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Inserita in Cronaca il 01/09/2013 da Redazione

Stati Uniti: una guerra dentro la guerra. A Trapani, la storia si ripete.

Stati
Mentre Papa Francesco all´Angelus si è preoccupato di rivolgere un accorato appello per la pace in Siria e in Medio Oriente, Obama è ansioso di chiedere il sì al Congresso per l´attacco in Siria.Pagine di storia internazionale che si scrivono sui libri di carta o digitali. Poco importa. Del resto, questa brutta storia, quella delle guerre, purtroppo, si ripete e Trapani, non ne è estranea.


Cartina alla mano ci rendiamo ben presto conto che hanno tutti posizionato i carri armati al loro posto. Insomma, sono lì pronti ad attendere una mossa o a farne una. Attaccare o difendersi. Disegnare strategie. Purtroppo, però, non stiamo giocando a Risiko.


Oltre alla Siria e all’America, questa volta, sul campo di battaglia, ci sono anche Iran, Russia e Cina, pronti a difendere la Siria. Ma non solo. Anche la Francia si dice pronta ad agire in Siria dopo aver atteso le decisioni americane.


Se è vero che «L´Italia – come recita l’articolo 11 della nostra Costituzione -ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali » è vero anche che potrebbe essere chiamata in “causa” dall’Onu e, in tal caso, dovrebbe “prestare il fianco” mettendo a disposizione le basi Nato di Trapani Birgi, Brindisi, Sigonella e Gioia del Colle.



A stabilire le regole di quello che è più di un gioco pericoloso, sono in molti. La Sicilia e, per quanto ci riguarda Trapani, senza nemmeno “tirare i dadi” tornerebbe ancora una volta, nell’occhio del ciclone: quello del rischio e quello della crisi.



Un argomento, questo, assai delicato che necessita di approfondimenti oltre che di competenze.


Per questo abbiamo preferito parlarne con Catia Eliana Gentilucci e Fabio Indeo, collaboratori della Università di Camerino e membri del Gruppo di Ricerca CEFF´S



Oggi la Sicilia, proprio come per l’attacco in Libia, torna ad essere nell´occhio del ciclone, ma con la Siria di Assad le cose sembrano essere molto più complicate. Cosa dobbiamo aspettarci?



Una guerra è sempre complicata e i suoi esiti sono sempre incerti e comunque devastanti. Indubbiamente, la prospettiva di una guerra contro la Siria rischia di rappresentare un opzione di lungo periodo, considerata la forza militare del regime di Assad e la delicata posizione geopolitica che riveste nello scacchiere mediorientale. Inoltre il regime di Assad appare particolarmente pericoloso per noi perch´ non dobbiamo mai dimenticare che il “forte e il prepotente vince sempre sul buono e eticamente corretto”. La crudezza del loro atteggiamento alla vita è cosa a noi occidentali impensabile. Ma tornando al potenziale coinvolgimento logistico della Sicilia, sussiste una profonda differenza rispetto alla guerra contro la Libia: infatti, per prossimità geografica, le basi siciliane rappresentavano una piattaforma logistica ideale per lanciare attacchi contro il regime di Gheddafi. Nel caso di una guerra contro la Siria, questo ruolo può essere svolto da nazioni come la Turchia, anche se la base siciliana di Sigonella e quella veneta di Aviano potrebbero fornire adeguato supporto ad operazioni belliche nel Mediterraneo orientale. La Sicilia potrebbe divenire un appoggio, un riferimento nel Mediterraneo. Ma certo non credo ne verrebbe esclusa totalmente.



Il governo italiano, come ha ribadito in questi giorni Letta, non vuole avere parte attiva nelle operazioni militari ma affiancherebbe l’Onu. In soldoni cosa significa?


Anche nel caso siriano, l´Italia ha deciso di mantenere una posizione di stand by, evitando di accodarsi alle nazioni che maggiormente spingono per iniziare le ostilità come Francia, Stati Uniti e Turchia (che guarda caso sono approssimativamente le stesse coinvolte nella guerra contro la Libia, ad eccezione della Turchia che prende il posto del Qatar). Come ribadito nella precedente domanda, il ruolo logistico-militare dell´Italia in questo potenziale conflitto appare defilato rispetto al caso libico. Soprattutto perchè qui è in gioco la stabilità politica del mondo. Come ricorda Emma Bonino e Mario Mauro il pericolo di una deflagrazione mondiale è quanto mai possibile. Siria, Iran, Cina, Russia contro Stati Uniti, Israele e Paesi Onu. Questa volta non si scherza. E´ molto peggio dell´attacco all´Afghanistan (che tra l´altro sta riprendendo il controllo del proprio territorio, in barba anche ai nostri sforzi economici per mantenere i nostri contingenti laggiù in nome di una fantomatica instaurazione della democrazia).


Secondo lei, invece, cosa dovrebbe fare il governo italiano?


Il governo italiano attende correttamente una condivisa presa di posizione delle Nazioni Unite riguardo all´eventualità di una guerra in Siria, in modo tale che l´intervento abbia la necessaria forza di legittimazione insita nel riconoscimento internazionale di una simile iniziativa. Il voto contrario espresso dal Parlamento britannico, la soluzione politica invocata dal presidente francese Hollande, testimoniano la necessità di procedere con cautela prima di avventurarsi in un ennesimo conflitto, anche se la situazione in Siria appare drammatica, causa la colpevole inazione politico-diplomatica dei mesi scorsi e le prevalenti esigenze di realpolitik. Comunque sarebbe meglio non affiancarsi all´Onu (credo che l´Italia non abbia mai negato la sua disponibilità alle forze Nato) e adottare la stessa politica neutrale di Londra. Essere neutrali in questo scenario è per noi fondamentale. La nostra collocazione geografica ci rende più vulnerabili degli Stati Uniti. Noi collassiamo, gli Stati Uniti si prendono gli onori di essere il Paese che detta legge nella geografia politica del Mondo. Forse è il caso di fermarci a ragionare sui nostri problemi.


