniziali del mio insegnamento, veniva preparato e realizzato un lavoro teatrale su Socrate con il contributo di alunni di diverse classi; inoltre, prima della caduta del muro di Berlino, mentre incombeva la minaccia atomica sull’umanità, per il dispiegamento di missili a testata nucleare da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, veniva allestita una “Mostra della pace”. In altri periodi, veniva preparata una seconda rappresentazione teatrale su Socrate, quindi una su don Lorenzo Milani; i copioni venivano scritti in parte con il metodo della scrittura collettiva. I temi della nonviolenza e della pace venivano trattati in un musical (realizzato in occasione della prima guerra del Golfo, 1991) e in alcuni volumetti, quali Gandhi: una vita per la pace (1996); La pace che vorrei (2004), pubblicati grazie all’impegno collettivo degli studenti di alcune classi. Non mancavano poi la partecipazione ricorrente alla marcia della pace Perugia-Assisi, l’elaborazione di qualche video sulla pace e iniziative di volontariato, mediante l’allestimento di banchetti del Commercio Equo e Solidale. Veniva pubblicato un libro a carattere storico, Razzismo e antisemitismo in Italia sotto il fascismo (2002), e un altro concernente gli stili di vita, Giovani per la sobrietà (Edizioni Qualevita, 2010). Lo scorso anno alcune classi partecipavano con risultati ottimali a un concorso sulla storia del Molise, presentando due video su Celestino V e sul brigantaggio nel Molise. Tra le attività svolte negli ultimi anni, conviene menzionare il progetto “Educazione alla legalità: la mia scuola per l’ambiente”, finalizzato al risparmio energetico e alla raccolta differenziata dei rifiuti negli edifici scolastici.
Con lo stesso spirito dialogico, di tanto in tanto ho avuto modo di invitare a scuola personalità significative del panorama socio-culturale e religioso contemporaneo, per permettere a voi studenti una formazione centrata sulla concretezza delle scelte di vita, sul confronto costruttivo, sull’approccio critico alla realtà, che solo l’esperienza vissuta e la testimonianza coerente possono dare.
Su questa base l’educazione alla cittadinanza attiva e i riferimenti alla Costituzione italiana – la cui difesa oggi è vitale per la democrazia – sono diventati parte integrante del programma di storia. Spero che tutto ciò sia servito a comprendere quella che per don Milani e i suoi ragazzi, nella scuola di Barbiana, era la motivazione di fondo per studiare, come recita Lettera a una professoressa: ‹‹Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia››. Dunque, cari giovani, la politica, nel suo significato più nobile, non è intesa come strumento di potere, ma come il contrario dell’avarizia, dell’egoismo, cioè come partecipazione, insieme con gli altri, alla soluzione dei problemi della polis, della città, per far sì che la comunità possa migliorare con il contributo di tutti e diventare più giusta, più solidale, meno corrotta.
Questi valori hanno ispirato costantemente il mio insegnamento, nella consapevolezza che una scuola che guarda solo al passato e non forma cittadini sovrani, capaci di partecipare alla costruzione di un mondo migliore per il futuro, rinuncia al suo compito fondamentale. All’insegna di questi valori voglio salutarvi, ricordando che per me davvero siete stati e siete importanti: costituite il prolungamento della mia famiglia. Perdonatemi se non sempre sono riuscito a farvelo percepire.
Anche se vi lascio, continuerete a far parte del mio vissuto, della mia storia; e questa non si può cancellare. Quindi continuerete a far parte della mia vita.
Vi voglio bene e vi porterò sempre nel cuore.
Agnone, gennaio 2016 Francesco Mazziotta
IL PROF. MAZZIOTTA NELLA STORIA DELL’INTELLIGENZA
Caro Tito, già da questa lettera è possibile comprendere la grande caratura umana, intellettuale, pedagogica, sociale e civile del prof. Francesco Mazziotta, che mi onora della sua amicizia da oltre 30 anni, fin dai primi anni della mia residenza in Agnone del Molise.
In particolare, lo ammiro così tanto per la sua fede pacifista e nonviolenta, che l’ho evidenziato alle pagine 471-476 del libro “Storia dell’Intelligenza” (edito nel giugno 1992), dove ho anche riportato la sua lunga e motivata “Lettera aperta di un obiettore di coscienza alle spese militari”. Questo suo scritto scaturiva dalla riflessione sul suo rifiuto di pagare una percentuale simbolica di tasse allo Stato relativa alle spese per gli armamenti per destinarla ad ambiti civili e nonviolenti. Tale scelta comportava una sanzione amministrativa, consapevolmente accettata in nome di valori cristiani ed etici, che lo portavano a scegliere di contribuire a finanziare la pace anziché la guerra. Il suo esempio ha avuto una vasta eco, anche nazionale.
