Inserita in Salute il 06/10/2013
da Marina Angelo
In Italia madri sempre più anziane, meno aborti, più cesarei
In Italia le donne fanno figli sempre più tardi. Al primo parto si arriva dopo in trent´anni (32,6), ma l´arco temporale oscilla tra 30-39 anni, in base all´identikit del 60% delle giovani che hanno partorito in Italia nel 2010.
Il 44,2% ha una scolarità medio alta, il 33,3% medio bassa e il 22,5% ha una laurea. Il 59,4% delle madri ha un lavoro, il 30,7% è casalinga e l´8% disoccupata o in cerca di lavoro.
Questa è la fotografia delle neo mamme italiane presentata a Napoli al congresso nazionale dei ginecologi italiani, evento che riunisce insieme i singoli congressi della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), dell´Associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani (Agoi) e dell´Agui, i ginecologi universitari. Se l´età media delle madri italiane è di 32,6 anni, per le cittadine d´origine straniera è di 29,3.
I dati, provenienti dal rapporto Cedap (Certificati di assistenza al parto) elaborati dal ministero della Salute nel 2010, mettono in evidenza che l´età delle neo mamme italiane è passata dai 31,8 anni del 2004 agli attuali 32,6. Quella delle straniere invece da 28,5 a 29,3 anni. Mentre il 18,4% dei parti è da madre con cittadinanza non italiana.
L´età media al primo parto è dunque di 32,6 anni (31,8 nel 2004). La mortalità neonatale è 2,5 per mille nascite e quella infantile 3,4 per mille, mentre nell´Ue si attesta al 4,3 per mille.
Diminuisce del 4,9% il ricorso all´interruzione volontaria di gravidanza e si riduce lievemente il ricorso al parto cesareo che passa dal 38% all´attuale 37,5%.
Però ancora,secondo i dati presentati oggi a Napoli, 38mila bambini su 540mila (7,1%) nascono in strutture che eseguono meno di 500 parti l´anno.
Quest´anno è “L´Universo Femminile: un Infinito da esplorare” il tema dell´evento, che riunisce nella città partenopea fino al 9 ottobre oltre 2.000 specialisti.
«Migliora il benessere femminile ma ancora luci ed ombre avvolgono la nostra professione - avvertono i ginecologi - Chiediamo: la riorganizzazione dei punti nascita, la riforma del contenzioso medico legale con rivisitazione della colpa medica, anomalia del nostro Paese, e più risorse per i giovani camici bianchi».
In Italia - secondo i ginecologi - si conferma ancora un uso eccessivo del parto cesareo. In media, secondo gli ultimi dati del ministero della Salute, il 37,5% delle gestazioni termina con un intervento chirurgico (era il 38% nel 2009).
«Si registra poi un´elevata propensione al bisturi nelle case di cura accreditate (58,3%) - sottolineano gli esperti - rispetto agli ospedali pubblici (34,6%). Il ricorso al cesareo è più frequente nelle donne italiane (39,5%) rispetto a quelle straniere (28,8%)».
I ginecologi italiani si sentono «assillati dal contenzioso medico-legale che - precisano - aumenta il ricorso alla medicina difensiva. Con la conseguenza di troppi esami prescritti spesso superflui che incrementano di 12 mld le spese a carico dell´interno Servizio sanitario nazionale (Ssn). E che porta invece a 33.700 denunce contro i camici bianchi che, nel 98,8% dei casi, finiscono in una bolla di sapone. Da ultimo - aggiungono - il ginecologo è una specie in via d´estinzione e nei prossimi 10 anni si rischia di avere le corsie sguarnite».
«Di fronte a questo quadro di luci e ombre, lanciamo un appello alle istituzioni perchè sia tutelata la ginecologia italiana - avvertono gli esperti - un´eccellenza del nostro sistema sanitario. Dopo tanti tagli si torni a investire nella formazione di giovani medici, si dia seguito alla riorganizzazione dei punti nascita del 2010 e si giunga finalmente a una riforma del contenzioso medico-legale. L´Italia è il solo Paese dove gli errori clinici sono perseguibili penalmente».
«La riforma dei punti nascita del 2010 - sottolinea Nicola Surico, presidente della Sigo - è rimasta in gran parte sulla carta e ancora troppi bimbi nascono in reparti materno-infantili non adeguati. La Sigo aveva applaudito a quella giusta e utile riorganizzazione. Dopo tre anni però solo una minima parte di queste strutture sanitarie è stata effettivamente chiusa. Manca la volontà politica di andare contro piccoli interessi locali. Per questo - ricorda Surico - lo scorso 12 febbraio, per la prima volta nella storia, i ginecologi hanno scioperato».
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