Le comunità siriane in Italia sono molte. A pensar male potrebbero essere cellule per gli attentati che hanno minacciato di fare. In ogni caso, come ci comporteremo con loro?


Eviterei di innescare ipotesi allarmiste: il rischio di attentati in territorio nazionale di lealisti pro-Assad appare, tendenzialmente per come stanno le cose ora, una infelice trovata mediatica per incrementare il consenso popolare all´intervento militare. Guardando positivo, il parallelo con la Libia può essere esaustivo, in quanto una simile minaccia (attacchi terroristici nel suolo nazionale ad opera di sostenitori di Gheddafi) non è avvenuta nonostante il nostro coinvolgimento politico, l´eredità storico-coloniale e la vicinanza geografica con la nazione nordafricana. Soffermandoci ad oggi, il rischio di attacchi terroristici è limitato. Ma certo se si innesca una escalation di attacchi da parte degli Stati Uniti dobbiamo sapere che siamo nel mirino della Siria e che possiamo contare solo sul lavoro dei nostri 007!


La Sicilia ha una posizione militare strategica e la sua importanza militare è stata rimarcata proprio durante il conflitto libico. Se lo chiedesse l´Onu,quindi, bisognerebbe mettere a disposizione le basi italiane di Brindisi, Trapani Birgi, Sigonella e Gioia del Colle. Per il conflitto libico a Trapani, mentre veniva chiuso il traffico aereo civile dell’aerostazione Vincenzo Florio, dall’aeroporto militare di Birgi, continuavano a decollare ed atterrare centinaia di aerei Nato. Questa volta, però, a cambiare sarebbero gli attori. Su questo nuovo triste scenario di guerra oltre alla Siria e l’America ci sarebbero potenze come Russia e Cina che farebbero pensare ad un terzo conflitto mondiale. E’ troppo pensarla in questi termini?


Come già detto, considerando la rilevanza geopolitica e la forza militare degli attori coinvolti, il rischio di un conflitto su ampia scala non sarebbe da escludere. Tuttavia, ritengo che alla fine le esigenze di realpolitik prevalgano, in quanto non credo sia interesse di nessuno innescare un conflitto su scala mondiale. Dobbiamo solo sperare che almeno una volta gli Stati Uniti sappiamo mantenere le promesse e adottare, questa volta, per la Siria solo una strategia di attacchi “chirurgici” limitati ad obiettivi precisi. Certo questo lo aveva detto anche per L´Iraq e l´Afghanistan! Ammettiamo però che questa volta ce la facciano a tenere sotto controllo la situazione e ammettiamo che i siriani e i pro-Assad se la prendano solo con gli Stati Uniti.


Il rallentamento dei lavori del Muos di Niscemi come ha influito in questo conflitto?


Ritengo non sussista alcun collegamento tra il Muos e il coinvolgimento italiano nella potenziale guerra in Siria. Il problema è geopoliticamente più serio.


Quanto rischia Trapani? E la sua economia?


Non è facile rispondere. Non ho dati alla mano e dipende da come progrediranno le cose. Vorrei fare delle ipotesi:

1. Attacco Stati Uniti con neutralità dell´Italia. Dobbiamo sperare nella correttezza dei siriani e dobbiamo sperare che accettino di buon grado la nostra neutralità. In questo caso la Sicilia e l´Italia sarà una portaerei degli Stato Uniti e potremmo attenderci risposte filo-siriane nelle basi Nato. Certo l´Onu non risarcirebbe il danno economico al quale saremmo sottoposti.


2. Attacco Stati Uniti con allineamento dell´Italia. Non ci voglio pensare. Andiamo incontro al rischio di trovarci terra di confine tra i due blocchi mondiali, con a casa il problema dei profughi.



3. Ognuno resta a casa sua. Forse solo la forza del buon senso può aiutarci. La Siria ha i suoi problemi interni e credo debba risolverli da sola. Noi già ci occupiamo del problema immigrati e dei profughi.


Se tanto si parla di necessità di mantenere la pace per crescere bene tutti insieme, da qualche parte dobbiamo iniziare. Il fatto è che troppo spesso ci dobbiamo ricordare che la pace non è proficua come la guerra e così siamo sottoposti alle decisioni di chi vuole comandare il mondo con la convinzione di essere la sola portatrice di pace, libertà e democrazia (vedi Stati Uniti). Ma di che stiamo parlando? Il mondo è cambiato dalla Seconda Guerra Mondiale. Gli Stati Uniti dall´11 Settembre contano meno dei paesi asiatici del blocco Occidentale del Mediterraneo e della religione mussulmana (non dimentichiamo di Aljazeera che ha aperto una suo canale negli Stati Uniti).


In sostanza un intervento degli Stati Uniti nella questione siriana rappresenterebbe una guerra dentro la guerra perchè le forze Onu non faranno fare la pace tra Assad e suoi oppositori ma innescheranno un ulteriore conflitto ampliandone le conseguenze su scala mondiale.



Marina Angelo



 

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