Tale “Lettera aperta” era stata pubblicata dalla rivista di ispirazione nonviolenta “Qualevita” (n. 56, aprile 1992), il cui editore ha poi pubblicato nell’estate 2017 Lo sterminio visto da un giovane, il libro di Alberto Forte, cui sopra abbiamo fatto riferimento.
VISITARE IL CAMPO DI FERRAMONTI DI TARSIA (1940-1945)
Caro Tito, non posso concludere questa lettera senza fare almeno un breve riferimento al “Campo di concentramento” (non di sterminio) di Ferramonti di Tarsia (a circa 36 chilometri d’autostrada da Cosenza verso nord), attivo dal 20 giugno 1940 fino alla totale chiusura dell’11 dicembre 1945.
E mi sento in dovere di annotare ciò a beneficio non soltanto del meritevole e stimabile giovane Alberto Forte (i cui esemplari valori civili ed umanitari qui in qualche modo celebriamo), ma anche di tutti coloro i quali (singole persone, scolaresche o altri gruppi) intendano saperne di più o vogliano visitare tale campo ed il relativo museo, posto proprio immediatamente dopo l’ “uscita Tarsia” dell’Autostrada del Mediterraneo (ex A3 Salerno – Reggio Calabria) in Via R. Pacifici 14 – Ferramonti di Tarsia (CS).
Per le visite guidate, questo è il numero ufficiale di telefono: 379-1728071. Altre informazioni possono essere chieste ai numeri 0984-32377 e 340-4642173 (Fondazione Ferramonti). Per contattare il Comune di Tarsia: 0981-952015 e 902328. Ecco gli indirizzi mail cui rivolgersi: ferramonti@comune.tarsia.cs.it, info@museoferramonti.it, museomemoria.ferramonti@virgilio.it, fond.ferramonti@gmail.com mentre i siti da visitare sono: www.museoferramonti.it, www.campoferramonti.it …
Intanto, per avere almeno una prima idea sul campo Ferramonti, si possono seguire i dodici minuti del servizio televisivo “Sorgente di vita” trasmesso da Rai Due il 06 maggio 2013 (https://www.youtube.com/watch?v=LYOUKw0YRh8) e si possono leggere le seguenti basilari informazioni sui siti: “https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_internamento_di_Ferramonti_di_Tarsia” e
https://www.studiumbri.it/memoria/ferramonti-di-tarsia-origini-e-peculiarita-del-piu-grande-campo-di-internamento-per-ebrei-dellitalia-fascista/.
I CAMPI DI INTERNAMENTO IN ITALIA E COLONIE 1940-1945
Lo stesso Campo Ferramonti di Tarsia andrebbe considerato nel contesto dei numerosi altri campi di internamento o concentramento prodotti dal Fascismo sul suolo d’Italia e delle sue colonie. Il popolo italiano quasi niente sa (o, comunque, ben poco) del sistema di centinaia e centinaia di campi, piccoli e grandi, operanti dal 1940 al 1945. Si legga, per avere almeno un’idea, quanto scritto in https://it.wikipedia.org/wiki/Campi_per_l%27internamento_civile_nell%27Italia_fascista.
I CAMPI DEL DUCE – PREZIOSO LIBRO DI CARLO SPARTACO CAPOGRECO
Il prof. Carlo Spartaco Capogreco (nato a Sant’Ilario dello Ionio – RC – il 22 maggio 1955) è docente dell’Università della Calabria nonché fondatore e presidente della Fondazione Ferramonti Tra tanto altro, ha pubblicato “I campi del duce” (Einaudi, 2004) sui siti di internamento o concentramento avutisi dal 1940 al 1945.
L’Editore avvisa: “Questo libro non intende certo svelare un mistero sottaciuto, né accusare
a posteriori gli italiani di una facile e sbrigativa autoassoluzione. Il suo
intento è di dare visibilità a un argomento tuttora realmente sconosciuto
attraverso una mappatura storico-geografica dei campi e un inquadramento storico delle diverse forme di internamento praticate nell’Italia di Mussolini: dal confino di polizia alla deportazione coloniale, ai campi d’internamento allestiti con l’ingresso nella Seconda guerra mondiale, ai campi
di concentramento veri e propri conseguenti all’occupazione della Jugoslavia.
Un libro che, grazie a una esemplare documentazione d’archivio, contribuisce a districare nodi e problemi ancora irrisolti della nostra storia”.
L’Autore afferma: “Nella seconda metà degli anni Ottanta intrapresi un lungo viaggio che mi portò a visitare – dopo averne completato la mappatura – i siti dell’internamento fascista. Potei cosí constatare lo stato d’abbandono o la totale distruzione degli edifici e delle baracche, nonché il loro mancato riconoscimento in quanto “luoghi della memoria”.”
Il prof. C. S. Capogreco (con il quale ho avuto due brevi ma interessanti conversazioni telefoniche giovedì 10 gennaio 2019 attorno alle ore 13,30 e alle ore 14,20) è stato pure ad Agnone del Molise, dove (dal luglio 1940 al settembre 1943) è esistito un campo di internamento nell’ex convento di San Bernardino da Siena di proprietà diocesana (oggi casa di riposo per anziani), sito alla periferia di questa città d’arte (dove abito) resa celebre principalmente per avere la più antica fonderia di campane del mondo, la millenaria Pontificia Marinelli.
L’OBBLIGO E IL VIZIO DELLA MEMORIA
Prima e dopo l’istituzione del “Giorno della Memoria” sulla Shoah del 27 gennaio, il campo di sterminio di Auschwitz continua ad essere meta di pellegrinaggio (assieme ad altri campi di concentramento e sterminio nazisti in centro Europa) da parte di innumerevoli scolaresche e visitatori, specialmente italiani.
Solitamente a noi italiani, si dimentica di segnalare o far conoscere i campi di internamento o di concentramento voluti in Italia dal Fascismo e dai Savoia, i quali, sebbene non troppo tragici come quelli tedeschi (a parte la tragica risiera di San Saba a Trieste), hanno contribuito in modo considerevole alla persecuzione di ebrei, dissidenti e “diversi”.
Sull’obbligo della memoria e sulla memoria “come vizio” benevole hanno pubblicato migliaia di scrittori, di fotografi e di video-documentaristi. E numerosi sono i “Musei” della memoria storica disseminati nel mondo, specialmente dove si sono consumati genocidi, stermini, massacri di tante genti e intere nazioni. Ma esiste anche la memoria di altre tragedie di tipo civile come le emigrazioni (“Il vizio della memoria” di Giovanni Sabelli, 1995) e le corruzioni di “Mani pulite” (“Il vizio della memoria” del magistrato Gherardo Colombo, 1997). Una memoria a 360 gradi, a tutto tondo, è sempre necessaria ed utile … memoria anche di sé stessi, della propria famiglia, del proprio ambiente. Per questo più che valido motivo ho affrontato l’impegno e l’avventura delle quasi 3 mila pagine e 2 mila foto nei sette volumi del costosissimo “Libro-Monumento per i miei Genitori” realizzato in 8 anni di intenso ed emotivo lavoro.
L’IMPORTANTE LIBRO DI MARIO RENDE SUL FERRAMONTI
Caro Tito, mi sembra qui particolarmente utile segnalare il libro del prof. Mario Rende (adesso docente universitario a Perugia, nato a Torino da genitori cosentini) “Ferramonti di Tarsia (voci da un campo di concentramento fascista 1940-1945)”, il quale con il suo racconto, ben documentato e testimoniato, ci invita implicitamente e conseguentemente a fare differenti valutazioni non soltanto storiche ma anche di alternativa etica e sociale, nonché di diversa “civiltà”. Traggo la seguente illuminante citazione dal sito http://www.famedisud.it/giornata-della-memoria-il-campo-di-concentramento-di-ferramonti-in-calabria-nel-libro-di-mario-rende/. Ecco il brano-guida di tale libro:
Dopo le leggi razziali del 1938, a Ferramonti di Tarsia (quaranta chilometri circa a nord di Cosenza), il 20 giugno 1940 venne aperto il più grande campo di concentramento fascista per ebrei e stranieri non graditi. Fra il 1940 e il 1943 oltre duemila persone vissero in questo luogo che ricorda esteriormente un campo nazista, ma in realtà rappresentò per molti ebrei una fonte di vita e di salvezza. Nel campo si celebrarono diversi matrimoni, nacquero molti bambini, vennero aperte delle sinagoghe e una cappella cattolica, c’erano una scuola e una biblioteca, e si organizzarono attività culturali e sportive.
Questo miracolo della compassione e della dignità umana accadde per precise e coraggiose scelte di uomini che superarono pregiudizi razziali e religiosi, come Paolo Salvatore, direttore di Ferramonti, che arrivò alle mani pur di difendere gli ebrei, o padre Callisto Lopinot che tesseva un fondamentale rapporto fra il Vaticano e la comunità ebraica. Con documenti e testimonianze originali, Mario Rende dà voce a uomini straordinari e silenziosi che «hanno saputo, in giorni neri, onorare il nome dell’Italia».
Ecco cosa scrisse Oscar Klein, a suo tempo un bambino ebreo internato a Ferramonti: «A Ferramonti era permessa ogni attività e ognuno faceva quello che voleva per vivere. La vita era tranquilla, nessuno gridava contro gli internati. Confesso che per me è stato come un campo di vacanze, sembra ridicolo ma è vero.»
GLI ATTUALI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
Caro Tito, come non pensare agli attuali campi di concentramento libici in cui i migranti verso l’Europa sono rinchiusi, spesso vessati, derubati, seviziati prima di essere stipati sui barconi (vere e proprie malridotte carrette) o su instabili gommoni per essere abbandonati in mare e lasciati alla benevolenza umanitaria di soccorritori istituzionali o volontari.
Come non pensare a tutti gli altri campi di concentramento che purtroppo ci sono oggi nel mondo, come conseguenza di guerre, persecuzioni, razzismo, intolleranza! In Birmania, ad esempio, numerose minoranze etniche e religiose non soltanto vengono perseguitate (persino con massacri di massa) ma, addirittura, vengono espulse dal territorio nazionale come immondizia da gettare via. Noi possiamo considerare unicamente il popolo dei “Rohingya” o dei “Kare” o dei “Kachin” perché ci sono raccontati dalla cronaca giornalistica internazionale. Ma quante altre genti subiscono torture, decimazioni e inimmaginabili martirii!…
Sono oltre 60 milioni i profughi oggi nel mondo (una popolazione esattamente uguale a quella italiana!), e almeno metà sono bambini, il più delle volte ospitati in precari campi o in scarne tendopoli: questo il terribile resoconto della UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati! … Caro Tito, con tutte queste disumane situazioni (specie di popolazioni intrappolate, come in Yemen, dai quotidiani bombardamenti) come fa una persona veramente sensibile a prendere sonno di notte?… Con quale spirito ci apprestiamo alle nostre mense abbondanti o gaudenti?… Con quale etica o morale viviamo?… Senza almeno fare qualcosa di concreto per contribuire ad alleviare, almeno un po’, tutto questo immenso dolore che ci grida e ci perviene da tutti gli angoli del mondo???…
TARSIA – UN GRANDE CIMITERO PER I MIGRANTI
Franco Corbelli (Torano Castello – CS – 08 gennaio 1957), stimato leader del Movimento per i Diritti Civili, è assai noto alle cronache, pure internazionali, a motivo di decenni e decenni di lotte per i diritti umani di tutti, specialmente delle persone e dei popoli da difendere ed aiutare perché maltrattati o perseguitati. Come, ad esempio, i migranti in ogni parte del mondo, in particolare sotto i nostri stessi occhi!
Immediatamente dopo il tragico naufragio di Lampedusa del 03 ottobre 2013 (quando morirono ben 388 migranti, molti dei quali recuperati senza nome), Franco Corbelli, sempre più indignato per tali ripetuti ed immani naufragi, ha chiesto alla Regione Calabria (le cui coste da millenni restano approdo di umanità e di accoglienza, come il più recente sbarco sulla spiaggia di Torre Melissa) di costruire un “Cimitero per i Migranti”. Il popolo calabrese (e meridionale in genere) ha sempre dimostrato considerazione e pietà per i poveri del mondo, pure per questo si rende necessario dare degna sepoltura e adeguato onore a coloro i quali sono morti nel tentativo di raggiungere l’Europa per una vita migliore, spesso fuggendo da dittatori, guerre, carestie e quant’altro rende la vita impossibile nella terra natìa.
Così, dopo 5 anni di peripezie burocratiche e di tenace interessamento, proprio il Comune di Tarsia ha messo a disposizione 28 ettari di terra, tra la pace degli ulivi, per accogliere le salme dei migranti morti nel Mediterraneo o per altre cause. Segui, a riguardo, il seguente video di “Telecosenza” (2 minuti e mezzo circa): https://www.youtube.com/watch?v=htHW4Dg9Mzs.
Significativamente, nei giorni precedenti il Natale 2018 (cioè, un mese fa) sono iniziati i lavori per la costruzione di tale cimitero riservato ai migranti, pure come monito e pietà. Parenti ed amici di questa particolare categoria di defunti ma anche tutti noi avremo così l’opportunità di pregare per queste vittime della globalizzazione e porre un fiore sulle loro tombe, ricordandole specialmente ogni 3 ottobre quando ricorre il “Giorno delle vittime dell’immigrazione”….
03 OTTOBRE IL GIORNO PER I MIGRANTI MORTI
La Repubblica Italiana riconosce ogni 3 ottobre come “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”, ovvero per ricordare chi “ha perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria”. Recita così l’articolo 1 della legge 21 marzo 2016, n. 45, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n.76 del 1° aprile 2016, che istituisce la ricorrenza. Legge che, purtroppo, in troppo pochi seguono ed attuano, purtroppo!
NESSUNA LEGGE PER LE VITTIME DELLA CONQUISTA DEL SUD
Caro Tito, cosa ti ho detto e scritto più volte? … Che lo Stato Italiano ha riservato per Legge ricorrenze e giornate della memoria (più o meno) per chiunque … meno che per le vittime meridionali (oltre 2 milioni più gli effetti e gli affetti collaterali) avutesi nella ingiusta guerra intrapresa dal Regno di Sardegna (regnanti i Savoia) per conquistare il Sud Italia, versando sangue e provocando tormenti, che ci sono ancora adesso…. Ad libitum!….
Comunque da parecchi anni, chi intende ricordare con affetto ed onore le vittime del Sud Italia e l’Olocausto del Sud ha già una sua giornata nel 17 marzo di ogni anno (ricorrenza della dichiarazione dell’Unità d’Italia a Torino nel 1861)… la nostra Shoah !!!
Inoltre, … riguardo me … Cos’altro ti avevo detto?… che dal 1968 il mio albero di Natale è listato a lutto per quante morti e violenze riserva il mondo. Adesso devo precisare: non soltanto l’albero di Natale è listato a lutto ma l’intera mia esistenza. E fra non molto (a furia di istituire, per Legge, Giorni della Memoria per questo o quel misfatto, per massacri collettivi e genocidi vari) tutto il calendario (formato di 365 giorni) non basterà a contenere tutta la memoria che ci vuole per ricordare tutti. Infatti, già alcune date si sovrappongono!…
Ma questo monellaccio di mondo quando metterà la testa a posto?!…
FEMMINICIDIO – IL CAMPO DI STERMINIO GLOBALE
Caro Tito, parecchi anni fa ho proposto ad alcune case editrici (prima tra tutte la Feltrinelli di Milano che ha fama di evidenziare tematiche e problematiche umane e umanitarie) di realizzare un libro per spiegare (specialmente ai giovani) i grandi massacri e i genocidi della Storia, di cui si ha memoria dall’inizio del mondo. E’ quanto mai importante poter avere uno strumento così essenziale e irrinunciabile per la conoscenza ed il monito storico!
E’ infatti indispensabile capire perché si scatena la violenza di massa e come si può fare per almeno arginarla e poi, ovviamente, eliminarla dalla faccia della Terra. Farci capire la violenza è un compito che si è assunto il nostro amico filosofo calabrese di Soverato, Salvatore Mongiardo del quale hai pubblicato parecchie riflessioni su tale tema della violenza, delle armi e così via.
Però, qui, a conclusione della Lettera n. 234, non posso fare a meno di evidenziare un altro campo di sterminio, che potremmo definire “globale” dal momento che è un campo di sterminio assai diffuso nel mondo. Le vittime quotidiane di tale campo di sterminio sono le donne. Infatti, il FEMMINICIDIO (a parte le guerre e gli omicidi consueti su cui potremmo fare un discorso a parte) ha una consistenza annuale di decine di migliaia di vittime… un vero e proprio massacro di massa! Spesso le case coniugali diventano una parte di questo immenso campo di sterminio che è il mondo!
Soltanto in Italia (che ha una popolazione di 60 milioni di abitanti) le vittime di femminicidio (comprese le prostitute uccise) raggiungono una media di 184 all’anno (una ogni due giorni)!… Se raffrontiamo la media italiana con una popolazione mondiale di quasi 8 miliardi di persone … allora otterremmo una cifra davvero raccapricciante … ben 25.000 casi di femminicidio in media ogni anno in questo nostro mondo-mattatoio!… Ma si può andare avanti così?… Per non parlare di altri tipi di violenze ed abusi che le donne subiscono in ogni dove, specialmente in quei Paesi dove hanno un ruolo troppo subalterno, disprezzato e senza adeguati diritti civili e sociali!
IL LAGER CLIMATICO-ECOLOGICO
Caro Tito, tra le attività più distruttive in atto sul nostro pianeta, il massacro del clima e dell’ambiente psico-fisico è senza dubbio uno dei più allarmanti e gravi. Sicuramente gran parte di colpa è da addebitarsi a coloro che, in un modo o nell’altro, governano ed indirizzano il mondo e che, per l’avidità di denaro e di potere, costringono tutti (persino sé stessi) ad un doloso e doloroso inquinamento.
Pianeta-lager … questa è la dimensione che si va profilando ogni giorno di più. I nostri nipoti e pronipoti ci malediranno per avere avuto in eredità dalle nostre generazioni un pianeta ridotto ad un vero e proprio “lager” (una camera a gas, per essere in tema di lager nazisti) dove in milioni si muore già a causa dell’inquinamento-killer sempre più grave ed inarrestabile, se non corriamo immediatamente ai più adeguati e giusti ripari.
Inquinamento di uso ed abuso di natura e di risorse. Ognuno di noi ha una propria parte di responsabilità, se non altro con i comportamenti consumistici che potrebbero essere ridotti al minimo indispensabile. La frugalità ci salverà! Sarà meglio, comunque, riflettere profondamente sul massacro climatico-ambientale-ecologico, pure per appoggiare iniziative di lotta per ridurre almeno la sofferenza del nostro pianeta che potrebbe portarci a devastazioni ancora più temibili di quelle già in atto e di cui restiamo vittime sempre più anche noi italiani.
MANCA UNA VERA PEDAGOGIA SOCIALE CONDIVISA E GLOBALE
Caro Tito, su tutto ciò che abbiamo osservato in questa Lettera n. 234, gran parte dei drammi e delle tragedie umane potrebbero benissimo essere evitati, con un po’ più di umanità e di unione tra gli esseri umani. E’ chiaramente insufficiente la pedagogia messa in atto per educare specialmente le nuove generazioni ad impegnarsi per evitare almeno buona parte della sofferenza umana e planetaria. Altrimenti, dovremo recitare il “mea culpa, me culpa, mea maxima culpa” per tutto ciò che potrà accadere di terribile ad ognuno di noi e all’intera collettività.
Spero che i responsabili delle Istituzioni possano e vogliano varare un più serio, più completo e più operativo programma di educazione sociale per ridurre e, meglio, azzerare tutto ciò che nuoce agli esseri umani, agli esseri viventi e al mondo intero!
SALUTISSIMI
Caro Tito, nonostante un simile panorama terrificante, spero che sia stato utile almeno segnalare i valori dell’amicizia e della pace, presenti in questa mia lettera n. 234 e nel libro di Alberto Forte e dintorni, come brama vitale per noi stessi, per le future generazioni e per l’intero pianeta. Per cercare di realizzare e difendere i “sublimi valori” della Vita sai bene che non ci dormo nemmeno la notte! E, sinceramente, vorrei che sempre più persone al mondo non prendano sonno per fare fronte a tutti i pericoli che, purtroppo, riguardano nuovi massacri, nuovi genocidi, nuove tragedie di popoli, nuove mattanze di interi gruppi sociali e di innumerevoli donne.
Spero sempre che si formi (anche per le nostre continue esortazioni) quella GENERAZIONE DECISIVA che spenga il più possibile e, prima o poi, definitivamente il rombo delle armi e di qualsiasi altra violenza pubblica e privata, singola o di massa!
Grazie! Alla prossima lettera n. 235. Tanta cordialità,
Domenico Lanciano (Azzurro Infinito, domenica 13 gennaio 2019 ore 18,44 – In gran parte le foto sono state prese dal web, alcune mi sono state fornite dal prof. Francesco Mazziotta).
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